
Il Gucci di Demna e la desiderabilità dell'oggetto L'analisi della strategia see-now-buy-now
Da ieri 25 settembre fino al 12 ottobre la collezione La Famiglia di Gucci sarà disponibile in dieci flagship selezionate in tutto il mondo. No, non è un glitch: il celebre (e celere) debutto di Demna per la maison di punta di Kering è già nei negozi, dopo appena 72 ore dalla presentazione di lunedì alla Milano Fashion Week. Il designer georgiano, che aveva trascorso un decennio alla guida di Balenciaga, era stato annunciato come nuovo direttore creativo del brand fiorentino lo scorso marzo, insieme al cambio di CEO delle scorse settimane, che danno fiducia alla nuova guida amministrativa di Francesca Bellettini.
Secondo alcune indiscrezioni, il suo incarico da Gucci sarebbe diventato effettivo solo a metà luglio; stando a queste tempistiche, l’intero team ha avuto poco più di due mesi (agosto compreso) per concettualizzare, realizzare e portare in boutique i 37 look sugli archetipi italiani, l’idea creativa della SS26 postata a sorpresa lunedì mattina sui canali ufficiali del brand. A questo si è aggiunta la produzione di The Tiger, il fashion film diretto da Spike Jonze che ha sostituito il momento della sfilata come presentazione della collezione. C’era bisogno di fare tutto così in fretta? Se debutti come quelli di Michael Rider da Celine e Matthieu Blazy da Chanel hanno richiesto anche oltre un anno dall’annuncio alla passerella, perché allora, per un esordio tanto atteso e imponente come quello di Demna, si è scelto il see-now-buy-now?
Kering è in cerca di ripresa
La fretta sembra essere il fil rouge di questo nuovo capitolo di Gucci: fretta di trovare un direttore creativo con una personalità sufficientemente consistente da rilanciare il brand, fretta di farlo debuttare, fretta di distribuire la collezione nelle dieci location più strategiche per la vendita (Milano, Parigi, Shanghai, Pechino, Seoul, Tokyo, New York, Londra, Los Angeles e Singapore). Ma soprattutto, c’era fretta di far riprendere Kering, insieme a Gucci, che seppur fortemente affaticato resta il motore principale dell’intero gruppo.
Nell’ultimo anno il gruppo ha vissuto forse uno dei periodi più difficili della sua storia: -25% sulle vendite, debiti immobiliari, l’uscita di Pinault dalla carica di CEO, l’instabile situazione con Mayhoola e Valentino, fino alla fuoriuscita dai Top 50 titoli azionari in Europa. Se un tempo si poteva dire che Kering fosse un competitor diretto di LVMH, oggi i due conglomerati sembrano giocare in leghe separate: uno continua a crescere, nonostante la guerra dei dazi, gli scandali di caporalato, una forte inflazione globale e un generale disinteresse da parte dei consumatori, l’altro fatica a riemergere. Per riprendersi, Kering (e Gucci) non avevano bisogno di effimera viralità, ma di hype e desiderabilità.
Le influenze stilistiche di Gucci by Demna
Gucci by Demna / Gucci by Tom Ford SS97 pic.twitter.com/IUCNe288w7
— Maximilian Kilworth (@MaxKilworth) September 22, 2025
Chiunque sia stato lo stratega dietro questo debutto ha saputo muoversi con intelligenza e velocità, forse grazie anche a un lavoro nelle tenebre dell’asso nella manica del gruppo, Bellettini. A partire dalla collezione stessa, che contiene abbastanza reference a Tom Ford e Alessandro Michele per soddisfare i nostalgici, ma riesce comunque a esprimere i codici della maison in chiave “Demne-sca”, conquistando anche i fanatici del designer.
Poi la scelta di non sfilare ma di affidarsi a un fashion film con alcuni dei nomi più riconoscibili dell’entertainment system: richiami all’ultravirale body horror The Substance con la partecipazione di Demi Moore, l’apparizione della modella dell’anno (e di una generazione intera) Alex Consani e una narrazione che oscilla tra il banale e l’avvincente, capace di tenere il pubblico incollato per mezz’ora e già vicina al mezzo milione di visualizzazioni su YouTube in un solo giorno. Il tutto coronato dalla première del film durante il primo giorno della Milano Fashion Week, con un red carpet dove i protagonisti di The Tiger e di La Famiglia si sono dati a turno per far vedere al pubblico il nuovo Gucci di Demna.
Cosa non ha funzionato da Gucci?
@nssmagazine Alex Consani arriving at Gucci SS26 - The Tiger premiere #gucci #alexconsani #ss26 #milanfashionweek #alexconsaniedit original sound - Alex Consani
Si diceva che durante la direzione di Tom Ford Gucci fosse così prospera perché vendeva sesso, senza preoccuparsi delle controversie. Ma come si vende il lusso a una generazione che sesso non ne fa? Come si rende desiderabile un price point così elevato se non attraverso l’eterna promessa di fascino e voluttuosità? La risposta è l’hype: quell’isteria di massa che in pochi mesi trasforma un oggetto o un’estetica da sconosciuti a beni di prima necessità (vedi Labubu). Ma oggi l’hype non dura abbastanza, in una generazione che oscilla tra l’ADHD e l’idea che la prossima cosa sarà sempre la migliore. Come ha sottolineato Jessica Kwon, apprendista editoriale di BoF nel podcast The Debrief, gli investitori sono sempre meno disposti a rischiare sulla creatività, preferendo puntare su redditività e coerenza, mentre grossisti e retailer si aspettano risultati immediati, con la pressione di performare fin dal primo giorno sugli scaffali.
Probabilmente proprio qui stava il primo errore del sodalizio con Sabato De Sarno: la sua collezione di debutto arrivò in negozio con forti ritardi, tra problemi di produzione e il restyling dei flagship in tutto il mondo. Quindi mentre tutti cantavano Ancora di Mina negli store c’erano ancora le collezioni dell’ufficio stile post-Michele. Una delle mille discrepanze di timeline nella scorsa direzione creativa di Gucci, a partire dal fatto che se da una parte tutto il branding di Gucci comparto moda avesse preso quel minimalismo Bordeaux, la linea beauty era ancora intrinseca del barocco di Alessandro Michele, tra packaging e advertising che risuonavano ancora dell’attuale direttore creativo di Valentino.
Il see-now-buy-now come risposta
@nssmagazine Take a closer look at the new Gucci horsebit jacket worn by Nettspend yesterday at Demna’s debut. #gucci #nettspend #mfw #fashiontiktok original sound - luxel edits - user27144768249
È proprio per colmare questo scarto tra hype e realtà che entra in gioco la magia del see-now-buy-now: il tassello mancante che trasforma un’attenzione volatile in un’azione immediata. Non più il tempo dilatato dell’attesa, che rischia di far evaporare il desiderio, ma la promessa di gratificazione istantanea. Si ritorna così alle basi del marketing con il modello AIDA (attention, interest, desire, action), che porta a un obiettivo chiaro: le vendite. D’altronde, la nuova strategia è stata teaserata già lo scorso giugno e ora testata per un periodo limitato nei mercati chiave del lusso, alcuni dei quali sono gli stessi che hanno contribuito alla crisi del settore.
Se che il sesso non vende più, un po’ di edging, ovvero quella tensione costante tra desiderio e appagamento, può diventare il nuovo motore di consumo, capace di stimolare tanto gli aspirazionali quanto i clienti fidelizzati, passando per i fashion critic di TikTok. Alla fine, il lusso non si compra più soltanto per ciò che rappresenta in termini di status o di appartenenza, ma per la sua capacità di incarnare una trasformazione personale, anche se illusoria. Come osserva Rachel Tashjian sul Washington Post, chi acquista una borsa o un abito stravagante non si interroga sui moodboard del designer o sulla fedeltà ai codici della maison: vive piuttosto la promessa di cambiamento, l’idea irrazionale che quel talismano costoso possa riscrivere la propria identità.












































