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Kering è nei guai Unica eccezione alla crisi è Bottega Veneta

Kering ha riportato un drastico calo dei ricavi nel primo trimestre del 2025, a causa sia della pressione crescente sul suo “primo della classe”, Gucci, da cui dipendono più della metà di tutte le revenue e di un indebolimento più ampio di quasi tutti i propri altri brand. I ricavi complessivi del gruppo sono scesi del 14%, attestandosi a 3,88 miliardi di euro – più in basso rispetto a quanto previsto dagli analisti. A guidare questo calo è stato Gucci, che ha registrato un crollo delle vendite del 25% su base comparabile nel trimestre. Il marchio aveva già subito una flessione del 24% nel trimestre precedente, suggerendo che la sua crisi non solo persiste ma si sta approfondendo. Gucci, che ha rappresentato il 63% del risultato operativo di Kering nel 2024, rimane la colonna portante della redditività del gruppo o, in questo caso, la sua ferita più profonda — e la sua debolezza attuale getta un’ombra lunga sull’intera strategia aziendale. Le difficoltà di Kering emergono in un momento in cui i suoi principali concorrenti, pur colpiti da un contesto simile, hanno ottenuto risultati comunque migliori. LVMH ha riportato un calo dei ricavi del 3%, attestandosi a 20,31 miliardi di euro, un dato allarmante ma non tragico per il gruppo degli Arnault, mentre i soliti sospetti come Hermès, Moncler e Brunello Cucinelli sono comunque riusciti a crescere. Il calo del 14% di Kering sottolinea non solo l’impatto del contesto macroeconomico, ma anche la vulnerabilità del gruppo dovuta a problematiche interne.

Il gruppo ha registrato cali ovunque. Il mercato Asia-Pacifico, tradizionalmente forte per il lusso, ha segnato una contrazione del 25%, lo stesso tasso già registrato negli ultimi tre mesi del 2024. Europa occidentale e Nord America hanno perso il 13%, mentre il Giappone ha visto una decelerazione con un calo dell’11%  a causa del raffreddamento del turismo e dell’apprezzamento dello yen che ha ridotto il vantaggio di prezzo rispetto ad altri mercati. Nonostante il contesto difficile, il mercato statunitense non è peggiorato – se questa può essere interpretata come una buona notizia: le vendite ai clienti americani sono rimaste in linea con la fine del 2024, senza segnali di declino nelle ultime settimane. «Non vediamo, per il momento, un cambiamento nei trend», ha dichiarato a BoF Armelle Poulou, CFO di Kering, «ma sappiamo che la volatilità non è positiva per la fiducia dei consumatori, quindi restiamo vigili». In Cina, invece, la situazione resta incerta. Saint Laurent ha registrato un calo del 9%, mentre la divisione “Other Houses” — che include Balenciaga, Alexander McQueen, Brioni e Pomellato — è scesa dell’11%. McQueen, in particolare, non vuole saperne di ingranare finora e anche Balenciaga, ora che è priva di Demna, sembra un’ombra del passato anche se Kering ha sottolineato che «le vendite degli articoli in pelle di Balenciaga sono state molto solide». Quest’ultimo è un dato importante perché se le vendite di borse e pelletteria funzionano la base del brand rimane comunque relativamente salda nonostante i molti miglioramenti da fare. Tra queste mille difficoltà, Bottega Veneta si è distinto come rara eccezione positiva. Le vendite sono aumentate del 4% e quelle retail del 7%, spinte da buone performance in tutte le categorie di prodotto e da un crescente interesse tra i clienti giovani e VIP. Anche Kering Eyewear ha segnato un aumento del 3% a cambi costanti.

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Il calo continuo delle vendite di Gucci ha intensificato l’attenzione sulla sua direzione artistica e strategica. A febbraio, il designer italiano Sabato De Sarno ha lasciato il marchio dopo due anni segnati da scarso successo di critica e di vendite che ha sostanzialmente acuito un rallentamento delle vendite iniziato già negli ultimi tempi della tenure di Alessandro Michele. Per rilanciare il brand, Kering ha nominato Demna, direttore creativo di Balenciaga, alla guida di Gucci. Il suo insediamento ufficiale è previsto per luglio, dopo l’ultima collezione couture per Balenciaga e, al di là del discorso sull’identità del brand, il problema è che dopo la prima collezione del nuovo Gucci che verrà presentata servirà qualche tempo perché la merce arrivi effettivamente in negozio – in generale, ci aspetta una tragedia o un miracolo. Nel frattempo Gucci ha iniziato a creare campagne marketing focalizzate sul proprio heritage come il lancio della linea Softbit, una nuova linea in canvas monogrammato chiamata “Emblem”, e una campagna pubblicitaria per la collezione di foulard “Bambou”. Il dubbio, che avevamo già espresso ai tempi dell’uscita di De Sarno, comunque, è che il problema non sia relativo al solo Gucci ma alla direzione generale dell’intera sezione moda che infatti oggi risulta in cattiva salute: probabilmente la stessa medicina che guarirà Gucci, farà lo stesso per Saint Laurent, Balenciaga e Alexander McQueen. Il punto è che non si capisce bene la diagnosi – sicuramente il fatto che quello di Kering sia un business meno differenziato di quello di LVMH (al netto delle altre aziende possedute dai Pinault attraverso Artemis) e dunque, dati anche i pesanti investimenti fatti nell’immobiliare e nell’acquisizione della CAA, meno adattabile a un mercato volatile. 

Di fronte al calo dei ricavi, Kering ha accelerato i tagli ai costi. Il gruppo ha chiuso 25 negozi, di cui cinque outlet, nel primo trimestre. Inoltre, sta consolidando le funzioni aziendali e marchio, eliminando duplicazioni tra sede centrale e uffici regionali. Il margine operativo del primo semestre è previsto in calo di 500 punti base rispetto all’anno precedente, anche se si prevede un miglioramento rispetto al secondo semestre 2024. Le azioni di Kering hanno perso il 50% del loro valore nell’ultimo anno, riflettendo il crescente pessimismo degli investitori. L’analista di RBC Piral Dadhania ha affermato su BoF che «le stime sugli utili di Kering probabilmente subiranno ulteriori revisioni al ribasso», aggiungendo che «il titolo rimane in modalità attesa fino alla presentazione della prima collezione di Demna per Gucci». François-Henri Pinault ha detto di essere «completamente focalizzati sull’esecuzione dei nostri piani per raggiungere i nostri obiettivi strategici e finanziari e rafforzare il posizionamento delle nostre maison su tutti i mercati». Pinault ha affermato che il gruppo sta «aumentando la vigilanza per affrontare i venti contrari macroeconomici», e si è detto «convinto che usciremo rafforzati da questa situazione». Sicuramente ci sono tanti problemi da risolvere ma la speranza di una salvezza riposa nelle mani di Demna e del nuovo CEO di Gucci Stefano Cantino. Ma servirà attendere settembre e almeno un altro trimestre non proprio facilissimo.