
La moda filippina è arrivata alla Milano Fashion Week Con uno showcase a Fondazione Sozzani
Spesso, quando si parla di moda asiatica, l’attenzione del pubblico si concentra su centri nevralgici come Shanghai, Seoul o Tokyo. Eppure, durante questa Milano Fashion Week, la Fondazione Sozzani ha voluto dimostrare come anche nella parte più a sud-est del continente stiano emergendo talenti capaci di rivoluzionare il concetto stesso di brand, sfidando le logiche tradizionali del sistema moda occidentale. Da questa idea nasce FASHIONPhilippines Milan, un programma di mentorship realizzato in collaborazione con il Center for International Trade Expositions and Missions, il Philippine Textile Research Institute, la Philippine Fashion Coalition e LIT Fashion Consultancy, con l’obiettivo di portare la moda filippina sotto i riflettori di uno degli eventi più influenti del calendario globale.
Dal 23 al 25 settembre, negli spazi di Via Tazzoli 3, undici designer filippini, alcuni già riconosciuti a livello domestico, altri ancora emergenti, hanno avuto l’opportunità non solo di presentare le proprie collezioni, ma anche di farsi ambasciatori del proprio paese. In mostra non c’era soltanto abbigliamento, ma anche gioielleria, accessori e tessili, tutti accomunati da una forte attenzione alle materie prime locali, come le fibre di ananas, e all'heritage culturale da sempre parte integrante del patrimonio artigianale delle Filippine.
Tra i protagonisti spiccava Carl Jan Cruz, che insieme al suo team lavora su una ricerca quasi autobiografica della moda, trasformando il guardaroba in un racconto collettivo. «Il progetto è nato come una sorta di autobiografia visiva», racconta il designer, «ma negli anni è diventato un dialogo costante con il mio team, un modo per tradurre in capi le conversazioni su cosa vorremmo indossare». Tornare a Milano, dopo l’esperienza con Vogue Talents, per Cruz ha significato riallacciare un filo con la città: «Milano è una città che dà ancora enorme valore a qualità e artigianato, ed è questo il tipo di designer e di brand che vogliamo essere».
Un approccio altrettanto radicato nel territorio ma con uno sguardo rivolto all’arte è quello di Idyllic Summers di Steffi Cua, che ha presentato una collezione ispirata al lavoro di due artisti filippini, Geraldine Javier e Maria Contreras, pionieri nell’eco-printing. «È stato incredibilmente esaltante», spiega la designer. «Qui il pubblico guarda con occhi diversi, con una sensibilità che valorizza la manifattura e i dettagli. Ricevere questo tipo di feedback è stato davvero gratificante», continua Cua.
Più legato alla memoria e alla tradizione è invece il percorso di Jo Ann Bitagcol, che ha trasformato la fotografia nel cuore del suo brand. Partendo da immagini d’archivio di abiti tradizionali come il barong tagalog o il terno, la designer realizza stampe che diventano tessuti e capi contemporanei. «Per me è un modo di dare una nuova vita a questi simboli del nostro patrimonio», spiega, «è anche una forma di riciclo e soprattutto un modo per trasmettere alla prossima generazione chi siamo e da dove veniamo». Mostrare il proprio lavoro a Milano, aggiunge, è stata un’occasione unica: «Sono grata di poter raccontare al mondo la nostra eredità culturale. È un privilegio».
Sul versante del gioiello, Adam Pereyra ha portato a Milano la sua visione di un lusso intriso di tradizione e di saperi artigianali. Le sue creazioni si ispirano all’eredità della gioielleria filippina, coniugando tecniche complesse e codici visivi che dialogano con quelli europei, prendendo ispirazione anche dai gioielli estruschi. «Il nostro obiettivo è celebrare la straordinaria eredità della gioielleria filippina», afferma, «e dimostrare che l’alta manifattura avrà sempre un posto in qualunque capitale del mondo».
Questi racconti intrecciati, che oscillano tra autobiografia, ricerca artistica, memoria e patrimonio culturale, dimostrano come la moda filippina non si limiti a reinterpretare modelli occidentali, ma stia costruendo un proprio linguaggio fatto di radici locali e ambizioni globali. Come ha sottolineato anche la co-organizzatrice del programma Tetta Ortiz-Matera della LIT Fashion Consultancy: «Si tratta di un'occasione rara e strategica per i designer filippini non solo per mostrare le loro creazioni, ma anche per entrare a far parte del dibattito mondiale sulla moda».










































