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I dazi di Trump sono un duro colpo per il Made in Italy Confindustria calcola perdite per 20 miliardi di euro e 118mila posti di lavoro

Dopo lunghi mesi di trattative, ieri si sono finalmente concluse le negoziazioni tra Stati Uniti e Unione Europea sui nuovi dazi per le esportazioni europee. Se fino a pochi giorni fa l’ipotesi di una tassazione al 30% avrebbe potuto far precipitare l’economia italiana in una grave crisi, dopo soli quaranta minuti di negoziato la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha espresso soddisfazione per l’accordo raggiunto: un nuovo regime tariffario fissato al +15% su una vasta gamma di prodotti e beni di consumo europei. Come riportato da WWD, l’intesa tra Washington e Bruxelles, annunciata domenica dal presidente americano Donald Trump in Scozia, è stata definita dallo stesso presidente come «il più grande accordo mai realizzato». La nuova aliquota del 15%, che Trump ha chiarito essere uniforme per automobili e altri prodotti, si affianca a ulteriori impegni rilevanti. L’Unione Europea ha infatti concordato di acquistare energia dagli Stati Uniti per un totale di 750 miliardi di dollari e prevede di investire circa 600 miliardi nell’economia americana, sebbene i dettagli specifici di quest’ultimo punto restino ancora da chiarire. Il risultato della trattativa è tutt'altro che una gioia, anzi è a tutti gli effetti l'ennesima conferma degli isterismi di Trump, che però ogni volta sembrano portare al Presidente degli Stati Uniti il risultato desiderato. Come sottolinea Francesco Costa, giornalista e caporedattore de Il Post nel suo podcast Wilson, quello in cui ci troviamo è un rarissimo caso di «accordo commerciale asimmetrico», dato che l'UE non ha imposto nessun rialzo dei dazi e delle tariffe da parte degli Stati Uniti. Ma allora, siamo sicuri che è stata la soluzione migliore?

Oltre al fatto che l'incontro non sia avvenuto in uno scenario istituzionale, ma in uno dei golf club di proprietà dei Presidente degli Stati Uniti, Trump ha comunicato che Bruxelles avrebbe accettato di eliminare completamente le proprie barriere commerciali, aprendo così i propri mercati ai prodotti statunitensi con dazi pari a zero, oltre a impegnarsi ad acquistare ingenti quantità di attrezzature militari americane. Von der Leyen ha definito il negoziato «molto duro», sottolineando però che l’accordo porterà stabilità e prevedibilità nei rapporti commerciali transatlantici, recentemente caratterizzati da forte volatilità. Secondo la BBC, l'Unione Europea si è di fatto concessa a Trump, ma questa stabilizzazione era estremamente necessaria, considerato l’avvertimento della Banca Centrale Europea circa un contesto economico europeo particolarmente incerto proprio a causa delle recenti tensioni commerciali. Dietro l’apparente soddisfazione europea, si cela una concessione significativa rispetto al precedente regime tariffario, soprattutto se paragonata al tasso più basso ottenuto dal Regno Unito, fissato al 10%. A aggiungere il carico c’è stata anche Giorgia Meloni - come riporta il Guardian - che ha dichiarato come nonostante tutto, l’accordo rimanga positivo, in quanto garantisce maggiore stabilità all’Italia, uno dei principali esportatori europei negli Stati Uniti, con un surplus commerciale superiore ai 40 miliardi di euro e un’ennesima recessione dietro l’angolo. 

@amedeoiasci Parliamo del nuovo patto di commercio tra Stati Uniti e Europa che vanno veramente tanti favori verso l’America che potrà comunque far pagare dei dazi a porter europei si becca 500 miliardi di dollari di investimento e qualche terrone di dollari di business a livello di difesa #EuropaAmerica original sound - jashiproject_italia

Secondo gli esperti, sarà proprio l’Italia a risentire maggiormente delle conseguenze delle nuove aliquote, che colpiranno in modo diretto e immediato molte filiere del Made in Italy. Come riportato da Domani, Confindustria aveva stimato - in uno scenario ottimistico basato su dazi al 10% - una perdita di 20 miliardi di euro e 118mila posti di lavoro. Con il dazio fissato al 15%, questi numeri peggiorano del 50%, prefigurando uno scenario ben più grave. Tra i settori più colpiti c’è il vino: secondo Federvini, l’Italia esporta ogni anno negli Stati Uniti bottiglie per un valore di 2 miliardi di euro, coinvolgendo quasi mezzo milione di lavoratori. Secondo Coldiretti, i dazi al 30% avrebbero potuto causare danni per 2,3 miliardi all’agroalimentare italiano. Con l’accordo attuale, i danni si riducono ma restano consistenti, superando il miliardo di euro. Stando a Svimez, l’intesa siglata ieri potrebbe costare all’Italia un quarto di punto percentuale di PIL, pari a quasi 100mila posti di lavoro in meno, con inevitabili ripercussioni anche sul debito pubblico e sulle finanze dello Stato. Alla luce di questo quadro, la domanda inevitabile è: quali saranno le ripercussioni sul settore moda? Se il food & beverage è stato il primo fronte colpito, la moda italiana, da sempre in cima alle esportazioni verso gli Stati Uniti, potrebbe essere la prossima a soffrire. Tra scandali di caporalato, i fatturati in rosso dei grandi gruppi e un'apatia del pubblico generalista verso il mercato del lusso, potrebbe essere questa la botta finale per il Made in Italy?