È nato un progetto sartoriale made in Scampia A Sewing Machine of One’s Own e la nuova visione collettiva dei margini

È nato un progetto sartoriale made in Scampia A Sewing Machine of One’s Own e la nuova visione collettiva dei margini

Cosa  succede  quando  si  vuole  rappresentare  la periferia  discostandosi  dall’opinione  comune?  A raccontarcelo è la collezione “A Sewing Machine of One’s Own”, un progetto di ricerca e co-creazione sviluppato da Eleonora Cecere e Andrea Bertello entrambi dottorandi del Dottorato Nazionale del Design per il Made in Italy

Per la 17ª edizione, il Fashion Clash Festival ha selezionato creativi impegnati in pratiche di collaborazione, attivismo e co-creazione con le comunità. La proposta di Cecere e Bertello si configura come un manifesto in cui la moda non è più solo esercizio estetico, ma un mezzo attraverso cui leggere, trasformare e restituire un territorio come Scampia, quartiere periferico della città di Napoli, e la periferia più in generale. 

Il core della capsule collection 

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Il titolo del progetto si ispira al celebre invito di Virginia Woolf a conquistare “una stanza tutta per sé”. Per gli autori, quella stanza diventa metaforicamente una macchina da cucire: un luogo di autonomia, costruzione identitaria e autodeterminazione. Attraverso questo processo di risemantizzazione, la moda - così come la periferia - diventa un campo di sperimentazione e rivendicazione di valori come la resistenza simbolica, l’empowerment e la formazione.

La natura sfaccettata della moda, ovvero la capacità di essere strumento culturale, politico e comunitario, corrisponde ad uno strumento utile per raccontarsi, immaginarsi e trasformarsi. Un’occasione, questa, per ricavare un proprio spazio da un contesto già affollato di luoghi comuni e preconcetti. Ancora una volta la moda diventa lo spazio del sé, in cui la quotidianità si veste di resistenza e autenticità, mostrando anche la vulnerabilità. 

La collezione

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La collezione diventa una pratica collettiva, in cui la collaborazione con Fatto a Scampia ha assunto la forma di un vero processo pedagogico condiviso. Sarte, volontari e ragazzə coinvolti nei percorsi professionali del laboratorio hanno partecipato attivamente a tutte le fasi di ideazione della capsule collection — dieci capi che nascono dall’incontro tra competenze tecniche, narrazioni personali e immaginari estetici del quartiere. 

Nel dialogo e nella condivisione emergono degli elementi estetici che diventano materiali narrativi: segni del quartiere che vengono decontestualizzati e ricodificati all’interno della collezione, non come “icone fossili” di un’estetica stereotipata, ma come vettori di cambiamento. La collezione cerca infatti un equilibrio delicato: denunciare un contesto segnato da marginalità e resistenze allo sviluppo, senza cristallizzarlo. Il risultato è la costruzione di nuovi codici visivi, più vicini alla vitalità e all’energia di chi abita quel territorio. 

La diversità abita la moda e la periferia, e in questa occasione racconta come gli attori del territorio, con storie, scale e tradizioni differenti, possano trovare forme di reciproco sostegno, contaminazione creativa e sviluppo condiviso. Le voci, l’architettura delle vele di Scampia e il contesto urbano della periferia trovano rappresentazione anche nel video che accompagna la capsule, in cui il luogo periferico diventa teatro della diversità, dove la vita brulica alle spalle della città. 

È la rete di storie, esperienze e tradizioni che motiva le numerose collaborazioni alla base del progetto: con Manteco S.p.a. (PO) per lane e cotoni rigenerati, materiali di alta qualità e frutto di una lunga tradizione nel tessile sostenibile. Parallelamente, grazie ai collegamenti attivati dal Dottorato Nazionale in Design per il Made in Italy, il progetto ha dialogato con l’Antico Opificio di San Leucio Design (CE), da cui sono stati selezionati non solo passamanerie, ma anche preziosi scampoli di sete damascate, materiali che portano con sé una memoria profonda della cultura tessile campana.