Le academy dell’artigianato dei brand funzionano davvero? Dalla sartoria napoletana ai grandi gruppi del lusso, la formazione interna come risposta concreta alla crisi di competenze

Il 2025 non è stato un buon momento per il sistema produttivo italiano che, malgrado venga spesso percepito come un insieme di soli macchinari, è in realtà composto da migliaia di persone. Se costruire con le mani un capo o un accessorio è un’attività che richiede esercizio costante, in Italia sono sempre meno coloro che scelgono di mettere in gioco la propria manualità. Il panorama italiano, però, non è del tutto cupo e condannato come spesso viene raccontato dalla stampa, tra indagini, accuse di caporalato e scelte discutibili. Esistono anche realtà diverse, come le academy di artigianato create direttamente dai brand.

La tradizione sartoriale napoletana

Tra gli innovatori c’è Kiton che, nel 2001, ha aperto una scuola di alta sartoria nata dall’idea del fondatore Ciro Paone. Il percorso dura tre anni ed è affidato a capi sarti in pensione, chiamati a trasmettere i primi rudimenti del mestiere. Tre anni, tuttavia, non bastano per apprendere tutti i segreti della sartoria. È qui che la regola dei sette anni in bottega dimostra di essere ancora pienamente attuale. I ragazzi che completano la scuola vengono poi introdotti gradualmente in azienda. Nei primi diciannove anni di attività sono state inserite circa cento figure, tutte ad Arzano, nel cuore produttivo della Campania.

Restando in ambito sartoriale, Rubinacci segue una logica diversa grazie al lavoro del direttore creativo Luca Rubinacci. Ai microfoni del podcast Made in TAM, curato dagli studenti dell’istituto tecnico di Biella, Rubinacci spiega come non si tratti di una scuola strutturata che parte da zero, ma di un periodo di apprendistato pensato per persone che possiedono già una base di conoscenze. Da qui parte una selezione progressiva, dove chi dimostra capacità e continuità viene inserito stabilmente nella sartoria, che oggi conta circa settanta addetti.

Le academy dei grandi gruppi del lusso

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Oltre alle sartorie napoletane, anche Prada, nei primi anni Duemila, ha deciso di sviluppare un progetto di formazione artigianale interno dando vita alla Prada Group Academy. L’obiettivo è coltivare saperi tecnici e preservare competenze manuali di alto livello all’interno dei propri stabilimenti produttivi. L’Academy propone percorsi che combinano teoria, pratica e affiancamento diretto con maestri esperti, con corsi dedicati alla pelletteria, alle calzature e al ready-to-wear. Negli ultimi anni l’attività formativa si è intensificata: il Corriere della Sera riporta che tra il 2021 e il 2024 sono stati attivati 29 percorsi formativi con oltre 570 studenti di diverse nazionalità e solo nel 2024 circa 120 giovani sono stati formati e più di 80 sono entrati stabilmente in azienda.

Infine c'è l’Accademia Labor et Ingenium di Bottega Veneta. Il brand ha sempre fatto del craft il proprio mission statement, come ribadito anche dalla recente campagna «Craft is our language», lanciata in occasione dei cinquant’anni dell’iconico intrecciato. L’Accademia nasce come progetto formativo interno pensato per trasmettere competenze artigianali attraverso l’affiancamento diretto con i maestri, secondo un modello che richiama esplicitamente la bottega tradizionale. I percorsi sono fortemente orientati alla pratica e alla continuità professionale, con l’obiettivo di formare figure da inserire stabilmente nella struttura produttiva del brand tra Montebello Vicentino e il distretto veneto, rafforzando il legame tra sapere manuale, tempo e lavoro collettivo.

LVMH e la difesa della filiera francese

Esistono però anche cambi di rotta nel modo in cui queste operazioni vengono gestite e raccontate. LVMH ha recentemente ridimensionato uno dei suoi progetti più ambiziosi sul fronte della valorizzazione pubblica del savoir-faire. Come riportato da Glitz, il gruppo ha deciso di non aprire al pubblico la Maison des Métiers d’Excellence prevista a Parigi, uno spazio che avrebbe dovuto funzionare come vetrina dell’artigianato del gruppo, con laboratori, mostre e attività divulgative.

L’edificio di rue Bayard, a pochi minuti dai Champs-Élysées, sarà destinato esclusivamente alla formazione interna del personale, segnando un netto ridimensionamento rispetto al progetto iniziale. Resta aperta la domanda se anche in LVMH stia maturando la consapevolezza che oggi sia più urgente formare davvero queste figure piuttosto che continuare a investire risorse nel racconto di un artigianato lento che, in alcuni casi, rischia di restare solo storytelling e fumo negli occhi.

Takeaways

1. Le academy dell’artigianato dei brand stanno diventando uno strumento chiave per affrontare la crisi di manodopera qualificata nel Made in Italy.

2. La formazione artigianale interna, dalla sartoria napoletana ai grandi gruppi del lusso, è oggi una leva strategica per preservare competenze produttive e filiere locali.

3. Il confronto tra storytelling e formazione reale mostra come investire nelle academy aziendali sia sempre più centrale per la sostenibilità del sistema moda europeo.