È arrivata la fine del Made in Italy? In un anno la domanda di cassa integrazione nella pelletteria è salita al 66%
Sembra anacronistico preoccuparsi e lamentarsi della situazione della Milano Fashion Week, evento che, con il passare delle stagioni, perde progressivamente giornate e rilevanza nel calendario internazionale, quando la vera spina dorsale della moda italiana sembra essere giunta ormai a un punto di crisi irreversibile. Il Made in Italy, espressione che il sistema moda italiano utilizza con orgoglio come biglietto da visita in tutto il mondo, non ha mai attraversato una fase così delicata e difficile. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, il quadro complessivo è decisamente negativo, a partire dai dati economici relativi ai primi mesi del 2025. Da una prima indagine congiunturale condotta nei primi tre mesi dell’anno tra gli associati di Confindustria Moda Accessori, il settore della pelle, degli accessori e delle calzature ha registrato una contrazione significativa del fatturato, sceso del 6,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Certo, una prospettiva differente potrebbe suggerire una crescita del 3% rispetto al 2019, ma questa apparente positività è offuscata dall’incremento generalizzato dei costi e, conseguentemente, dei prezzi finali. A livello quantitativo, infatti, il calo della produzione è netto. Giovanna Ceolini, imprenditrice nel calzaturiero e presidente di Confindustria Moda Accessori, che raccoglie le aziende della filiera della pelle nelle sue diverse declinazioni, inclusa la pellicceria, focalizza con estrema chiarezza il problema che oggi affligge l’intero settore italiano della moda: la diminuzione drastica della produzione.
Gli effetti di questa crisi sono molteplici e profondi, a cominciare dalle ripercussioni dirette sulla forza lavoro. Le imprese del comparto, che da oltre un anno operano ben al di sotto del proprio potenziale a causa della contrazione generalizzata dei consumi nei prodotti di lusso, si trovano a fronteggiare una situazione difficile nella gestione del personale. Un indicatore emblematico è rappresentato dall’aumento delle richieste di cassa integrazione, che nei primi tre mesi del 2025 hanno visto un’impennata del 66% rispetto allo stesso periodo del 2024, un anno già problematico; alcuni insider riportano anche che a netto della crisi del lusso dell’ultimo anno, svariati dipendenti della produzione di Kering in Toscana sono in cassa integrazione da quasi 6 mesi. Ceolini sottolinea come le aziende siano impegnate con determinazione a tutelare i propri dipendenti, considerati risorse insostituibili per via della loro specializzazione elevata. Questo atteggiamento di resilienza è cruciale per superare la crisi senza ricorrere ai licenziamenti.
@ornellaauzino Risposta a @apedaci Se chiudono le fabbriche chiuderà anche l’indotto della pelletteria #madeinitaly #ornellaauzino #borsa #crisi suono originale - Ornella Auzino | Borse
A peggiorare ulteriormente il quadro contribuiscono i dati relativi alle esportazioni. Nel primo bimestre del 2025, infatti, l’export del settore accessori e calzature è diminuito del 6,5% rispetto allo stesso periodo del 2024. Le prospettive non sono incoraggianti: la ripresa che molti auspicavano potesse concretizzarsi nella seconda metà dell’anno sembra ora rinviata a tempo indeterminato. Come avevamo già sottolineato ad inizio anno, la situazione geopolitica internazionale, caratterizzata da continue tensioni e conflitti, con l’aggiunta recente della guerra tra Israele e Iran, rende ancora più complicata qualsiasi previsione ottimistica. I mercati chiave come Stati Uniti e Cina mostrano segnali di debolezza e stallo, influenzati anche dalle fluttuazioni finanziarie e dai dazi commerciali. Sul fronte interno, la situazione non è migliore, azni, gli italiani, colpiti direttamente dal contesto economico negativo, stanno riducendo drasticamente le spese considerate non essenziali.
Meloni propagandista inetta regina dei bla bla non vi dice che grazie a lei il fashion made in Italy è in grave difficoltà. Nel 2024 i licenziamenti per motivi economici sono aumentati del 46%, quasi 4mila in 12 mesi. La cassa integrazione è in crescita, 4 lavoratori su 100. pic.twitter.com/Zv89jLwr5b
— lisameyer (@lisameyerildra1) April 23, 2025
Le imprese del settore stanno cercando di reagire andando oltre la semplice gestione dell’emergenza e mirando piuttosto a una trasformazione strutturale di lungo periodo. Consapevole della natura sistemica della crisi, il governo ha sollecitato Confindustria Moda Accessori a presentare una proposta articolata di politica industriale entro luglio. Le priorità individuate comprendono la lotta contro il caporalato, l’accesso facilitato ai crediti bancari e fiscali, nonché un supporto concreto agli investimenti necessari per affrontare le transizioni digitali e sostenibili, rese ancora più urgenti dalle normative europee, come il recente Regolamento sulla deforestazione, che sta mettendo a dura prova la filiera della pelle. Insomma, tutte problematiche che nell’ultimo anno e mezzo hanno fortemente colpito l’intera entità del Made In Italy. Tra assalti esteri sulle principali fabbriche italiane, ed un bilancio economico del genere, viene naturale chiedersi se è la fine della filiera italiana come la conosciamo.