Capire l'ossessione della Gen Z per il make-up prostetico Quando il surrealismo rispecchia la realtà

Nel 2011, fresca di Born This Way, Lady Gaga usava apparire pubblicamente con delle protrusioni prostetiche sugli zigomi, sulle tempie e sulle spalle. «Escono quando sono ispirata», diceva alla stampa che si interrogava su questo strano look. «Non sono prostetici, sono le mie ossa. Sono sempre state dentro di me, ma ho aspettato il momento giusto per rivelare all’universo chi sono davvero». Manifestazioni estetiche come i prostetici usati da Gaga, un tempo relegati a spazi artistici alternativi, oggi governano in ogni sfera del pop anche grazie all’intervento penetrante della stessa musicista nella cultura pubblica. Se una volta i look surrealisti dell’autrice di Bed Romance sollevavano perplessità (c’era persino chi sosteneva che la sua arte promuovesse il masochismo), adesso prostetici del genere sono ovunque, dai concerti alle Fashion Week, un'espressione che rispecchia in modo chiaro i sentimenti che prova tutta una nuova generazione di artisti. 

Ricercando i motivi che stanno spingendo così tanti artisti, designer e musicisti a sperimentare con i prostetici, abbiamo fatto due chiacchiere con una make-up artist di Milano. Se una volta evocavano inquietudine, racconta, «adesso i prostetici non fanno più paura», anzi, «c’è una tendenza a metterli anche dove non necessario» tanto da far perdere il senso ai progetti. Negli ultimi due anni, effettivamente, abbiamo assistito a un vero e proprio boom dell’uso dei prostetici, nel settore del cinema ma anche nella musica e nella moda, come dimostrano il look da mosca di SZA per il lancio di SOS Deluxe: Lana, il lavoro estetico svolto da FKA Twigs per Eusexua, il successo The Substance, l'ultimo film di Yorgos Lanthimos Bugonia, il Frankestein diretto da Del Toro e interpretato da Jacob Elordi, o le ultime collezioni di Matiéres Fécales, Duran Lantink e Martine Rose

@nssmagazine Watch Jacob Elordi become the Creature in Frankenstein, Guillermo del Toro’s latest movie. Have you watched it yet? @filmdreams #frankenstein #jacobelordi #sfxmakeup #makeup #movietok оригинальный звук - uwertry

Animali, alieni e cyborg hanno preso d’assalto le copertine degli album, i front row, i red carpet e i grandi schermi, mettendo sotto i riflettori più la nostra realtà che le nostre paure. Se alla fine del secolo scorso l’impiego dei prostetici in opere come Thriller di Michael Jackson, E.T., Star Trek, o da parte di artisti del calibro di Björk, Alexander Mcqueen e Thierry Mugler esprimevano al meglio una preoccupazione per il futuro (l’arrivo del nuovo millennio e del terrificante bug Y2K), oggi ciò che sembra raccontare l’uso del make-up estremo è un’inquietudine presente. L’ansia che proviamo ora non è definita da ciò che verrà, ma è un prodotto di ciò che viviamo in ogni sfera della nostra quotidianità. Internamente, il nostro corpo si ritrova in maniera continua messo a confronto con corpi modificati artificialmente tramite medicine e chirurgia estetica; esternamente, proviamo stress di fronte a scontri socio-politici per cui tutto ciò che possiamo fare è discutere online o protestare in piazza. Nel 1995, la Gen X immaginava un futuro con gli alieni, nel 2025 la Gen Z sogna di poter evadere dal mondo con loro. 

Uno dei motivi dietro alla passione della nuova generazione di artisti per i prostetici e i look surrealisti potrebbe essere anche l’ossessione sempre più intensa che proviamo per l’auto-miglioramento. Nell’articolo Self-care or self-erasure? di Dazed, l’autrice Heloise Darcie osserva il boom degli strumenti come l’Oura Ring, gli Smartwatch, il fenomeno del biohacking  e degli accessori beauty estremi come anticipazione di un futuro in cui il corpo naturale perde completamente valore, mentre quello artificiale, tenuto sotto controllo da strumenti esterni, diventa lo standard. «Gli influencer stanno normalizzando procedure radicali, creando un punto di accesso che consente alle persone comuni di entrare in quel mondo. Nel frattempo, altri stanno inconsapevolmente integrando forme più leggere di biohacking nella loro routine quotidiana, confondendo il confine tra la cura di sé occasionale e la modificazione corporea di basso livello», scrive Darcie. 

@collinastrada Backstage with @Isamaya Ffrench #nyfw original sound - Collina Strada

Hillary Taymour, fondatrice e direttrice creativa del brand newyorkese Collina Strada, lavora da anni con i prostetici per esplorare temi di «trasformazione e identità». Mentre all’inizio, racconta la designer, l’industria della moda era rimasta scioccata dalle sue collezioni - considerate strane e quindi non abbastanza commerciali - recentemente il suo lavoro ha incontrato maggiore comprensione. «Tutti improvvisamente riescono ad ammettere che la moda possa essere inquietante ma comunque bella - aggiunge - che il disagio possa essere uno strumento di design, non un errore». 

È possibile che il boom del quiet luxury, seguito dal minimalismo e dalla beige-ificazione delle passerelle, abbia acutizzato la passione della Gen Z alternativa per i make-up look surrealisti? «C'è sempre questa valvola di sfogo creativa che spinge nella direzione opposta. Se il mondo sembra surreale, caotico, delicato e apocalittico allo stesso tempo, perché fingere che i vestiti debbano essere decorosi condivide Taymour. «Il surrealismo in Collina non è una questione di shock, ma di onestà». E la Gen Z, cresciuta in una società iperconnessa con ciò che avviene in ogni angolo del mondo, è estremamente sensibile alle verità scandalose a cui assiste. «La Gen Z è iper-sensibile all'instabilità del mondo, c'è questo sistema nervoso collettivo che è sempre in fermento - aggiunge la designer - Viviamo già in un'epoca in cui nulla sembra proporzionato: emozioni, informazioni, aspettative. C'è qualcosa di quasi terapeutico nel dare un nome all'ansia invece di cercare di mascherarla».

@olympiaanley The morning routine just gets better and better #morningroutine #wellnessjourney #redlight original sound - flex

Discorsi socio-politici a parte, il trend dei prostetici nella pop culture sembra rispondere direttamente ai bisogni attuali della Gen Z, che corrispondono al nascondersi, onde evitare critiche sui social, a controllare il proprio corpo, ma anche a distinguersi dagli altri ed esprimere la propria creatività, in un’epoca in cui l’estetica ricopre un ruolo sempre più centrale nelle nostre vite. «Viviamo in un'epoca in cui i corpi vengono costantemente modificati, medicati, filtrati e ottimizzati - conclude Taymour - Le persone hanno il terrore di essere percepite come reali. Quindi le protesi diventano una sorta di ironico contrappunto». Invece di rispondere al trend del biohacking, dell’auto-miglioramento travestito da self-care e della chirurgia permanente, offrono un’opportunità di evasione. Pur essendo surrealisti, sono un segno dei tempi che stiamo vivendo. 

In tutto questo discorso, centrato su un trend adoperato principalmente da identità convenzionalmente attraenti come SZA, i modelli di Duran Lantink, di Matières Fécales o persino Demi Moore in The Substance e Emma Stone in Bugonia, bisogna ricordare chi lo ha portato sotto i riflettori prima di loro. Non bellezze standard, ma portabandiera dell'alternativo, da Lady Gaga (che certamente era inizialmente considerata una pecora nera del pop) a Aimee Mullins, atleta paralimpica e musa di McQueen che sfilò per il designer inglese nel 1999 per lo show No.13. Mullins indossava uno straordinario paio di prostetici in legno intarsiato, una gonna a balze bianca e un body in pelle. «I suoi abiti sono sempre stati molto sensuali, e intendo in tutti i sensi. Così duri, severi e inflessibili, come a volte può essere la vita. E poi questo incredibile e romantico fruscio della rafia», aveva commentato l’atleta in merito al look. Come a dire che c’è del poetico, dopotutto, nella brutalità di una vita vissuta naturalmente.