
Il minimalismo sta soffocando l’architettura?
Come il movimento del "Nuovo Urbanismo" intende ridare anima alle nostre città
18 Marzo 2025
Tra i molti ordini e memorandum firmati da Donald Trump nelle prime settimane della sua presidenza ce n’era uno di nome “Promoting Beautiful Federal Civic Architecture” secondo cui «gli edifici pubblici federali dovrebbero essere visivamente identificabili come edifici civici e rispettare il patrimonio architettonico regionale, tradizionale e classico, al fine di elevare e abbellire gli spazi pubblici e nobilitare gli Stati Uniti e il nostro sistema di autogoverno». Il memorandum ha riacceso un dibattito sul significato, sulla storia e sui sottotesti politici dell’architettura delle città di tutto l’Occidente che di recente è diventato un aspetto forse secondario ma non meno pervasivo delle più ampie culture wars che stanno dividendo il pubblico occidentale, per lo più online, che si trova a comparare la bellezza romantica degli edifici e dei decori urbani del passato con lo sterile funzionalismo di quelli di oggi: dove sono le colonne, i bassorilievi, le decorazioni e i dettagli che hanno reso le città di un tempo così suggestive? Su X e YouTube si rincorrono storie come del sobborgo parigino Le Plessis-Robinson, anonima distesa di palazzetti di cemento trasformata nel corso di un trentennio in un romantico borgo e diventata il simbolo di una corrente di pensiero nota come Nuovo Urbanismo - un movimento nato per contrastare lo squallore e l’anonimato delle città moderne. Con questo e altri nomi, il movimento è fortissimo su social come X o Facebook e sarebbe facile aderirvi se molte di queste istanze non fossero legate a visioni politiche assai reazionarie e conservatrici - anche se la popolarità del movimento e il suo scopo sociale lo rendono comunque accettabile sul piano estetico e filosofico. Ma la stessa esistenza di un movimento simile ci porta domandarci: il minimalismo sta distruggendo le nostre città?
Nelle metropoli di tutto il mondo l’architettura e gli arredi urbani sembrano essere gli stessi: panchine dalle linee essenziali, lampioni anonimi, dissuasori squadrati, grattacieli in vetro e acciaio e interni caratterizzati da un design pulito, realizzati in legno e tinte pastello. Lo skyline di Milano sembra quello di Tokyo o di New York. La mancanza di identità delle città e degli spazi era stata teorizzata da Marc Augé nel libro Non-lieux (Nonluogo). Nel 1992 l’antropologo francese introdusse il concetto di “nonluogo” per descrivere quegli spazi costruiti definiti dalla loro transitorietà e anonimato. Luoghi come aeroporti, stazioni di servizio e alberghi tendono a una sterilità utilitaristica, privilegiando la funzione e l’efficienza rispetto all’espressione umana. Anche Rem Koolhaas, nel 1995, aveva posto l’accento sull’omologazione della città contemporanea. Nel saggio La città generica, l’architetto e accademico olandese affermava che la città contemporanea è come un aeroporto, tutta uguale. «È possibile teorizzare questa convergenza? E se così fosse, a quale configurazione ultima aspira? La convergenza è possibile solo al prezzo di perdere l'identità» (Rem Koolhaas, Junkspace, Quodlibet, 2006). Il concetto di “nonluogo” di Augé si estende dunque all’intera città. Koolhaas sostiene che l’assenza di anima stia diventando la tendenza predominante nel design urbano, e in modo semplicistico si può incolpare il minimalismo come causa principale.
@jupiterari What happened ? Why is modern architecture so ugly ? #architecture #france #paris #cadaques #collioure #sorbonne #architecturestudent #architect #travel #spain #historical #monument #fyp #foryou #fypツ #ugly original sound - kirsten_ssss
Ma che cos’è veramente il minimalismo? Consultando rapidamente Wikipedia si scoprono una miriade di definizioni: esiste un minimalismo politico, artistico, musicale, architettonico, fotografico, pubblicitario. In sostanza, il minimalismo appare più come un approccio filosofico alla vita piuttosto che una corrente artistica e culturale ben definita. Il termine fu coniato nel 1965 dal filosofo dell’arte inglese Richard Wollheim – il quale, nell’articolo “Minimal Art”, voleva descrivere le opere di Donald Judd, Robert Morris, Carl Andre, Dan Flavin e Sol LeWitt – per poi espandersi retroattivamente in altri ambiti artistici. Lo stile minimale, ad esempio, si riconosce nella prosa asciutta di Ernest Hemingway e Raymond Carver, nelle opere di artisti come Barnett Newman, Robert Rauschenberg e Ad Reinhardt, e persino in quelle di Piero Manzoni e Yves Klein, così come nella musica di Rhys Chatham e Philip Glass. Il filo conduttore che li unisce è un approccio essenziale verso l’oggetto nello spazio: eliminazione del superfluo, funzionalità e attenzione a materiali e forme sono i cardini del minimalismo. Nel campo dell’architettura, a partire dal modernismo, fino ai giorni nostri – con eccezioni quali il postmoderno di Robert Venturi – si è assistito a un’evoluzione coerente verso questa filosofia, con l’esautorazione però della componente teorica in vantaggio della praticità.
Ugliest Italian City (Milano)
— NeoTraditional Architecture Memes (@VicctorianChad) February 24, 2024
VS
Most Beautiful American City (Boston) pic.twitter.com/94JeMTCi4y
Da un lato, dunque la questione economica: l’utilizzo di materiali essenziali e processi industrializzati rende più semplice e talvolta più conveniente produrre oggetti funzionali rispetto all’aggiunta di ornamenti e dettagli anche se realizzati in serie. Dall’altro, agli oggetti minimalisti e alle architetture minimaliste si associa una modernità senza tempo, capace di mantenere la sua freschezza col passare degli anni. Tuttavia, sono in molti a ritenere che il design minimalista abbia impoverito l’architettura e il design, portandoli a una standardizzazione che ha sottratto personalità ad oggetti, edifici e spazi urbani. Un recente post di Hut, una pagina Instagram dedicata all’architettura, ha ripreso un trend andato virale su Twitter nel 2021 dal titolo The Danger of Minimalist Design, in cui si incolpava il “minimalismo inconsapevole” per la scomparsa di dettagli e colori, evocando il gusto per le creazioni più variegate e fantasiose del passato. Si tratta di sindrome dell’epoca dell’oro, in cui il presente (e con esso ogni innovazione) risulta scadente rispetto a un passato mitizzato? Di sicuro c’è che gli interni delle nostre case sono tutti simili tra di loro (il design scandinavo che strizza l’occhio all’immaginario costruito da Airbnb chiamato Airspace style), le nostre macchine sono tutte uguali, così come i ristoranti e i caffè. Forse ci sentiamo a casa in qualsiasi angolo del pianeta proprio perché abbiamo già visto tutto, evitando così l’effetto straniante del diverso.
Ma il vero pericolo non risiede soltanto nella ripetizione estetica, bensì nella graduale scomparsa dell’identità culturale e sociale. È giunto forse il momento di re-immaginare le nostre città come ambienti vivi, capaci di raccontare ancora la storia delle persone che le abitano. Ma si può effettivamente separare il valido desiderio di non veder sparire la specificità e la bellezza dei nostri ambienti urbani dal più ampio e preoccupante contesto politico che vede nel ritorno all’architettura di un tempo l’espressione di una civiltà passatista? In realtà alcuni popolari content creator lo hanno già fatto: un account di X assai popolare di nome The Cultural Tutor che conta 1,7 milioni di follower ha spiegato ad esempio come, dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu l’Unione Sovietica a creare la barocca e anticheggiante metropolitana di Mosca mentre gli Stati Uniti e il Blocco Atlantico favorirono il “democratico” brutalismo (a onor del vero, anche l’Unione Sovietica promosse la costruzione dei terribili “palazzoni” pubblici che ancora oggi identifichiamo con la dittatura e l’oppressione) concludendo che «non sembra esserci un legame tra la “buona architettura” e un'ideologia. Piuttosto, il mondo intero è un tesoro di architettura e design urbano fantastico e amato, in attesa di essere emulato. Il vecchio e il nuovo, l'architettura percepita come “di sinistra” e “di destra”, possono coesistere. Tutti traggono beneficio da un'architettura migliore. Inoltre, l'architettura è l'unica forma d'arte che dovrebbe essere guidata dall'opinione pubblica. Perché, a differenza di altre forme d'arte, l'architettura si impone al mondo - non abbiamo altra scelta che vivere e lavorare negli edifici. Perciò tutti gli esempi qui riportati, di stili architettonici storici ricreati negli ultimi decenni, dovrebbero far sperare che l'architettura moderna e quella tradizionale possano convivere. Non deve essere per forza l'una o l'altra: può essere, per il bene di tutti, entrambe».