FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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Il ban dei social media per gli adolescenti è un grande problema per i brand L'Australia guida di questa nuova rivoluzione

Di recente l’Australia ha approvato una legge che mira a impedire ai minori di 16 anni di accedere ai principali social media. Il provvedimento è però ancora piuttosto fumoso: non esiste ancora un elenco ufficiale delle piattaforme coinvolte e non sono stati chiariti i criteri di applicazione, anche se si parla di servizi come TikTok, Instagram, Snapchat, X, Reddit e Facebook, mentre YouTube e le app di messaggistica dovrebbero restare escluse.

In merito alla questione, il dibattito si è concentrato soprattutto sugli aspetti legati alla salute mentale dei più giovani e sulle difficoltà tecniche di verificare l’età degli utenti. Molto meno discusso, invece, è l’impatto che un divieto simile avrebbe sui brand che usano queste piattaforme per promuoversi, soprattutto quelli che oggi puntano proprio sul pubblico più giovane.

Le possibili conseguenze del ban

Se una fascia così ampia di utenti fosse bannata dai social, i brand che oggi costruiscono gran parte della loro visibilità sui contenuti brevi, sui trend e sulle community giovanili vedrebbero ridursi in modo netto il proprio target di riferimento. Soprattutto i settori della moda, del beauty, del gaming e più in generale dell'intrattenimento perderebbero un segmento che non rappresenta necessariamente un bacino d’acquisto immediato, ma che è fondamentale per consolidare gusti e tendenze future.

In sostanza, senza gli under-16 sulle piattaforme, le aziende dovrebbero trovare canali alternativi, più costosi e meno dinamici, per intercettare le nuove generazioni. La conseguenza sarebbe un'inevitabile migrazione verso altri canali digitali. YouTube, che in Australia rimarrebbe teoricamente accessibile ai più giovani, con ogni probabilità diventerebbe il principale approdo dei più giovani. Questo spostamento, però, aumenterebbe la competizione e farebbe crescere di molto i costi pubblicitari, mettendo in difficoltà soprattutto i brand più piccoli.

Le ricadute sul settore dell'influencer marketing

Il divieto, inoltre, potrebbe generare un effetto collaterale da non sottovalutare: parte dei giovani continuerebbe a usare i social network aggirando le restrizioni, magari attraverso account dei genitori o sistemi di verifica facilmente eludibili. Per le aziende questo creerebbe un pubblico “invisibile”, difficile da misurare e da includere nelle pianificazioni media. La mancanza di dati affidabili, inoltre, complicherebbe la valutazione dell’impatto delle campagne e renderebbe più incerto il ritorno sugli investimenti.

Ma anche la creator economy subirebbe un contraccolpo. Molti contenuti diventano virali proprio grazie all’attenzione degli utenti più giovani, e numerosi creator costruiscono la propria crescita su quella fascia di pubblico. Limitare l’accesso ai minori significherebbe ridurre la spinta che permette ai talenti emergenti di farsi notare, con un effetto a catena su collaborazioni, campagne e strategie di influencer marketing.

A tutto questo, infine, si aggiunge un ulteriore elemento di incertezza siccome l’Australia sta adottando una linea molto più dura rispetto a Stati Uniti ed Europa, che puntano invece su standard di sicurezza e trasparenza. Se altri Paesi dovessero seguire l’esempio australiano, i brand si troverebbero a dover ripensare le proprie strategie su base geografica, con un aumento della complessità operativa.