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Cosa significa “mogger”?

Il nuovo trend social che sfuma i confini tra invidia e adorazione

Cosa significa “mogger”? Il nuovo trend social che sfuma i confini tra invidia e adorazione

Lo scorso ottobre il leggendario modello Francisco Lachowski domandò, tramite le proprie IG Stories, ai propri follower cosa significasse il termine “mog”. Non lo chiedeva a caso: negli ultimi mesi, gli algoritmi di Instagram e TikTok hanno silenziosamente invaso i feed di numerosi account con dei brevi reel con immagini di backstage e sfilata di top model uomini dei primi anni ’10 come lo stesso Lachowski, Jordan Barrett, Sean O’Pry o Jon Kortajarena ma anche atleti come Cristiano Ronaldo o attori come il giovane Leonardo DiCaprio e Brad Pitt. Propriamente il termine indica l’atto di sovrastare qualcun altro dal punto di vista estetico e dunque la nozione di “mogging” include una dinamica tra il “mogger” ovvero la persona più attraente e il “mogged” che è invece la persona che risulta schiacciata dal confronto con tanta bellezza. I sentimenti rappresentati da questi contenuti video oscillano tra una specie di malcelata invidia e un’adorazione sottomessa e totale iscrivendosi nelle frange più contorte del mondo incel. Diventare un “mogger” è infatti spesso dipinto come un obiettivo da raggiungere non solo attraverso i metodi soliti (andare in palestra, adottare una skincare) ma anche attraverso tecniche posturali come il mewing, ovvero l’esercizio di appiattire la lingua contro il palato per spostare in avanti, allineare ed evidenziare la mandibola degli uomini. Il concetto di “mogging” si inserisce nel più ampio trend del “looksmaxxing” (alla Gen Z piace inventare nuove parole per vecchie abitudini) ovvero di quell’ossessione che alcuni giovani hanno verso l’automiglioramento.

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Alcuni dei creator di spicco di questo movimento sono Kareem Shami, che è persino riuscito a entrare in contatto con Francisco Lachowski sul proprio TikTok (o almen così dice) e che offre tutorial per migliorare il proprio aspetto; e Dillon Latham che invece di recente è intervenuto sui social per denunciare la tossicità del trend dicendo sostanzialmente che va tutto bene finché ci si vuole sentire meglio con se stessi ma lo sdoganamento del concetto di bellezza fisica ha in realtà spinto molti utenti a bullizzarsi a vicenda e mettere a rischio la propria salute mentale. Ovviamente lo ha fatto a torso nudo e con indosso il cerotto per il naso che consiglia ai suoi follower per allenare la postura del viso mentre si dorme. Ora, la tentazione ad additare questo fondamentale squilibrio e questa vorace insicurezza alla Gen Z è forte ma bisogna fare un passo indietro. Anche i Millennial avevano queste insicurezze, innescate magari dalla vista dei modelli citati sopra, ma semplicemente non potevano discuterne, il loro dramma era interiore. Quei top model, a cui potremmo anche aggiungere Clement Chabernaud, di recente apparso sulla passerella di Egonlab, hanno raggiunto la loro fama quando Internet si era ormai diffuso ma non ancora i social media. Nei primi anni ’10, i giovani Millennial li osservavano attraverso Tumblr e Twitter con un’inquietudine molto adolescenziale incapaci di formulare espressamente la domanda: cosa mi manca per essere come lui? Ora, semplicemente, queste domande vengono formulate apertamente e soprattutto ricevono risposte.

Ora, le generazioni cambiano e le domande cambiano con esse. Se i Millennial si sono posti il problema della loro attrattività fisica solo più tardi nella vita o comunque in maniera vaga e marginale dato che il corpo proprio e altrui non era sovra-rappresentato come lo è oggi, la gran quantità di contenuti a tema prodotti e consumati dalla Gen Z fa supporre che le domande che gli adolescenti si pongono oggi siano molto più urgenti e specifiche: come sviluppare un fisico tonico, come risolvere l’acne, come risultare sicuri di sé e via dicendo – ma con in più una ricerca più dichiarata di oggettività scientifica. E dunque si inventano criteri numerici e fisici per classificare l’attrattività personale, si fa l’inventario delle forme e tipologie di visi e di fisici, si provano a definire i tratti genetici migliori (non è uno scherzo), si prova, insomma, a distillare una formula razionale per sintetizzare qualcosa di fondamentalmente irrazionale come la bellezza. Secoli di progressismo sociale e politico per ricadere, di nuovo, nel canone di Policleto e misurare, con squadra e righello alla mano, l’armonia del proprio corpo: solo che questa volta il “canone” è un accorpamento di nozioni e discipline diverse che vanno dall’alimentazione all’allenamento fisico, dalla cosmetica all’acconciatura, passando anche per bizzarri consigli su come dormire e sulla forma mentis da adottare per avere successo. Ma ci sono anche i meme, abbastanza abbondanti su TikTok, che raccontano l'assurdità di tutta la terminologia dell'intera subcultura pur continuando a creare montaggi di video in cui i modelli in questione sono oggetto di palese adorazione.

@fvonzy Parent teacher conferences is good this time #mogging #mogged #mogger #mog #chicolachowski #fyp #edit #vsp original sound - Yoel

Se nel passato il concetto di attrattività fisica era connesso all’idea di desiderabilità e dunque nasceva nel rapporto tra sé e gli altri, portando alla domanda «Come posso risultare attraente per gli altri?»; adesso le parole chiave che si leggono nei feed di queste pagine e dei loro follower riguardano dinamiche egocentriche e di potere. «Come posso venire meglio nelle foto?» è una domanda assai ricorrente, ad esempio, come anche lo è la presenza di contenuti che esaltano l’impegno e la disciplina necessari ad avere un fisico da modello con toni assai epici e retorici. C’è qui un tentativo di trarre un’etica dall’estetica, di trovare un valore umano e più universale in questi piegamenti, sollevamenti, piani dietetici pieni di proteine. Il trend del “looksmaxxing” e del “mogging” sono superficiali ma parlano di un’esigenza di razionalità, ordine e realizzazione personale dei giovani uomini oggi che però non si risolve in palestra o che almeno non ha in una palestra il suo ultimo orizzonte. Il lessico del potere e della superiorità che queste pagine usano riguardano meno il bisogno di primeggiare e più quello di trovare un senso personale in una società che ha rimesso in discussione la funzione, la validità e il senso stesso dell’idea di “essere uomini”. Non resta che essere belli e sicuri di sè: il resto verrà. Questo trend per gli uomini, così come le infinite “estetiche” femminili che impazzano su TikTok, non sono altro che il tentativo di ricostruire un’identità che però, senza un più ampio e coeso orizzonte culturale, non si può realizzare. Purtroppo non viviamo in tempi adatti alle certezze o a chi le cerca.

Perché è nata, però, questa nostalgia verso i modelli Millennial? Perché rappresentano gli archetipi culturali, i simboli viventi di questa ricerca di senso: i modelli della generazione Millennial sono stati i primi a diventare famosi online, in maniera sotterranea, per i propri visi, una generazione intera ha contemplato il mistero della loro bellezza sugli schermi dei propri computer di questi giovani che sembravano avere tutto. Sono stati loro i primi a suggerire a una generazione un ideale del sè a cui aspirare. Tanto più che oggi quella stessa magia è irreplicabile: troppi i modelli, wannabe e non, che infestano con le loro thirst trap i nostri feed; troppi i nomi da conoscere, troppe le piccole mediocrità di cui si rende conto. I top model Millennial, invece, esistevano in un paradiso idealizzato il cui soggiorno, oggi, gli idoli del K-Pop inseguiti dalle folle pagano al prezzo della propria libertà personale e che allora invece pareva gratuito. Francisco Lachowski e gli altri furono i primi a essere nomi, dopo che volti, eredi a loro volta di un mondo in cui i modelli uomini erano relativamente anonimi. E dunque adesso rappresentano ancora la forma più pura di un ideale che, gettato nel vortice dei social media, è diventato qualcosa di strano e sconnesso dalla realtà. Non se ne può far loro una colpa: quando domanda ai suoi due milioni di fan cosa significhi “mog”, Lachowski ha l’aria vagamente smarrita di chi prova a stare al gioco senza avere ben capito di cosa stia parlando. E possiamo comprenderlo bene.