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«Non è facile diventare grandi» intervista a Ottolinger

Ottolinger nasce per le donne dalla mente di due creative giovanissime, Christa Bösch e Cosima Gadient, per offrire uno spettro di abbinamenti contrastanti ricchissimo, fatto di completi gessati che si arricciano sui fianchi delle modelle per scoprirne la pelle, cravatte da uomo e cinture leopardate, pellicce, minigonne e pantaloni capri in tessuto tecnico. La sua storia parte dallo streetwear svizzero e si snoda fino alla Fédération Française de la Haute Couture et de la Mode di Parigi, dalle passerelle di New York alle collaborazioni con Puma che hanno rilanciato l’estetica motociclistica nel mainstream. Gadient e Bösch basano il loro lavoro sulla decostruzione, un concetto che nel loro atelier eleva capi convenzionalmente street con dettagli post apocalittici e styling inediti. I tacchi mescolano borchie e gommapiuma, gli abiti intersecano cotone e inserti metallizzati in una sorta di armatura d’avanguardia per portare in passerella donne ribelli e provocanti, capaci di catalizzare l’attenzione non appena varcano la soglia di una stanza. Incontriamo Cosima Gadient da Slam Jam a Milano e la sua calma, il suo sorriso e le sue scarpe (indossa l’ultimo modello di sneaker presentato da Ottolinger in fashion week, non ancora disponibile per l’acquisto) rapiscono lo sguardo di tutti i presenti. Mentre posa di fronte al fotografo di fianco alla prima installazione di Ottolinger, però, si scusa della sua timidezza.

Gadient non vede l’ora che la collaborazione di Ottolinger con Puma sia disponibile in boutique. Ci racconta che fare sneaker è come lavorare ad un film, dato che dai primi step di produzione all’uscita effettiva del progetto passano diversi anni. «È come quando vai alla première, rivedi te stesso di tre anni prima», spiega la designer. Assieme a Puma, Gadient e Bösch hanno rivisitato un modello iconico, le Mostro, rendendole stivali che intrecciano l’estetica del pugilato a quella del motociclismo. Così come fece nel 1999, anno in cui il design originale debuttò per la prima volta sul mercato, la Mostro di Ottolinger ha fatto breccia nel cuore del pubblico dei due brand ad ogni iterazione. «Con questa collaborazione siamo diventati un po' più grandi, abbiamo assunto più persone e siamo cresciuti, non è facile da brand indipendente», dice Gadient, grata delle opportunità di espansione nate dalla partnership con Puma. 

Nonostante i continui successi riscossi dal brand, dal riconoscimento della federazione d’alta moda parigina a quella delle istituzioni europee (secondo quanto rivela la designer, dato che Ottolinger ha una certa risonanza tra i giovani studenti, contattano spesso lei e Bösch per dimostrare che «anche loro possono farcela»), la sede dell’azienda rimane fissa a Berlino. «È sempre bello cambiare, ma sarebbe davvero difficile trasferire l'intero team», spiega, aggiungendo che tra le cose che hanno convinto lei e Bösch a porre le basi di Ottolinger nella capitale tedesca ci sono sicuramente la vita notturna, di cui sono appassionate, e l’accessibilità economica: «Siamo molto legate alla nostra bolla, a Berlino puoi avere ancora la tua privacy. La moda è un sistema e in qualche modo Berlino è un po' come noi. Possiamo partecipare alla scena ma anche stare per conto nostro, non ci sentiamo sotto pressione».

Siamo molto legate alla nostra bolla, a Berlino puoi avere ancora la tua privacy. La moda è un sistema e in qualche modo Berlino è un po' come noi. Possiamo partecipare alla scena ma anche stare per conto nostro, non ci sentiamo sotto pressione Siamo molto legate alla nostra bolla, a Berlino puoi avere ancora la tua privacy. La moda è un sistema e in qualche modo Berlino è un po' come noi. Possiamo partecipare alla scena ma anche stare per conto nostro, non ci sentiamo sotto pressione

La donna Ottolinger è all’apparenza algida, una femme fatale del nuovo millennio che mischia sensualità e utility con disinvoltura. Emerge una visione della femminilità temeraria e accattivante, segnata da un netto contrasto tra office-wear e bondage su cui tutti i creativi del brand collaborano in completa armonia, a partire dalla cooperazione di Gadient e Bösch. «Penso che Christa sia una delle designer più talentuose che abbia mai conosciuto, tra di noi è il contrario di una competizione», ci dice la stilista mentre racconta la filosofia del brand. «Cerchiamo di essere olistici, tutto quello che facciamo comprende le persone che lavorano con noi: se lavorassimo da sole al brand, non sono sicura che sarebbe ancora in circolazione. Ogni cosa influisce sull’altra». In quest’ottica, Gadient traccia un parallelo tra gli ideali che accomunano le persone che lavorano ai progetti di Ottolinger all’immaginario organico-chic del marchio. Anche quando trattano silhouette e palette all’avanguardia, incentrate su colori metallizzati e dettagli innovativi, le collezioni offrono un rimando continuo al mondo naturale attraverso texture eterogenee e materiche, uno stimolo al tatto. «È come una reazione a catena, è molto femminile il nostro approccio» - aggiunge Gadient - «A parte la ricerca sul design, si tratta davvero di uno strato che ti copre e ti protegge, che ti fa sentire forte, è molto fisico in questo senso». 

Anche le nuove sneaker della FW24 che Gadient indossa, come le Mostro, hanno ricevuto pareri forti appena hanno fatto capolino online, specialmente perché riportano in voga il tanto controverso abbinamento tacco-scarpe-da-ginnastica. «Non perderemo mai la sneaker girl che c'è in noi, ma dobbiamo crescere», ammette Gadient facendo un cenno ai nuovi obiettivi del brand. «Dove siamo cresciute, in Svizzera, non c'era alta moda, c'era lo streetwear, ma ora ci interessano anche altre cose perché anche il nostro stile di vita è cambiato. Ci sono tante cose interessanti che vorremmo esplorare, come il suiting». Riflettendo sui motivi che hanno portato Ottolinger al successo, la designer parla di tempismo, perché, ci dice,  «Ottolinger è nato nel momento in cui la moda stava ancora raccogliendo i frutti dell’hype social». «Mi sembra che siamo stati uno degli ultimi brand a godere della fama su Instagram, ora le cose sono cambiate», commenta la stilista, aggiungendo: «penso che la moda sia crollata un po' negli ultimi due anni, noi abbiamo fatto parte di un'ultima ondata in cui era ancora possibile ottenere visibilità», certa però che tra le prossime uscite di Ottolinger ci siano sorprese di cui va molto fiera.

È nella sincerità di Gadient che troviamo l’ultimo fattore che ha influito sull’ascesa di Ottolinger ai vertici della fashion industry. Non importa dove, se a Berlino, a New York o a Parigi, se su Instagram per merito dell’algoritmo: se Ottolinger è riuscito a costruire una community globale così grande, se le ultime collaborazioni del brand hanno scatenato un’ondata virale sui social, non si può più riconoscere il merito del successo alla hype culture. Intercettare i segnali dello zeitgeist e lo stile del tempo e tradurli in collezioni ricche di inventiva è una qualità che non si può fabbricare con qualche potenza algoritmica. Come i loro design, incentrati sull’estetica organica e su una corporeità ultrafemminile, il talento di Gadient e Bösch viene naturale. 

Cerchiamo di essere olistici, tutto quello che facciamo comprende le persone che lavorano con noi: se lavorassimo da sole al brand, non sono sicura che sarebbe ancora in circolazione. Ogni cosa influisce sull’altra Cerchiamo di essere olistici, tutto quello che facciamo comprende le persone che lavorano con noi: se lavorassimo da sole al brand, non sono sicura che sarebbe ancora in circolazione. Ogni cosa influisce sull’altra

CREDITS:

Photographer: Vincent Migliore
Interview: Adelaide Guerisoli