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Da Not For Us a Tananai: la metamorfosi della scena milanese

Il nuovo pop riparte da Lambrate

Da Not For Us a Tananai: la metamorfosi della scena milanese Il nuovo pop riparte da Lambrate
Fotografo
Gregorio Broggi

Che vada di moda parlare di geografia all'interno del contesto musicale, lo si sospettava già da un po’. Chi ha buona memoria sa come abbiamo passato il 2017: era tutto un ciarlare dei soliti nomi cinque o sei nomi, all'insegna di titoli come: “La scena romana prende tutto”, “Il nuovo volto della scena napoletana” e via discorrendo. Per questo, mettiamo subito le mani avanti e con grande nonchalance, tra la creazione di una playlist nuova di zecca e la lotta al campanilismo mediatico, oggi apriamo un focus per niente scontato. 

Alberto Cotta Ramusino, classe 1995, producer e autore milanese doc, ci sembra il giusto contraccolpo per la scena milanese: non tanto per dire “hey, noi siamo i migliori e abitiamo qui”, quanto per sottolineare un cambiamento impercettibile e di grande valenza artistica che, forse, vi sta sfuggendo proprio da sotto al naso. Il producer, che prima lavorava dietro allo pseudonimo Not For Us, si era distinto qualche tempo fa grazie a un suo disco, To Discover And Forget, che riscosse un notevole successo: fumoso, oscuro, irresistibile. Gli stessi elementi che ritornano in una nuova produzione, l’ultima appena sfornata, Volersi Male (con in cover un artwork di Moab), con un’aggiunta non da poco: ora Alberto canta in italiano sui suoi stessi beat. Si è trasformato in Tananai da poco: quel che ci voleva per dare una svolta definitiva al suo lavoro. Un nome d’arte, dice, che è anche un omaggio ad una persona a lui molto cara: “E' come mi chiamava mio nonno paterno quando ero piccolo, vuol dire piccola peste. È l’unica persona della mia famiglia che non ha mai potuto ascoltare le mie canzoni, se n'è andato quando avevo sette anni. Diciamo che è il mio modo per renderlo partecipe.” 

Con Volersi Male si apre un nuovo capitolo della vita di Alberto: la voce bassa e melodica scorre su una produzione ricercata. Quel che avviene è l’autopsia di un flashback, ricordi che si riversano uno dopo l’altro nel testo, riportati alla memoria da un profumo, volenti o nolenti. La memoria olfattiva è quella più potente, perché non puoi controllarla. Così l’odore di una casa, di una persona, ti riporta di botto “sotto cassa di mezza Europa”, a fare “a pugni con l’alcol e la droga”. Ad un primo ascolto la produzione prende tutto ma grattando sotto la superficie l’impatto è brutale: tutto viene buttato fuori a perdifiato, attraverso quello che sembra un lunghissimo messaggio vocale mai inviato. Il successo, arrivato quasi per caso, dell’unico (per ora) brano in italiano del producer, ha toccato corde sensibili all'interno del nostro fervido movimento musicale, tanto da finire in una playlist creata apposta qualche giorno fa da Spotify e chiamata proprio Scuola Indie. Che sia l’inizio di un’altra, nuova avventura per la scena musicale italiana? Dopo l’annata targata Graffiti Pop di Carl Brave x Franco126, Liberato, Frah Quintale, Coez, Gente e Masamasa, cosa ci riserveranno i prossimi fuoriclasse? O per meglio dire, cosa avranno da insegnarci, visto che la descrizione della playlist recita: “Come essere indie: a lezione dalla nuova scena”.  

Sarà l’aria che tira a Milano, dove sono nati artisti di ogni genere e risma (da Guè Pequeno a Mina, passando per Achille Lauro, Boss Doms, Rkomi e Manuel Agnelli) o nel cuore di Lambrate dove ultimamente c’è gran movimento in fatto di traslochi, sta di fatto che qualcosa in questa città si sta muovendo ad un ritmo incredibilmente veloce. Anche alcuni (irriducibili) della scena romana migrano verso nord: perlomeno, così hanno fatto i Tauro Boys e Ketama126, di cui vi avevamo già parlato qui. Facile, direte voi, tra radio, Sky e discografiche, sta tutto lì. Beh no, o meglio, non solo: la musica sta cambiando e pare non essere soltanto un modo di dire. Al di là di Music Week e PR, oltre i contratti e le agenzie, le influenze artistiche della città lombarda sembrano lasciare un solco sempre più profondo nelle produzioni di chi la attraversa.

La scena milanese sembra voler così trainare le redini dell’anno che verrà, imponendosi sul mercato attraverso un algoritmo molto diverso dalla ricetta tipica della scena romana che ben conosciamo. Molti meno featuring, molto meno marketing e tanta, tantissima sostanza. Non esistono crew: gli artisti milanesi spiccano per una grande individualità che ricerca nel proprio intimo una graffiante chiave di lettura. I testi non sono cantilene da compagnia nè coretti da pompare con la gang in macchina. Inoltre, le classiche blue vibes fatte di malinconia e rassegnazione, tipiche dell’indie italiano (se vogliamo chiamarlo ancora così) si dileguano lentamente per lasciare spazio a qualcosa di nuovo: una maturità stilistica vincente, ritmi ipnotici, tappeti di suoni prorompenti. Ne sono un esempio encomiabile le produzioni di Yakamoto Kotsuga, Generic Animal e, ovviamente, Tananai. 

Sono sempre stato discontinuo in tutto: nello sport, nello studio, nelle amicizie fino alle relazioni. L’unica cosa che non mi ha mai stufato è la musica. Produco dall'età di 14 anni e da allora non ho mai pensato ad altro. La musica è il mio piano A e anche il mio piano B, C, D... come continua l'alfabeto lo sapete. 

Photo Credit Gregorio Broggi