
In Italia ci sono troppe case vuote 1 su 4, il numero più alto in Europa
Il meme sulla Gen Z che non riesce a comprare casa fa ridere finché non si attualizza concretamente sul mercato immobiliare. Mentre studenti e giovani lavoratori arrancano nelle grandi città di fronte all’impennata degli affitti, gli incentivi per acquistare una casa nel Bel Paese restano pressoché inesistenti. Lo conferma un nuovo studio della Fondazione Ifel, che fotografa una realtà tanto paradossale quanto prevedibile: l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di case vuote, una su quattro per essere precisi.
Dietro questo dato si nasconde una contraddizione strutturale che racconta più di qualsiasi slogan sul “sogno della casa di proprietà”. Da un lato, la tradizione culturale italiana continua a identificare la stabilità economica con il possesso di un immobile; dall’altro, il mercato immobiliare risulta bloccato, polarizzato tra case abbandonate, seconde abitazioni e una scarsissima disponibilità di alloggi in affitto. In un Paese dove l’offerta pubblica è ridotta al minimo e l’edilizia popolare non riesce a tenere il passo con le nuove esigenze abitative, la casa è diventata un bene statico, più simbolico che funzionale.
Quante case vuote ci sono in Italia?
Dove ci sono più case vuote o abitate da non residenti? I dati Istat mostrano che si trovano perlopiù nelle aree interne, soprattutto in comuni delle Alpi o degli Appennini, ma anche nelle aree turistiche dove ci sono tante seconde case o case vacanze. pic.twitter.com/0sOqTZno4A
— Youtrend (@you_trend) September 2, 2025
Secondo i dati raccolti da Ifel su base Istat e Mef-Agenzia delle Entrate, il 55% delle famiglie italiane vive in una casa di proprietà, contro il 47% della Francia e il 41% della Germania. Un primato che, letto in controluce, rivela una realtà molto più complessa: l’Italia concentra il 27,3% di abitazioni non occupate, un valore triplo rispetto alla Francia (7,8%) e sei volte superiore alla Germania (4,4%). In termini assoluti, su circa 35 milioni di abitazioni censite, oltre 9,5 milioni risultano non utilizzate o occupate in modo discontinuo.
Come ha spiegato Alessandro Canelli, presidente di Ifel, «l’Italia presenta un’anomalia significativa: più di un quarto delle abitazioni risulta non occupato». Una cifra che non può essere ignorata, soprattutto se si considera che gran parte di queste unità, circa 5,7 milioni, sono immobili “a disposizione” delle famiglie, spesso seconde case o abitazioni ereditate che non vengono immesse sul mercato. Si tratta di un patrimonio immobiliare congelato, che potrebbe invece rappresentare una risorsa strategica per contrastare la crisi abitativa attraverso politiche fiscali mirate e incentivi alla locazione o alla ristrutturazione.
Dov’è il social housing?
@francescobeggio Uno dei migliori esempi di edilizia residenziale pubblica ben funzionante di tutta Europa. Wohnpark Alt-Erlaa, Vienna Il complesso è facilmente raggiungibile in metro, si trova appena fuori la fermata omonima della linea U6. Il progetto risale al 1968 mentre l’effettiva realizzazione dei tre blocchi di cemento che costituiscono il complesso fu compresa tra il 1973 e il 1985. Si trattò di un’opera realizzata da un consorzio di architetti e di proprietà dell’impresa di costruzioni GESIBA. Il Wohpark Alt-Erlaa conta 3180 appartamenti, ciascuno dotato di balcone o loggia, distribuiti all’interno di edifici di 27 piani alti 85 metri. All’interno dei suddetti appartamenti vivono circa 11.000 persone. Oltre alle residenze il complesso multifunzionale vanta una moltitudine di altri servizi, come ad esempio tre scuole, una biblioteca, una palestra, un centro commerciale, una chiesa, bar e ristoranti, piscine indoor e outdoor e molto altro. Stiamo parlando di una città dentro la città. Anche dal punto di vista architettonico le torri di Alt-Erlaa sono molto affascinanti. Presentano questo design retrofuturistico/brutalista che sembra quasi ispirato alla fantascienza e che produce nell’osservatore un senso di nostalgia. #alterlaa #wohnparkalterlaa #publichousing #councilhouse #councilhousing #architecture #residentialconstruction #residentialarchitecture #retrofuturistic #brutalism #brutalistarchitecture #modernarchitecture #architecture_hunter #architecturephotography #architecturelovers #architettura #architetturaresidenziale #casepopolari #architetturamoderna #architettura_900 #vienna #vienna_austria #viennaarchitecture #viennagram original sound - AntiNightcore
Il confronto europeo diventa ancora più impietoso quando si guarda all’edilizia sociale. In Francia, gli alloggi pubblici o convenzionati coprono l’11,7% dello stock abitativo; in Germania la quota è intorno al 2,5%, ma su un mercato dell’affitto molto più dinamico e accessibile. In Italia, invece, l’edilizia residenziale pubblica (ERP) rappresenta appena il 2,6% del totale e meno del 20% del mercato delle locazioni.
Il rapporto censisce circa 781mila alloggi ERP, di cui 334mila concentrati nelle 14 città metropolitane. Roma e Milano detengono insieme oltre 130mila unità, seguite da Napoli, Torino e Palermo. Ma il problema non è solo la scarsità: il tasso di ricambio è minimo, con circa 16mila assegnazioni l’anno, appena il 2% dello stock disponibile. In pratica, le case popolari si muovono a rallentatore in un mercato sempre più competitivo, dove la domanda cresce mentre l’offerta pubblica rimane ferma da decenni.
Milano come specchio d’Italia
I dati vanno a ricordare l’emblematico caso del quartiere San Siro di Milano, dove il social housing promesso è andato nelle mani di uffici e alloggi per famiglie con Isee tra i 10 e i 40mila euro. Una scelta che, secondo i sindacati, snatura il progetto, spostandolo più verso il social housing che verso l’edilizia popolare vera e propria. Similmente, alla recente apertura del villaggio olimpico allo Scalo di Porta Romana, i vertici dietro al progetto hanno comunicato che, una volta trasformato in studentato, i canoni costeranno in media sui 850 euro al mese, mentre le tariffe agevolate vedranno un prezzo di 592 euro al mese. Canoni tutt’altro in linea con il concetto di social housing e che continueranno ad aumentare la crisi abitativa della città.
Davanti a questa situazione, diventa sempre più evidente che il problema non è solo quantitativo, ma culturale e politico. L’Italia continua a pensare la casa come un bene da tramandare, non da abitare, come un investimento statico piuttosto che come una risorsa sociale. Nel frattempo, le grandi città si svuotano di residenti e si riempiono di studenti e lavoratori precari costretti a rincorrere affitti insostenibili o soluzioni temporanee. Senza un cambio di paradigma, che passi da politiche abitative moderne, incentivi alla ristrutturazione e un reale piano di housing accessibile, il Paese rischia di restare prigioniero della propria idea di stabilità.














































