Adesso Kering ha anche problemi di debito Il gruppo Pinault è alle prese con crescenti pressioni legate alla sua strategia di espansione
Il secondo più grande conglomerato del lusso al mondo, il Gruppo Kering, guidato dal miliardario François-Henri Pinault, sta avendo problemi anche al di fuori dei propri risultati trimestrali. Come infatti riporta BoF, il gruppo si trova in mezzo a una crisi finanziaria innescata da una strategia aggressiva di acquisizioni che era stata messa in atto per ridurre la dipendenza del gruppo dal suo marchio di punta, Gucci. Il problema è che, al di là di vendite e utili, è il crescente peso del debito di Kering che sta diventando un ostacolo critico alla competitività del gruppo. Secondo BoF, infatti, le azioni di Kering sono diminuite di circa il 60% negli ultimi due anni, in un contesto di crescente preoccupazione degli investitori. A queste difficoltà si sono anche aggiunte le minacce tariffarie statunitensi che hanno creato una “tempesta perfetta” mettendo Kering in una posizione svantaggiata in un mercato del lusso altamente competitivo, dominato da colossi finanziariamente più solidi come LVMH, Hermès e Chanel – che, nonostante la propria stazza, stanno comunque affrontando le proprie difficoltà. La holding familiare di Pinault, Artemis, che controlla Kering e detiene anche partecipazioni in Puma, è anch’essa fortemente indebitata. Artemis dovrà infatti effettuare un pagamento in contanti di circa 500 milioni di euro a seguito della scadenza di una obbligazione convertibile, dovuto alla scarsa performance azionaria di Puma.
L’elevato indebitamento di Artemis aggiunge pressione finanziaria anche su Kering, dato che le due entità hanno vincoli finanziari interconnessi. Nel frattempo, il debito netto di Kering è cresciuto fino a 10,5 miliardi di euro a fine 2024 - un aumento enorme rispetto a livelli quasi nulli nel 2021 e pari a circa la metà della capitalizzazione di mercato attuale dell’azienda. Un debito alimentato da una serie di acquisizioni e investimenti, tra cui l’acquisizione in contanti nel 2023 di Creed per 3,5 miliardi di euro e di una partecipazione del 30% in Valentino per circa 1,8 miliardi di euro. Tutti investimenti fatti in un momento in cui il mercato del lusso mostrava già segni di rallentamento, in particolare per Gucci che aveva già perso slancio dopo la pandemia. E come se non bastasse, oltre alle acquisizioni, Kering ha speso quasi 4 miliardi di euro in immobili di prestigio negli ultimi due anni, includendo negozi flagship su Fifth Avenue a New York e ma anche a Milano e Parigi. Fonti citate da BoF indicano che Kering ha pagato molto per assicurarsi queste location per asserire la propria presenza fisica sul mercato.
@keringgroup Kering unveils @balenciaga’s Winter 25 collection. This collection is based on a study of standard dress codes, and what it takes to twist standard fits and garments into a fashion context, featuring select pieces in faux fur. Focused on a sociological observation of the wardrobe underpinned by dressmaking principles and a pursuit of the golden ratio—an exercise in rigour, a challenge, a defining and a rethinking of standards. #Balenciaga son original - Kering
Adesso un’ulteriore fonte di incertezza è l’obbligo contrattuale di Kering di acquisire la totalità di Valentino entro il 2028 da Mayhoola – contratto secondo le cui clausole Kering potrebbe essere costretta a comprare il restante 70% già nel maggio 2026 sborsando fino a 4 miliardi di euro. Kering ha dichiarato di essere fiduciosa nella capacità di finanziare l’eventuale acquisizione anticipata riducendo i costi, con chiusure di negozi e tagli al personale, e pagando una parte con fino a tre milioni di azioni Kering, equivalenti a circa il 2,4% del capitale. Ma Mayhoola vedrebbe favorevolmente una partecipazione in Kering come parte della propria strategia di espansione, anche se il valore di mercato attuale delle azioni di Kering permetterebbe di coprire solo una parte del prezzo complessivo. Il problema è che il flusso di cassa libero dell’azienda non ha tenuto il passo con questi investimenti. Nel 2024, il free cash flow è sceso di quasi il 30%, attestandosi a 1,4 miliardi di euro. Per alleviare la pressione sulla liquidità, Kering ha annunciato l’intenzione di vendere alcune quote di questi immobili, con l’obiettivo di liberare circa 2 miliardi di euro entro il 2026. Le prime vendite, però, hanno registrato perdite: per esempio, la cessione di una quota del 60% in tre immobili parigini ha comportato una svalutazione di 100 milioni di euro, segnalando che tali asset potrebbero essere venduti a un prezzo inferiore al valore di libro.
This show is a good sign for Gucci. I’m seeing an actual identity in the clothing which has been missing for a very long time. I like the way the Gucci team celebrated Florence. pic.twitter.com/XroLnSFd2d
— Ọdúnayọ̀ (Ayọ̀) Òjó (@fashionroadman) May 15, 2025
I parametri di indebitamento di Kering evidenziano ulteriormente la vulnerabilità dell’azienda. Standard & Poor’s ha riferito che il rapporto debito netto rettificato su EBITDA, che include anche le passività da leasing, era pari a 3,8 volte a fine 2024. Gli analisti di UBS stimano che il leverage possa arrivare a 4,1 volte entro fine 2025. Superare un rapporto di quattro volte aumenta sensibilmente il rischio di un declassamento del rating, un’eventualità che gli obbligazionisti avvertono potrebbe peggiorare i costi di finanziamento e la flessibilità operativa di Kering. Parallelamente a Kering, Artemis ha replicato la stessa strategia acquisitiva, acquistando una quota del 53% nella agenzia di talenti di Hollywood Creative Artists Agency (CAA) per circa 3,5 miliardi di euro. Questa operazione, unita all’indebitamento di Kering, ha fatto salire il debito netto di Artemis a 20,2 miliardi di euro a fine 2023, più del doppio rispetto all’anno precedente. Secondo Eric Pichet, professore di economia alla Kedge Business School di Francia intervistato da BoF, il gruppo si trova davvero in una tempesta perfetta di problemi, con vendite e profitti in calo e tassi di interesse in aumento che limitano le possibilità di rinegoziare il debito. La politica dei dividendi, che storicamente prevede la distribuzione di almeno la metà del reddito netto agli azionisti, potrebbe essere messa in discussione per preservare liquidità, ma un taglio ai dividendi peggiorerebbe la situazione finanziaria di Artemis, aumentando i rischi. Speriamo che la prevista ripresa delle vendite di metà anno possa alleviare i problemi del gruppo.