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Per Demna il Met Gala è “cringe” Il designer l’ha dichiarato alla soirée annuale del LACMA Art + Film Gala

«Non è come il Met Gala: questa serata è di gran lunga più elegante», ha dichiarato Demna al New York Times, riferendosi al gala annuale del Los Angeles County Museum of Art, organizzato in collaborazione con Gucci. Una partnership che va avanti dal 2011 e che, anno dopo anno (e direttore creativo dopo direttore creativo) continua a mettere in luce il legame tra arte, moda e industria cinematografica.

Nonostante negli anni il designer georgiano abbia vissuto momenti ultravirali durante la serata che si tiene il primo lunedì di maggio (basti pensare al piumino dark di Rihanna o all’ensemble coprente di Kim Kardashian), secondo le sue dichiarazioni al NYT oggi il Met Gala è diventato fortemente «cringe» e spera che il suo sia un sentimento condiviso. E come dargli torto, se si pensa che quello che una volta era considerato il “Super Bowl della moda” è ormai percepito come una «snooze fest», come direbbero sui social. Soprattutto nelle ultime edizioni, le scelte tematiche di Anna Wintour sembrano voler lanciare messaggi politici di circostanza, superficiali e concepiti solo per trattenere quel poco di rilevanza culturale rimasta.

Il Met Gala non è più rilevante?

A ben vedere, il declino del Met Gala era già iniziato nel 2021, quando, dopo due edizioni di enorme successo (Camp: Notes on Fashion nel 2019 e Heavenly Bodies nel 2018), l’evento tornò con una doppia edizione, a causa del Covid-19, dedicata agli Stati Uniti. Il momento storico, però, non era dei migliori: il gala si svolgeva a poco più di un anno dall’apice delle proteste del Black Lives Matter, e la prima parte, In America: A Lexicon of Fashion, fu organizzata pochi mesi dopo le insurrezioni dell’estrema destra seguite alla sconfitta di Trump alle elezioni del 2020.

Da allora, l’evento non è più riuscito a riconquistare la propria centralità culturale. Basti pensare alle ultime due edizioni, svoltesi entrambe durante il genocidio in Palestina, che hanno suscitato una risonanza pubblica minima. Nel 2024, l’evento è stato perfino al centro della campagna social #Blockout2024, che invitava gli utenti a silenziare o bloccare le star presenti come gesto di protesta contro l’indifferenza del mondo dello spettacolo. Le immagini hanno finito per trasformarsi in un contrasto grottesco con l’attualità, alimentando paragoni con The Hunger Games, dove un’élite festeggia mentre il resto del mondo affronta povertà, inflazione e guerra.

Il successo del LACMA Art + Film Gala

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Seppur nato come evento di beneficenza per il Metropolitan Museum of Art di New York, oggi il Met Gala è diventato una celebrazione autoreferenziale e a tratti narcisistica dell’intero sistema moda, sempre più concentrato sul proprio riflesso che sulla causa culturale che dovrebbe sostenere. Al contrario, il LACMA Art + Film Gala sembra incarnare un’idea diversa di glamour: più rilassata, più “cool”, meno performativa e, soprattutto, ancora radicata nella missione del museo e nella città che la ospita.

Anche la lista degli invitati sottolinea la distanza tra i due eventi: a Los Angeles c’erano le nuove it-girl per eccellenza, da Alex Consani a Odessa A’zion, Nadia Lee Cohen, Adéla e Lorde,  insieme all’intero cast di The Tiger e tanti altri. Al contrario, a New York si vedono ormai sempre le stesse facce, con l’aggiunta di qualche idol k-pop o influencer di turno scelto solo per gonfiare la percezione dell’evento sui social.

L’edizione del LACMA di quest’anno, ad esempio, ha reso omaggio all’artista Mary Corse e al regista Ryan Coogler, mente dietro film come Sinners, Black Panther e Creed, con l’obiettivo di celebrare il legame tra cinema e arti visive più che quello tra lusso e immagine. A dimostrare che la missione rimane concreta, la serata ha raccolto oltre 6,5 milioni di dollari, una cifra record che servirà a finanziare il programma Art+Film, nato per approfondire i rapporti tra le discipline visive e audiovisive attraverso mostre, residenze e progetti educativi. Secondo il New York Times, perfino l’atmosfera sembrava diversa: nonostante il dress code richiedesse un “black tie”, Demna è arrivato con il suo signature look fatto di pantaloni larghi, giacca in pelle e occhiali sottili. Chissà se Gucci sarà presente il prossimo maggio sulle scale del Met.

La nuova strategia di Kering

Al di là dell’eleganza della serata, la presenza di Gucci al LACMA Gala arriva in un momento delicato per la sua casa madre, Kering. Un po’ come nel caso di LVMH, anche i risultati finanziari per il terzo trimestre mostrano segnali di un miglioramento, o meglio, di una situazione “meno peggiore” che realmente positiva. Le vendite organiche del gruppo sono diminuite del 14% nel trimestre concluso il 30 settembre, un calo che, sebbene significativo, ha superato le previsioni degli analisti che stimavano un -16%. I ricavi totali si sono attestati a 3,42 miliardi di euro, in flessione del 5% ma comunque leggermente superiori alle proiezioni di mercato di 3,31 miliardi. Anche la flessione organica del 15%, più contenuta del previsto, rappresenta un progresso lento ma costante per il secondo gruppo del lusso al mondo.

Insediatosi ufficialmente il 15 settembre, il nuovo CEO Luca de Meo ha ribadito la propria determinazione nel guidare il piano di rilancio del gruppo, definendo i risultati del terzo trimestre «un passo avanti, ma ancora insufficiente». Al centro della visione di de Meo c’è un cambiamento profondo nel funzionamento stesso del lusso: ridurre la dipendenza dei brand dai direttori creativi e orientare le strategie verso un approccio basato sui dati e sull’analisi del mercato. Il piano prevede di limitare l’influenza dei direttori creativi al 20% dei prodotti più iconici di ogni collezione, un approccio forse spiazzante per i puristi, ma che tutela l’heritage dei brand dalle oscillazioni del mercato e dal turnover creativo, consolidando la centralità delle collezioni continuative nel nuovo paradigma del lusso.

In fondo, le parole di Demna sull’eleganza al posto dello spettacolo risuonano ben oltre i red carpet. Raccontano un cambiamento più profondo nell’industria, dove gli eccessi della vecchia moda lasciano spazio a un’era più silenziosa e pragmatica, la stessa su cui Kering sta puntando per ricostruire il proprio futuro.