A Guide to All Creative Directors

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"I peccatori" è strano, sgangherato e soprattutto pieno di coraggio

Ryan Coogler scrive e dirige un’opera insolita tra mainstream e cinema d’autore

I peccatori è strano, sgangherato e soprattutto pieno di coraggio Ryan Coogler scrive e dirige un’opera insolita tra mainstream e cinema d’autore

Siamo abituati ad un cinema che ci dice tutto. Lo siamo perché c’è stata la televisione che ci dice tutto, a cui sono andate ad aggiungersi le piattaforme in cui ci viene detto tutto. Non c’è nulla che la scampi. Ogni nome, storia, relazione, ogni cosa deve passare al vaglio della comprensione e della chiarezza e solo dopo può arrivare al pubblico. Racconti semplici, intrecci facili, personaggi riconoscibili. Situazioni e parentele che vengono più e più volte spiegate così da non lasciare indietro lo spettatore, che sia quello del cinema occasionale che si ritrova a vedere il ventesimo film Marvel senza aver magari visionato i precedenti o della serie a casa che si mette in sottofondo mentre si sistemano i panni o si prepara la cena. La facilità è ciò che viene richiesta al giorno d’oggi e spesso il risultato è un’avventura senza una vera avventura in stile Un film Minecraft. In un panorama in cui vige una certa pigrizia, nella confezione quanto nel contenuto, Ryan Coogler propone un prodotto insolito che si trova esattamente nel mezzo, nel sentiero liminale tra mainstream e autore in cui va cercando posto il suo I peccatori. Come i demoni di cui il racconto mette a conoscenza fin dal principio: mossi da melodie piene di fuoco e talento, le creature malefiche sono condotte e attirate da coloro che riproducono simili note trovando un’infinita fonte di estasi e piacere.

@warnerbrosph

New Trailer Alert: Dance with the devil and he’ll follow you home. #SinnersMovie - Only in cinemas March. #ComingSoon #WhatToWatch

original sound - warnerbrosph

È solamente questo che Coogler, regista e sceneggiatore che va dalle terre del Wakanda di Black Panther alla ripresa di saghe rivisitate con Creed, ci racconta delle entità che incontreremo all’interno del suo film. E non serve nient’altro per addentrarsi nell’affascinante mistero di fronte a cui pone I peccatori, inusuale e strano nella costellazione dei lungometraggi che cercano una propria identità mentre non disprezzano l’attenzione del largo pubblico. Eppure non cerca di accontentare lo spettatore nemmeno una volta, anzi, lo invita ad unirsi alla serata più lunga della vita del protagonista Sammie Moore, interpretato dal giovane Miles Caton, e dei suoi cugini e gemelli Smoke e Stack, entrambi interpretati dall’attore feticcio di Coogler, il Michael B. Jordan che lo segue dai tempi del suo debutto Prossima fermata Fruitvale Station nel 2013. Ambientato nel 1932, dove il blues era una cosa seria, I peccatori narra della notte in cui i fratelli criminali tornano nella loro terra natale per mettere su un locale per le persone di colore della comunità. Ci sono birre da Chicago, cibo a volontà e la migliore musica che si potrebbe mai sperare. Il film è una parentesi che va dal ritorno di Smoke e Stack fino al mattino seguente, che tirerà le sorti della loro esistenza dove il confine tra chi è colui che pecca o meno si fa ad ogni minuto sempre più labile, tra il cedimento ai piaceri della vita dall’alcol al sesso fino ad una dimensione più mistica e leggendaria che nella pellicola viene rappresentata dalla figura dei vampiri

Così Coogler realizza il suo Dal tramonto all’alba e ci mette dentro un cinema che non vuole rinunciare proprio a nulla. Ci racconta del trascorso dei suoi protagonisti e come sono arrivati fino a quel granaio diventato un locale notturno, arricchisce il loro ritorno con incontri indissolubili destinati a rivivere ancora e ancora una volta, ci mostra la potenza della musica, la quale ha una carica talmente sovrannaturale da poter attrarre anche i non-morti. Tra radici storiche e senso di aggregazione, tra l’arte che squarcia pareti temporali e un razzismo che viene vendicato con sangue e rabbia, I peccatori è tutto e il suo esatto contrario. È una pagina di storia, ma non è mai esistita. È un film sulla redenzione e il riscatto dei gemelli di Jordan col loro continuo trasgredire. Di sicuro è un’operazione sulla musica, sulle sue infinite possibilità, su quanto travalichi lo spazio-tempo. E chissà se ci riuscirà una pellicola come quella di Ryan Coogler, che si staglia come un unicum nella grande lavagna del cinema contemporaneo, in cui fatica a trovare la sua posizione. Così inaspettata, irruente, sgangherata. Impossibile e improbabile al punto giusto. Che trasuda magniloquenza ad ogni inquadratura, talmente in eccesso da avere quasi difficoltà ad incollare adeguatamente sequenza dopo sequenza.

Con la colonna sonora che è il tripudio del racconto stesso e che accompagna e stride, racconta ciò che vediamo nelle immagini, ma a volte persino il suo opposto; vaga da sola, indipendente dalle scene che il regista e sceneggiatore assembla, per una collaborazione tra Coogler e Ludwig Göransson che non solo è felice, ma è piena di fiducia e intraprendenza. In cui il compositore diventa talvolta regista stesso. Un tappeto sonoro che è l’equivalente della stramberia rigorosa eppure smaniosa de I peccatori, che è una corsa sfrenata senza possibilità di arrestarsi e in cui si assume il rischio di andare a sbattere e sfracellarsi. Ma ce ne fosse di più di coraggio così. Si avesse più voglia di buttarsi senza reti. Ryan Coogler e i suoi personaggi-talenti del blues-vampiri lo fa. E il risultato è originale, indiscutibilmente sorprendente e a tratti tra il confuso e l’eccitante. È una vampata di calore che trascina dentro le braccia del diavolo, dritto fino all’inferno.