A Guide to All Creative Directors

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L’utopia della collezione Resort 2026 di The Row

Come il brand sta ripensando il sistema delle insta-sfilate

L’utopia della collezione Resort 2026 di The Row Come il brand sta ripensando il sistema delle insta-sfilate

Che vi piaccia o meno—e non parliamo di trend o di quiet luxury—la scelta di The Row di vietare le foto agli invitati durante le sfilate, fornendo loro solo un taccuino per annotare dettagli e i numeri delle uscite, è sì una strategia ma, al tempo stesso, un invito a riflettere su cosa siano diventate le settimane della moda e su quanto ci interessino davvero i capi. Nell’epoca degli Instagram brand, The Row solleva una questione cruciale: come dovremmo vivere le fashion week? La risposta è non solo come eventi mondani — elemento cardine nelle convenzioni dell’industria creativa — ma, soprattutto, come momenti in cui gli abiti tornano al centro del discorso. Abbiamo già parlato, in diverse occasioni, sia degli elementi iconici che hanno posizionato il marchio newyorkese, fondato nel 2006 dalle gemelle Mary-Kate e Ashley Olsen, volato rapidamente tra l’olimpo delle realtà più chiacchierate degli ultimi dieci anni, sia dei pareri contrastanti generati dalle loro scelta radicali di presentazione. Prima di concentrarci su l'ultima sfilata Resort 2026, è utile sottolineare alcuni elementi che evidenziano come queste scelte siano una riproposizione di dinamiche tipiche degli albori del sistema dell’alta moda francese, per quanto riguarda le presentazioni e  per gli spazi di vendita. 

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Se torniamo indietro di un secolo, le presentazioni dei couturier si svolgevano in atmosfere ricercate e intime, simili a quelle volute dal team di The Row, in salotti con pochi invitati, dove si usavano carta e penna per annotare dettagli e numeri delle uscite. Questo permetteva alla stampa di identificare i capi e illustrare i manufatti, poiché, sebbene esistessero le macchine fotografiche, queste non erano ancora abbastanza rapide e maneggevoli come i telefoni di oggi. L’unico modo per registrare rapidamente i look era tramite schizzi veloci realizzati dai disegnatori, e attraverso minuziosissime descrizioni. Anche le scelte di retail evocano le tattiche visionarie del secolo scorso, quando l'abbigliamento diventa solo uno dei tanti ambiti espressivi di un progettista. Un esempio emblematico è la casa-showroom di Paul Poiret, concepita anche come luogo di eventi e balli, progettata nel 1922 dall'architetto modernista Robert Mallet-Stevens a 40 km da Parigi. Allo stesso modo, nel 2016, The Row, in collaborazione con Montalba Architects, ha vinto l'American Architecture Award per la sua casa-showroom a Los Angeles, un progetto che incarna lo stesso spirito modernista. Queste scelte, seppur apparentemente naive, ci raccontano di come le colte gemelle vogliano innalzare il proprio lavoro e sottolineare una conoscenza storica che può solamente giovare ad un marchio e ad un duo di designer che ha sempre fatto di tutto per scrollarsi da dosso l’immagine di attrici teen hollywoodiane.

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Tornando a noi, come accade prima di entrare al Berghain di Berlino, l’imposizione di non poter utilizzare il telefono e quindi non poter scattare immagini da postare immediatamente sui social è ormai una costante delle sfilate di Parigine di The Row. Lo scorso 5 marzo, è andata in scena la loro ultima presentazione per la Resort 2026. Le silhouette richiamavano alcuni pionieri di un minimalismo d’avanguardia che si muove tra la fine degli Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, la referenza ad iconici assemble di Martin Margiela sono visibili, come la scelta dei capelli che coprono il viso, le spalle e le gonne al ginocchio. Il continuo lavoro sul layering, costante del brand, rappresenta corpi che non vogliono essere visti ma vogliono essere immaginati. Le scelte dei materiali nobili, come il cashmere, sono sempre impeccabili. Le foto rilasciate pur avendo una patina vintage fanno comunque emergere l’altissima qualità nelle scelte materiche. L’assenza delle scarpe e i pochissimi accessori sono un ennesimo statement di chi sa abilmente, e con disinvoltura, volgere a proprio favore una situazione, quasi a dire che se tutti i brand fanno margni con i tantissimi accessori, noi possiamo anche ridurli per una stagione. 

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Ma la cosa che su tutte merita una riflessione è la scelta di cancellare le gerarchie tipiche delle sedute per la presentazione, che simboleggiano da sempre il come viene gestito e mostrato il potere all’interno del mondo della moda. In questo show se si faceva tardi si era costretti a rimanere in piedi, a sedersi per terra, o a ricavare uno spazio tra le persone per poter assistere. Annullando la convenzione che vede le figure con importanti posizioni ed ampia rilevanza comunicativa in prima fila su sedie comode e ampia visibilità e gli altri in seconda o addirittura in standing. Ecco, questo è uno di quei gesti che fa riflettere e sottolinea l’intelligenza e l’ironia nascosta dietro questa realtà. Sbirciando tra i volti sfocati che si vedono sullo sfondo delle foto rilasciate dalla maison si vedono addirittura Imran Amed, Ceo e fondatore di Business of Fashion, in piedi con le spalle attaccate al muro, probabilmente in ritardo, e Cathy Horyn seduta con le braccia conserte strette a sé circondata da persone sedute a terra ed altre quasi stese su un divano. Il messaggio che emerge è quello di un ritorno a un'attenzione per gli oggetti. E anche il canale instagram delle gemelle non si conforma alla retorica di un brand di moda tradizionale. Qui, più che promesse di visibilità e di fama, si respira una ricerca di sostanza: intelligenza, materiali, silhouette. La comunicazione si fa progetto, si intreccia con la forma stessa degli abiti, e benché siamo consapevoli che dietro ci sia una scelta strategica, c'è qualcosa di prezioso in questo attivismo e, paradossalmente, è proprio grazie a due celebrità che siamo invitati a tornare a riflettere su questi temi.