
5 cose che abbiamo amato dello show Chanel Métiers d'Art 2026 La visione di Matthieu Blazy prende forma a New York e migliora di look in look
Lo show Chanel Métiers d'Art 2026 presentato ieri a New York, la seconda collezione disegnata da Matthieu Blazy per il brand, è stato uno stupendo passo avanti dopo il faraonico show dei pianeti che aveva chiuso l’ultima Paris Fashion Week. Le collezioni Métiers d'Art sono estremamente specifiche nell’universo Chanel e si potrebbe dire che sopra di loro si trovano solo le collezioni di Haute Couture. In effetti, dopo il ready-to-wear e quella presentata ieri, a Blazy manca solo il terzo e ultimo passo della Couture per consolidare il nuovo corso che ha impostato per il brand.
E se il primissimo show di debutto parigino aveva chiarito in modo abbastanza definitivo quale fosse la direzione o comunque la visione stabilita da Blazy, la collezione vista ieri ha visto quella visione iniziale trovare un più ampio respiro, e persino una benefica leggerezza. Dopo il ri-centramento del brand post-Lagerfeld e post-Viard, è bello vedere un brand come Chanel esplorare le proprie possibilità ed espandere la sua identità.
Ecco 5 cose che abbiamo amato dello show Chanel Métiers d'Art 2026.
1. C come Camp
Chanel è da sempre un bastione del bon-ton francese, ma durante la lunghissima era di Karl Lagerfeld il brand aveva rivelato un’anima pop, auto-ironica e sempre divertente che si sposava benissimo con l’elevatezza del suo savoir-faire e in generale il DNA molto elegante della Maison. Negli ultimi anni era stato proprio quest’anima bon-chic-bon-genre a prevalere, mentre era venuta meno l’ironia e in certi casi la divertente eccentricità di cui il brand era capace.
Ieri abbiamo visto un ritorno di questa garbata campiness: un profluvio di giacche e abiti leopardati, la maglietta I Love New York abbinata al classico completo di tweed, teatrali boa di piume, un look di giacca e camicia sotto il quale si vedeva un maglione che citava il costume di Superman, Alex Consani in completo gessato e fedora come un gangster del proibizionismo, un completo interamente ricoperto di immagini di cagnolini e un altro di coccinelle, scarpe bicolore sulla cui tomaia apparivano occhi da cartone animato. Tutti segni di un ironico autocompiacimento che hanno sdrammatizzato la sostenutezza del savoire-faire tipico di Chanel.
2. Il menswear è negli occhi di chi guarda
Sia il presidente Bruno Pavlovsky che Blazy stesso lo hanno ripetuto mille volte: Chanel produce moda femminile, ma molti dei prodotti possono essere indossati anche da uomini. «Siamo un marchio femminile, ma siamo felici di offrire alcuni prodotti anche agli uomini. È una scelta ovvia», ha detto proprio Pavlovsky al South China Morning Post l’altro ieri. E ovviamente era impossibile non notare la presenza di A$AP Rocky, nuovo ambassador del brand, protagonista della video-campagna insieme a Margaret Qualley.
Rocky è il discendente di una lunga linea di ambassador Chanel maschili: da Pharrell a Baptiste Giabiconi, passando per Brad Pitt e Thimothée Chalamet. Ieri, non ci sono stati in passerella completi maschili ma c’erano completi che gli uomini potevano indossare. I completi sartoriali di Alex Consani e il già citato look di giacca e camicia con il maglione blu lo erano, ma in passerella un uomo c’era, Yura Romaniuk, che ha indossato un completo da sera per il penultimo look.
Romaniuk è forse il prossimo top model di cui sentiremo parlare nel 2026: ha debuttato con lo show SS23 di Miu Miu e nel corso della sua carriera ha perfettamente cancellato ogni distinzione tra menswear e womanswear sfilando indifferentemente per entrambe le categorie. Attulamente, a scanso di equivoci, risulta che i pronomi da lui usati siano he/him. La presenza di Romaniuk conferma l’apertura che il brand sta mostrando verso il mercato maschile senza però tradire le sue radici originarie.
3. L’anima informale di Chanel
Si parla spesso di abiti indossabili. Ed è chiaro che le famose giacche di tweed e i lunghi abiti da sera lo sono, ma per le grandi occasioni. L’intero show però ha portato una grandissima enfasi sul denim, che non era mai semplice denim (la collezione si chiama Métiers d'Art per un motivo) ma ponendo una grande enfasi sul vibe quotidiano, cittadino e spensierato del vestiario che si indossa per uscire informalmente.
In questo senso il primo look d’apertura è stato simbolico: una quarter-zip beige, jeans, perle e ovviamente una borsa con catena. Ma il dettaglio più saliente era la classica giacca di tweed Chanel che non era indossata ma gettata con una certa noncuranza sulla borsa. Come a dire che in questa nuova fase del brand i classici rimangono classici, ma anche la comodità vuole la sua parte. Chanel per ogni giorno, ogni giorno per Chanel.
4. Tocchi rossi
Più che un tratto proprio della Maison, questa è un’interessante interpretazione di un trend sotterraneo emerso quest’inverno che vuole tocchi di rosso acceso (di solito in certi accessori, o dettagli di un look) che lampeggiano da ensemble altrimenti scuri o comunque dalle palette neutre. Qui ce ne sono stati davvero molti: guanti, manicotti di pelliccia, scarpe e cinte di tessuto avvolte intorno ai fianchi.
Escludendo i look che non facevano del rosso un dettaglio (ce ne sono stati diversi, incluso un abito ingioiellato che andava dal rosso al bianco in un delicato gradiente di colore) sono apparsi anche pezzi di abbigliamento in quel colore in look più scuri: una camicia bordeaux, un dolcevita che emergeva da un trench di pelle e, ovviamente, un abito di paillettes lucide quasi ricoperto da una lussureggiante pelliccia nera.
5. In nome di Babe Paley
Se abbiamo avuto look eccentrici ma anche visto un nuovo tipo di ragazza Chanel apparire sulla scena, con look di denim sicuramente più chill, Blazy ha portato in passerella anche un altro genere di personaggio, certamente ispirato alle celebri Ladies Who Lunch, o ai famosi “Cigni” di Truman Capote e specialmente la leggendaria Babe Paley che poteva incontrare al La Côte Basque e o nel nightclub El Morocco insieme a Slim Keith nei gloriosi anni ’60.
Babe Paley era amica personale di Coco Chanel negli anni ’50 e quando morì, nel ’78, vennero trovati nel suo armadio non meno di 78 completi di Chanel, per non parlare delle borse (la sua preferita era la 2.55 Bag, comprata in decine di modelli da collezione) oltre che a fiumi di gioielli. Un look un po’ anni ’60 da socialite newyorchese apparso in una serie di look vivaci e maliziosi, oltre che tremendamente chic.
Takeaways
- Lo show Chanel Métiers d’Art 2026 a New York, seconda collezione di Matthieu Blazy per la maison, rappresenta un passo deciso in avanti e riporta in auge l’ironia giocosa e camp che si era un po’ persa negli ultimi anni.
- Blazy recupera lo spirito pop e autoironico dell’era Lagerfeld con stampe leopardate, dettagli cartoon, magliette “I Love New York” abbinate al tweed, boa di piume e citazioni di Superman, dimostrando che Chanel può essere contemporaneamente altissima e divertente.
- La collezione sfuma i confini di genere senza lanciare una linea maschile: i capi sono indossabili anche dagli uomini (A$AP Rocky nuovo ambassador) e il modello androgino Yura Romaniuk (pronomi he/him) sfila in passerella, confermando l’approccio gender-fluid della maison.
- Emerge con forza un’anima casual e quotidiana grazie a denim trattati in modo lussuoso e styling rilassato; il look d’apertura con la giacca di tweed buttata sulla borsa annuncia che il comfort ora fa parte del vocabolario Chanel.
- Diversi alludono allo stile anni '60 dei “Cigni” di Truman Capote, soprattutto a Babe Paley, amica personale di Coco Chanel, riportando in vita l’eleganza maliziosa e ultra-chic delle socialite newyorkesi anni ’60.














































































