FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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Perché tutti i brand più importanti vogliono sfilare in America? Louis Vuitton, Dior, Chanel, Gucci e Moncler scommettono sul lusso a stelle e strisce

Il pattern è impossibile da non notare: Chanel porterà domani il suo show Métiers d'Art 2026 a New York, Moncler presenterà ad Aspen la sua collezione FW26, Gucci e Louis Vuitton ambienteranno i propri show Cruise a New York il prossimo maggio, mentre Dior sfilerà a Los Angeles nello stesso mese. Una cocentrazione di show che ci fa domandare perché tutti i big player del lusso commerciale vogliano sfilare in America?

Nel lungo e complicato gioco a scacchi che i brand stanno giocando per conquistarsi fette sempre più ampie di mercato, mentre l’essenziale spesa cinese tarda a riprendersi, gli Stati Uniti sono il porto più sicuro al mondo per le vendite del lusso. Ma come mai?

Il sogno americano continua, nonostante tutto

Volendo dare uno sguardo ai recenti risultati finanziari dei più grandi brand e gruppi, specialmente nella sezione in cui la crescita è divisa per paesi, si nota che mentre la Cina risulta ancora un mercato in perdita e l’Europa registra vendite stagnanti, il mercato americano mostra ancora grinta. Secondo Altagamma, ad esempio, il lusso in Nord America dovrebbe crescere singolarmente del 5,5% nel 2026, seguito a ruota dal Medio Oriente, mentre l’Asia e l’Europa dovrebbero avere tassi di crescita inferiori e dunque più trascurabili.

L’America è l’unico tra i mercati dove, negli ultimi mesi, sia LVMH che Kering hanno visto una crescita del +3% a fronte di vendite asiatiche ancora con segno negativo e performance a linea piatta in Europa. Volendo analizzare anche altri brand e gruppi, vedremmo che le vendite di Hermès sono salite del 14,4% negli USA, che Zegna e Prada sono cresciuti rispettivamente dell’8,2% e del 15% nella prima metà dell’anno e che persino Ferragamo, che in questi anni ha avuto qualche difficoltà finanziaria, ha visto le proprie vendite crescere del 15,5% in Nord America negli ultimi tre mesi.

Più città, più cittadini, più soldi

@nashvillexp Hèrmes is officially open in Nashville! The new location in the Wedgewood Houston neighborhood is the luxury good chain’s 43rd US location 510 Houston St. #Nashville #615 #Hermes #Fashion original sound - Nashville Experience

Come faceva notare WWD, il prodotto interno lordo pro capite americano è il doppio di quello francese. Un aspetto che i brand hanno sicuramente tenuto in conto nella propria espansione retail: nel 2025 ci sono state più aperture di boutique di lusso in USA che mesi nell’anno. Quindici totali finora, il 40% delle quali a New York, il 27% a Los Angeles più una serie di altre in aeree finora periferiche che disegnano una nuova idrografia dei consumi, con fiumi di dollari che scorrono a Miami, dove Manolo Blahnik, Fendi e Retrofête hanno tutti aperto nuovi store; e poi a Chicago, dove ha aperto Bottega Veneta; e infine a Nashville e Scottsdale, rispettivamente in Tennessee e Arizona, dove Hermès ha aperto due store.

Grazie alla salute del mercato azionario, come si legge in Vogue, trainato da un boom di investimenti nell’AI (così forte che secondo alcuni potrebbe verificarsi una nuova bolla speculativa) si è creato un “wealth effect” che un tempo si verificava in Cina. Con questa espressione si intende un fenomeno per cui la salute dei mercati e l’afflusso di denaro nelle tasche del segmento alto-spendente spinge a creare una situazione di prosperità percepita che rende gli acquisti psicologicamente più facili: quando si crede che ci siano soldi in abbondanza, non ci si fa remore a spenderli. Ed è quello che sta succedendo per gli americani più ricchi, anche se quelli più poveri aumentano e non se la passano benissimo.

Un altro lato del “wealth effect” è che i consumatori più ricchi non si curano molto di aumenti di prezzo e tariffe. Secondo un report di RBC citato da WWD, proprio i dazi hanno spaccato il mercato in due: le tariffe hanno infatti penalizzato brand di massa Nike, adidas o Puma, ovvero quelli comprati dalla fascia normo-spendente del mercato, mentre sembrano lasciare intatta la domanda per l’ultra-lusso che è diventato più costoso, è vero, ma per un gruppo di clienti che possono comunque permetterselo. Perché dunque non raggiungere questi clienti direttamente?

Il lusso sotto casa

Tornando agli show Cruise, di solito ambientati in location molto sceniche e particolari, la scelta di riportarli tutti in America è dettata anche dalla logistica. Se i clienti più importanti vengono, poniamo, proprio da New York o da una di quelle mega-magioni nel Mid-West o dai campi petroliferi del Texas, a cosa serve portarli attraverso l’Oceano quando in America ci sono già tantissime location storiche, centri operativi con team locali e soprattutto celebrità già presenti?

Su Vogue, Rose Coffey di The Future Laboratory descrive questa rimappatura dei destination show un «passaggio dallo spettacolo simbolico alla vicinanza strategica». Invece che far viaggiare caravanserragli di editor, clienti e buyer a Cuba, in Marocco, Egitto o nei cimiteri romani di Arles (tutte location davvero usate negli ultimi anni) meglio dunque organizzare questi show da decine di milioni di dollari in location già attrezzate e convenienti. Che poi è il motivo per cui sfilare in America non è solo la decisione più strategica per i brand, ma anche la più comoda.

Takeaways

- Tutti i grandi brand del lusso (Chanel, Moncler, Gucci, Louis Vuitton e Dior) stanno portando i loro show Cruise e Métiers d’Art negli Stati Uniti nel 2026, soprattutto a New York e Los Angeles, perché l’America è attualmente il mercato più dinamico e sicuro per le vendite di lusso.

- Mentre la Cina resta in perdita e l’Europa è stagnante, gli USA registrano crescite significative: +3% per LVMH e Kering, +14,4% per Hermès, +15% per Prada e persino +15,5% per Ferragamo nel terzo trimestre 2025, con previsioni Altagamma di +5,5% per il 2026.

- Il 2025 ha visto un boom di aperture di boutique monomarca (15 solo fino a dicembre), concentrate soprattutto a New York (40%), Los Angeles (27%) e Miami, ma anche in città “secondarie” ricche come Nashville e Scottsdale, dove il GDP pro capite è doppio rispetto alla Francia e i costi operativi sono più bassi.

- Il rally di Wall Street e gli investimenti in AI hanno creato un potente “wealth effect” che rende i clienti alto-spendenti immuni agli aumenti di prezzo e alle tariffe, favorendo la spesa di lusso mentre penalizza i brand di massa.

- Dopo anni di sfilate esotiche in luoghi come Cuba, Marocco o Egitto, i brand scelgono ora gli USA per motivi logistici e strategici: è più comodo e conveniente portare lo spettacolo direttamente “sotto casa” dei clienti più ricchi, trasformando i destination show da evento simbolico a strumento di vicinanza e vendite.