
La Gen Z deve prendere esempio dal “Millennial cringe” «To be cringe is to be free»
L’ultimo album di Taylor Swift è stato un flop (almeno in termini di percezione pubblica) per una serie di motivi. Il principale, però, è che con i testi delle sue nuove canzoni la pop star ha ricordato al mondo una verità spesso dimenticata, che lei è la Millennial per eccellenza. «Did you girlboss too close to the sun?» o «Good thing I like my friends cancelled / I like ’em cloaked in Gucci and in scandal», canta in CANCELLED!, quella che molti considerano la peggior canzone della sua carriera.
Le critiche più feroci arrivano proprio dalla Gen Z, la sorella minore che non ha mai avuto un gran rapporto con i quasi quarantenni. Il conflitto tra le due generazioni non è tanto ideologico, come accadeva tra Gen X e Boomer, ma estetico. Il problema si chiama “Millennial cringe”: quella sensazione di imbarazzo genuino, causata dall’indole buffa, euforica e un po’ impacciata di chi è diventato adulto all’alba di Internet, tra Tumblr e status di Facebook.
Eppure, proprio quel cringe potrebbe essere la chiave della loro sopravvivenza. I Millennial hanno imparato a non prendersi troppo sul serio, a convivere con l’imbarazzo e a farne ironia. La Gen Z, invece, sembra intrappolata in un costante stato di autocoscienza, tra ansia performativa e paura del giudizio. Una generazione che non fa sesso, non beve, non si droga e soprattutto, non si diverte. Forse, allora, è arrivato il momento di abbracciare il “Millennial cringe”.
Lo stile dei Millennial come ispirazione
@princesspearli An ode who i thought id be at 10 #2010s #hipster #twee #alexachung #nostalgia #throwback #indiesleaze #zoeydechanel #indiesleazeaesthetic #fyp #foryou #foryoupage original sound - princesspearli
In realtà, la Gen Z già da tempo guarda ai Millennial come fonte di ispirazione, pur non rendendosene conto. Prima è arrivata la mania del Y2K, un’estetica che rievoca gli anni in cui la maggior parte dei ventenni di oggi era ancora troppo piccola per ricordare. Poi è stato il turno dell’indie sleaze, simbolo assoluto dei Millennial, consacrato dalla serie cult Skins. Negli ultimi mesi si percepisce persino un ritorno dei mid 2010s, tra nostalgie hipster e una romanticizzazione dell'estetica Twee fatta di foto con filtri vintage (quelli preimpostati di Instagram per essere storicamente corretti) e la resurrezione di due vecchi nemici giurati: la riga di lato e i jeans skinny. Insomma, tutte le tappe del coming of age dei Millennial sono ormai da anni sulle moodboard dei più giovani. Basta pensare a quanti brand nell'ultima fashion week per la stagione SS26 hanno riproposto scarpe stringate e vestiti a fiori sui toni del giallo mostarda o verde foresta, Miu Miu primo tra tutti.
A confermare il fascino intramontabile del “Millennial allure” c’è Addison Rae, che in meno di un anno è riuscita a decifrare perfettamente il codice tra estetica e cringe della generazione passata, aggiornandolo al linguaggio del 2025. Non si tratta solo di performance: la cantante della Louisiana ha riportato in auge la spontaneità dei selfie “silly”, la leggerezza da manic pixie girl e la grana sgranata da iPhone 4, trasformando il disimpegno in una nuova forma di libertà, conquistando anche il pubblico che era a lei più avverso e confermandosi come una delle principali it-girl della nuova generazione di starlet.
Perché essere cringe è essere liberi
"cringe is dead! you have free will! do whatever you want!" i say as i shake with anxiety and embarrassment after posting any sort of art or writing because being perceived is vulnerable and Scary pic.twitter.com/UOfpMCOCnp
— kei / marcy (@offthem00n) October 6, 2025
Forse il vero problema della Gen Z è l’iperconsapevolezza. Ogni gesto, outfit o frase deve essere filtrato attraverso un’estetica coerente, una “personal brand identity”, o almeno un contenuto potenzialmente virale. È la generazione cresciuta nell’era dell’algoritmo e dell’autocontrollo digitale, dove persino l’imperfezione dev’essere curata nei dettagli, l’«how to be perceived» è diventata ormai un’ossessione affiancata al nichilismo del momento storico in cui i Gen Z sono passati dall’essere adolescenti a diventare adulti.
I Millennial, al contrario, hanno vissuto il web nella sua fase più sperimentale e disordinata. Hanno postato status imbarazzanti, foto sgranate e pensieri adolescenziali senza preoccuparsi troppo del giudizio. Quella libertà, oggi, è diventata un lusso. Il “Millennial cringe” non è altro che la capacità di non avere paura di sembrare ridicoli, di mostrarsi autentici anche quando si rischia di essere presi in giro. Forse la Gen Z, per salvarsi dall’ansia del giudizio e dalle vicissitudini della vita, dovrebbe imparare proprio questo. Perché, come dice Internet, «to be cringe is to be free».














































