
La Gen Z è davvero allergica al divertimento?
Forse il problema è che il sistema non si è ancora adattato al cambiamento
16 Aprile 2025
Se dovessimo scegliere un solo aggettivo per descrivere la Gen Z, “noioso” potrebbe essere quello più adatto. A sostegno di questa tesi ci sono numerosi studi che, anno dopo anno, dimostrano come la generazione che avrebbe dovuto “conquistare il mondo” sembri profondamente refrattaria all’edonismo. Prima è stata definita la generazione meno sessualmente attiva di sempre, poi è emerso che consuma meno alcol e droghe ricreative e adesso i dati rilevano che i giovani adulti non amano andare a ballare (e persino le feste in casa stanno perdendo slancio). In sostanza, c’è chi sostiene che i ragazzi di oggi non sappiano più divertirsi. È un argomento estremamente attuale se si considera la recessione che incombe e il confronto con il 2008, quando i Millennial trovarono rifugio nella cultura del clubbing (poi ribattezzata Indie Sleaze) per affrontare la Grande Recessione: all’epoca i tempi difficili richiedevano “misure forti” – bevande e sostanze incluse. Ora, invece, i giovani adulti stanno tagliando proprio le spese legate alla vita sociale pur di arrivare a fine mese. Non si tratta neanche di un fenomeno circoscritto, visto che club e locali in tutto il mondo denunciano la stessa crisi. Da New York a Seoul, la nightlife globale sta incassando un duro colpo dietro l’altro. Ma qual è il vero problema? La Gen Z è davvero allergica al divertimento?
my prediction is that the alcohol-driven culture of nightlife is going to go though a huge upending
— Patricia Mou (@patriciamou_) January 5, 2025
Now is a good time to open that late night decaf tea house, evening bathhouse, game board parlor, or cozy cafe that closes at 2am pic.twitter.com/TFPi6BRTF9
La situazione nel Regno Unito è talmente grave che, negli ultimi cinque anni, sono scomparse circa quattrocento discoteche: più di un terzo del totale, secondo quanto riporta la BBC. Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha persino ipotizzato la creazione di una task force per aiutare i locali a rischio chiusura, e numerosi approfondimenti cercano di capire perché la generazione che un tempo si pensava più “festaiola” non esca più come prima. Gli esperti citano cause economiche, cambiamenti sociali e abitudini mutate negli anni del lockdown: il ricorso massiccio ai social network, la diminuzione del consumo di alcol e droghe e l’aumento di ansia e solitudine, che rendono la socialità offline più complicata. Inoltre, sempre più giovani dichiarano di non potersi permettere i costi crescenti dell’intrattenimento notturno, tra l’ ingresso, le consumazioni, il taxi e il cibo post-serata. Dall’altra parte del’Atlantico, a New York alcuni club storici stanno cessando l’attività a causa dell’aumento degli affitti, dei costi di assicurazione e del calo di ricavi dovuto al fatto che i giovani bevono meno, come riportato dal New York Times. Seppure negli anni post-pandemia – come riporta il Washington Post – sono nate nuove realtà che cercano di reinventare il concetto di “night out” puntando su esperienze più intime e di qualità, dall’altro molti gestori ammettono che rimanere a galla è sempre più difficile, tra spese in crescita e la disaffezione di una clientela che non è più disposta a investire tanto in divertimenti notturni. È il concetto di terzo posto che potrebbe riportare in vita la nightlife, ma sicuramente con un’apparenza diversa da quella a cui siamo abituati; invece di enormi club “glamour” sembra che la Gen Z preferisca eventi più intimi e riservati, curati anche in base alle preferenze musicali. È anche per questo che la new-wave di rave ha pian piano rimpiazzato la classica serata in discoteca.
@lamorena42004 Gen Z ruined club culture. The club is not the time to be demure #fyp #foryoupage #foryou original sound - La Morena
Anche in Asia, il panorama è lo stesso: la nightlife perde colpi, i locali si svuotano e l’alcol – un tempo centro gravitazionale della socialità – viene sempre più evitato. Secondo quanto riporta il magazine Straits Times, a Seoul – celebre capitale della nightlife del continente – intere zone come Nokdu Street si stanno lentamente spegnendo. Anche le grandi aziende stanno riducendo gli “hoesik”, le classiche cene alcoliche aziendali, mentre una generazione di giovani lavoratrici sempre più assertive sceglie di non prenderne parte. Al contempo, l’inflazione e i tassi d’interesse spingono molti a tagliare le spese superflue, e la nightlife è spesso la prima a farne le spese. Ma non si tratta solo di soldi: come già osservato in Occidente, anche in Corea e in Giappone si sta affermando una nuova sensibilità salutista. I giovani bevono meno, escono meno e sembrano più interessati a coltivare una vita online che a rincorrere il rituale della serata fuori. In Giappone, dove la flessione è altrettanto evidente, le istituzioni locali stanno cercando di rilanciare la vita notturna con iniziative pubbliche, eventi e finanziamenti, sottolinea il South China Morning Post. Ma anche qui si ha la sensazione di una corsa controcorrente, che cerca di riportare in vita un modello di divertimento che, forse, non corrisponde più al presente.
@sophantastic27 decided to venture oht to new spots…
In Italia invece, il quadro è meno cupo di quanto ci si possa aspettare, e i segnali di ripresa stanno diventando sempre più evidenti. Secondo la FIPE, esiste ancora una rete di discoteche sorprendentemente vitale, forte di migliaia di imprese che operano in tutto il paese. Malgrado il difficile periodo attraversato durante la pandemia, oggi si intravedono spiragli di normalità e una rinnovata voglia di divertimento. Le persone stanno tornando a popolare i locali notturni, gli eventi e le serate a tema aumentano e il settore si sta lasciando alle spalle le incertezze più cupe. Ciò non significa che tutto sia tornato com’era prima del 2020 – il paragone con il “passato d’oro” rimane ancora sfavorevole – ma indica comunque una tendenza incoraggiante. D’altra parte, anche i gestori dei locali si stanno adeguando alle trasformazioni in atto: orari più flessibili, programmazioni musicali variegate e perfino esibizioni dal vivo sono solo alcune delle idee che si stanno sperimentando per intercettare un pubblico sempre più eterogeneo.
È proprio questa capacità di reinventarsi, di rielaborare il concetto tradizionale di discoteca, a suggerire che non siamo di fronte a un settore in crisi irreversibile. Al contrario, la nightlife italiana sta evolvendo per allinearsi alle nuove abitudini, dimostrando una vitalità che va ben oltre i semplici numeri. E anche se la strada verso un ritorno ai fasti pre-pandemia potrebbe essere ancora lunga, il desiderio di uscire, incontrarsi e divertirsi – seppure con formule spesso inedite – sembra più vivo che mai. Tutto ciò suggerisce che parlare di “crisi irreversibile” rischia di essere riduttivo. Più che di declino, potremmo parlare di un “cambio di pelle”, che spinge i locali a misurarsi con un pubblico alla ricerca di esperienze sempre più personalizzate e multi-sfaccettate. Se in passato la discoteca era un simbolo inequivocabile di divertimento trasgressivo e notti movimentate, oggi il concetto di “nightlife” include formule inedite, spesso più “fluide”, in cui la cultura, la socialità e la sicurezza giocano un ruolo fondamentale – proprio com’è successo con il rinascimento delle edicole.