A Guide to All Creative Directors

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Cosa non si compra durante la recessione? Chiedetelo alla Gen Z

Il nuovo trend di TikTok si chiama “things I won't buy during this recession”

Cosa non si compra durante la recessione? Chiedetelo alla Gen Z Il nuovo trend di TikTok si chiama “things I won't buy during this recession”

Prima c’era stato il Deinfluencing, poi la no-buy challenge, ora invece la Gen Z si sta tenendo pronta ad affrontare quella che sui social è già stata ribattezzata come «the second great depression». Un nome volutamente drammatico, certo, ma che fotografa con precisione lo stato d’animo collettivo di una generazione cresciuta tra crisi economiche cicliche, pandemia e precarietà cronica. Effettivamente, l’unico trend degno di nota di questo 2025 è il recession-core che a differenza di altre tendenze che sono passate a miglior vita (R.I.P Office Siren), continua ad andare forte. Non per scelta, ma per necessità. A spingerlo, infatti, non è l’estetica ma l’economia reale. L’imminente guerra dei dazi, alimentata dalle politiche protezionistiche dell’amministrazione Trump, sta per modificare radicalmente le abitudini di consumo mondiali. Non si tratta solo di un richiamo alla moralità, come vorrebbe la retorica presidenziale, ma di un vero e proprio shock dei prezzi: dalle esportazioni alimentari fino ai beni non essenziali, tutto costerà di più. E il consumatore medio, già sotto pressione, sta cominciando ad adeguarsi. Su TikTok, termometro perfetto delle ansie collettive, stanno proliferando video tutti simili tra loro: “le cose che non comprerò durante la recessione del 2025”. Liste ben precise, spesso stilate con un tono tra l’ironia e la disperazione, che raccontano una nuova sobrietà imposta. Niente spese impulsive, niente gratificazioni estetiche, niente concessioni quotidiane. Solo l’essenziale.

@sakojoyce @bitingabi original sound - sako joyce

Tra le prime vittime del taglio netto, due categorie che avevano dominato il 2024: i trinket e il beauty. I piccoli oggetti da collezione – dai Labubu ai Sonny Angel – un tempo simboli di comfort e personalità, ora vengono percepiti come spese futili e non giustificabili in un contesto recessivo. I video parlano chiaro, la retorica «non ne ho bisogno, ne ho già troppi, servono solo a occupare spazio», viene menzionata più volte nel trend. Un disincanto che segna il tramonto di una delle economie più redditizie degli ultimi anni, quella del cuteness overload. Il discorso si estende anche alla cosmesi e alla skincare. Dopo anni in cui il self-care è stato spinto come forma di empowerment e rituale quotidiano, la tendenza si inverte. Il nuovo mantra è finire quello che si possiede prima di pensare a un nuovo acquisto; un cambio di paradigma che colpisce direttamente i brand middle-market, incapaci di giustificare i loro prezzi in assenza di reale innovazione. Anche l’athleisure, considerata nei mesi a cavallo dello scorso anno e di quello corrente dagli analisti di Business of Fashion come nuovo grande mercato della moda, finisce nel mirino. Lo dimostra il video virale della creator @bitingabi che ha accumulato quasi 70mila like in meno di una settimana, in cui ironizza sull’ultima collezione “butter yellow” di Aritzia vista come superflua e irrilevante, soprattutto per la sua inerenza al color trend della stagione.

@elysiaberman Saw a few other people doing this trend and I figured it was PERFECT for me to weigh in on! Here’s my list of things I will NOT be buying in this recession! #recession #tariffs #stockmarketcrash #trumptariffs #nobuyyear #nobuy #buynothing #lowbuy #noshopping #nospendchallenge original sound - elysiaberman

Ma non si tratta solo di beni materiali, infatti anche le esperienze vengono ridimensionate. L’influencer @elysiaberman, quasi 180 mila follower e oltre 10 milioni di like, ha dichiarato che tra le cose su cui non intende più spendere ci sono gli alcolici. In una città come New York, dove un cocktail può superare facilmente i 20 dollari, le nuove tariffe sull’import di Tequila e Mezcal – con un previsto rincaro del 25% – rendono un drink non solo un lusso, ma una scelta economicamente insostenibile. Sulla stessa lunghezza d’onda, la content creator @sakojoyce ha spiegato in un video che ha accumulato oltre 100 mila like che rinuncerà al suo matcha latte quotidiano, ora riservato solo a occasioni speciali come il compleanno. Un gesto simbolico ma emblematico che riguarda quelle le micro-spese, fino a ieri apparentemente irrilevanti, diventano ora il centro di un nuovo budget personale iper-controllato. In un altro video sul trend, sempre l’user @sakojoyce ha sottolineato che un’altra esperienza a cui è pronta a rinunciare sono i viaggi al supermercato goliardici, quelli per comprare snack o bevande superflue.  

Quello che emerge da questo nuovo trend non è un approccio più sobrio e consapevole al consumo, come si potrebbe romanticamente pensare, ma un adattamento forzato a un clima economico che non lascia reali margini di scelta. Non c’è nulla di rivoluzionario o volontario in questa rinuncia collettiva: è il risultato diretto di uno scenario segnato da inflazione persistente, instabilità globale, tensioni geopolitiche crescenti e politiche protezionistiche che si ripercuotono immediatamente sul costo della vita. I dazi imposti su una vasta gamma di beni di consumo, dall’alimentare al beauty, stanno alterando in profondità la disponibilità e l’accessibilità dei prodotti. In questo contesto, parlare di decrescita felice rischia di essere fuorviante: non si tratta di una scelta etica, ma di una condizione imposta da fattori esterni, spesso incontrollabili. Il recession-core, quindi, non è solo un’estetica fatta di outfit neutri, tagli basic e palette desaturate, è ormai un’espressione visiva di una nuova realtà in cui l’abbondanza non è più data per scontata. Un’estetica, sì, ma prima di tutto una condizione. Una strategia temporanea per restare a galla in attesa di capire se, e quando, qualcosa cambierà. Sempre ammesso che cambi davvero.