A Guide to All Creative Directors

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Una, nessuna, cento Miley

Il nuovo disco di Miley Cyrus “Something Beautiful” riflette l’eclettismo di una popstar sui generis

Una, nessuna, cento Miley Il nuovo disco di Miley Cyrus “Something Beautiful” riflette l’eclettismo di una popstar sui generis

Chi conosce la carriera artistica dell’ex cantante di scuderia Disney sa bene che Miley Cyrus non è più l’Hannah Montana di una volta e nemmeno la ragazza trasgressiva in cui si era trasformata subito dopo per uscire dal personaggio. Quella che ci troviamo di fronte oggi è a tutti gli effetti una popstar matura e unica nel suo genere: a differenza di molte altre colleghe, non sente più il peso di dover arrivare prima in classifica per dimostrare il suo valore e non ricerca il successo a tutti i costi; anzi, in alcuni casi, addirittura lo rifugge, come quando nel 2015 pubblicò su Soundcloud - per la gioia della sua casa discografica - un intero disco di strambo pop psichedelico, registrato con la band leader nel settore Flaming Lips. Se non vi ricordate nemmeno una canzone di Miley Cyrus & Her Dead Petz è perché - per usare un eufemismo - non fu esattamente un successo. Questo ovviamente non significa che Cyrus non sia in grado di scrivere grandi hit, basti pensare al successo planetario di Flowers, il singolo sbanca-classifiche con il quale nel 2023 vinse persino un Grammy nell’ambita categoria Record of the Year. Ma la caratteristica principale del percorso musicale intrapreso da Miley Cyrus negli ultimi dieci anni è quella di fregarsene bellamente delle classifiche e delle mode musicali del momento, cercando sempre di fare qualcosa di diverso, che assecondi il suo istinto e la sua curiosità verso generi e stili differenti. A costo di risultare quasi schizofrenica.

Se il pop trasgressivo di Bangerz (2013) era ibridato da influenze Hip-Hop e R&B, quello di Younger Now (2017) approfondiva le sue radici Country; mentre Plastic Hearts (2020) si avventurava persino in territori glam rock e new wave, con tanto di featuring di Billy Idol e Joan Jett. Questioni di sfumature, certamente, ma comunque di sfumature significative. L’album del 2023 Endless Summer Vacation, al netto di Flowers, sembrava un compendio di tutte le Miley Cyrus precedenti ed era quindi davvero molto difficile prevedere come sarebbe stato questo nuovo Something Beautiful, uscito venerdì scorso. Anticipato da dichiarazioni roboanti, è un disco che riflette tanto l’eclettismo storico della cantante quanto le sue ambizioni. Innanzitutto, si tratta di un progetto che va oltre la musica e sconfina nel campo visuale. Ad accompagnarlo, infatti, c’è anche un film, che finora soltanto pochi eletti hanno avuto la fortuna di vedere e che verrà presentato in anteprima al Tribeca Film Festival questo venerdì, 6 giugno, per poi essere distribuito ufficialmente nelle sale cinematografiche di tutto il mondo (in Italia arriverà il 27 giugno). In un certo senso è una specie di risposta alla cinematic experience dell’Eras Tour di Taylor Swift, ma senza i concerti, visto che Cyrus sembra ancora intenzionata a non farne. Per il momento dovremmo quindi farci bastare il binomio album-e-film, che comunque mette già molta carne al fuoco.

@mileycyrus

I stay, when the ecstacy is far away. I pray, that it’s coming round again. You say it, but I wish it wasn’t true. I knew someday that one would have to choose, I just thought we had more to lose. MORE TO LOSE. OUT NOW.

More to Lose - Miley Cyrus

Nelle interviste che ne hanno anticipato l’uscita, Cyrus non ha nascosto le sue aspirazioni, ma anzi, ci ha messo su il carico da novanta: ha descritto il disco come «un tentativo di curare una cultura malata attraverso la musica» e il film come «un'opera pop unica nel suo genere alimentata dalla fantasia». Lo scorso autunnoaveva spiegato ad Harper's Bazaar che la sua idea di partenza era quella di «rifare The Wall dei Pink Floyd, ma con un guardaroba migliore, più glamour e pieno di cultura pop». Al netto della sparata sui Pink Floyd, possiamo prendere per buona almeno la seconda parte della dichiarazione: del resto Miley Cyrus ha studiato moda e in questo progetto appare evidente già dalla copertina, ispirata a una collezione d’archivio di Thierry Mugler.

In un’altra lunga intervista rilasciata al programma di Zane Lowe, Cyrus ha dichiarato che gli artisti con cui vuole mettere in relazione Something Beautiful non sono le pop star femminili di oggi, ma gente del calibro di Prince e David Bowie, non a caso due mostri sacri di eclettismo e trasformismo musicale. Tra i due, nel nuovo disco si sente soprattutto il primo grazie a un mix che unisce rock, musica dance e ballate soul in un’unica grande anima pop sperimentale. Prince viene anche evocato in un verso di Something Beautiful, in cui si cita esplicitamente When Doves Cry, brano intramontabile del principe di Minneapolis, contenuto nel suo album (e film) capolavoro Purple Rain. È un primo indizio che ci conduce verso la fine del mondo, di cui Purple Rain era una rappresentazione musicale qui ripresa da Miley a livello concettuale. Something Beautiful può essere interpretato come il lato luminoso della fine del mondo. Il singolo di punta, intitolato proprio End Of The World, con le sue tastierine in stile ABBA e il suo anti-ritornello senza parole fatto soltanto di cori, altro non è che un invito ad affrontare la fine di tutto ballando. Così facendo, Cyrus si riallaccia anche al Prince di 1999 (l’album, non l’anno), il cui concept era sostanzialmente quello di un mega-party per la fine del mondo: all’ombra della guerra fredda, l’idea di Prince, che ricordiamo era un cantante d’istinto e non di protesta, consisteva nel fare festa come modo per esorcizzare la possibile tragedia imminente.

@mileycyrus Bemelmans? Belemans? There was some confusion on the pronunciation tonight-but the one thing I'm sure of is performing at the iconic Carlyle Hotel was an absolute honor. A beautiful room, that holds so much history in such a tight space. Whatever you wanna call it, tonight was magical at... Bellinmans? Love you #MileyCyrusSomethingBeautiful Easy Lover - Miley Cyrus

In End Of The World, anche Cyrus inserisce l’idea del party, abbinandola a Paul McCartney più per una questione di assonanza che altro. Ma poi coglie l’attimo lirico per aggiungere anche un richiamo esplicito alla canzone dei Beatles, With a little help from my friends. Sembra un dettaglio da poco, ma è possibile che si tratti di un riferimento all’aiuto ricevuto dai suoi amici-collaboratori per l’organizzazione della festa, cioè per la costruzione del sound del disco. In passato, Cyrus si è sempre avvalsa di vari collaboratori, ma la lista di quelli presenti in quest’ultimo album è sbalorditiva - Pitchfork ne ha stilato un elenco completo traccia per traccia. Impossibile citarli tutti, ma sotto la guida del produttore Shawn Everett (già con Adele, Beck, Perfume Genius e tanti altri) si è mosso un intero esercito di figure provenienti dalla scena indie-rock più cool: nomi magari poco noti al grande pubblico, ma senza dubbio musicisti di talento, tenuti in grande considerazione nel loro sottobosco di provenienza, come Nick Zinner degli Yeah Yeah Yeahs, Molly Rankin e Alec O'Hanley degli Alvvays, Cole Haden dei Model/Actriz, Brian D'Addario dei Lemon Twigs, Adam Granduciel dei War On Drugs e Danielle Haim, ma potremmo andare avanti ancora a lungo.

Tra i tanti, sono due i contributi più significativi. Il primo è quello di Jonathan Rado dei Foxygen, che squarcia in due la title track con una cacofonia prog di mille strumenti, capace di trasformare una semplice ballata soul nel brano pop più sperimentale del disco – escluso forse solo il Prelude iniziale, fatto di arpeggi stratificati e spoken poetry, e i due interludi strumentali, che sembrano piazzati lì apposta per stupire i più scettici. Il secondo contributo fondamentale è quello di Brittany Howard degli Alabama Shake, che prima suona la chitarra country-eggiante in Easy Lover (dove ritorna anche l’idea di «ballare sulle ceneri») e poi infesta di fantasmi la pista da ballo di Walk of Fame. È quest’ultimo il brano più scintillante dell’album, capace di coprire tre decenni di musica in sei minuti: dalla disco anni ’70 di Donna Summer e Giorgio Moroder al synth-pop oscuro dei New Order fino alle atmosfere rave di Born Slippy degli Underworld.

Il resto del disco non fa altro che coniugare le varie anime di Miley Cyrus comprimendole in un megamix che alterna il lato migliore del soft-rock anni ’70 à la Fleetwood Mac, come la già citata Easy Lover, ad altri pezzi più ballabili. Tra questi ultimi vale la pena ricordare anche l’esuberante Every Girl You've Ever Loved sia per la sua ispirazione a Vogue di Madonna, sia per il featuring dell’amica e modella Naomi Campbell (non nuova a certe incursioni musicali). In ogni caso, tutti i brani sono marchiati a fuoco dalla potente voce graffiata di Miley Cyrus, che ha rivelato di soffrire dell'edema di Reinke. Si tratta di un disturbo raro che ha contribuito al nuovo timbro della sua voce, resa in pratica ancora più roca da un polipo alle corde vocali. Avrebbe dovuto operarsi nel 2019, salvo poi rinunciare all’intervento e decidere di tenersi qualche grado di profondità emotiva in più. In estrema sintesi, Something Beautiful è qualcosa di bello che viene fuori da qualcosa di brutto. Vi diranno che qui dentro non ci sono hit intramontabili, ma non credeteci. Queste sono canzoni scritte apposta per sopravvivere all’apocalisse, sono hit da discoteca distopica e non da classifica, canzoni che provengono letteralmente da un nodo alla gola per raggiungere un punto più luminoso dell’universo. In un mondo che assomiglia sempre di più a una brutta copia di Black Mirror, Something Beautiful è la nostra San Junipero.