
Il Festival di Venezia è la nuova fashion week? I soft launch di Dior, Versace, Bottega Veneta e Chanel sondano le acque delle nuove direzioni creative
«No Dior, No Dietrich» recitava la t-shirt di Dior indossata da Luca Guadagnino alla Mostra del Cinema di Venezia di qualche giorno fa. Uno slogan che ha il distinto sapore della metaironia di Jonathan Anderson, il cui Dior è stato tra i grandi protagonisti del red carpet del festival sulla laguna. Ma è anche una frase che sottolinea l’indissolubile legame tra la moda e il cinema – dopotutto, prima del boom digitale, proprio le foto dei red carpet e delle dive in lunghi abiti da sera sono state il primo punto di contatto tra il grande pubblico e la moda.
Questa stagione il red carpet di Venezia è diventato il terreno di prova in cui i grandi brand del lusso hanno presentato i primi look dei propri nuovi direttori creativi: degli assaggi a tutti gli effetti, il cui impatto mediatico però è assai più alto di quello che si avrebbe con il classico lancio in fashion week, ad alta copertura ma assai meno mainstream. Di più: la presentazione di questi look assume ancora maggiore importanza quando la loro “novità” è supportata dal carisma e dalla personalità di un certo attore.
E così Tilda Swinton e Ayo Edibiri annunciano il prossimo avvento di Mathieu Blazy da Chanel; una schiera di personalità tra cui Mia Goth, Greta Lee, Alba Rohrwacher, Luca Guadagnino, Andrew Garfield e Monica Barbaro hanno mostrato il nuovo Dior di Jonathan Anderson sul campo, e con ottimi risultati; mentre Julia Roberts è stata la madrina del lancio del Versace di Dario Vitale, ha indossato un look off-duty del “nuovo” Bottega Veneta di Louis Trotter, che in questi giorni ha portato un suo look su Jacob Elordi e Vicky Krieps. Come sottolineato da Simone Cotellessa nelle ultime ore su Instagram, che questi “soft launch” sul tappeto rosso indichino un nuovo modo di comunicare una moda divenuta impopolare?
L’industria della moda: da esclusiva a impopolare?
Si dice spesso che la moda sia una bolla. Un piccolo universo i cui abitanti vivono in un sistema culturale separato: al suo interno, tutti sanno cos’è una borsa Margaux, considerano le Suede Sneakers di Dries Van Noten un prodotto riconoscibilissimo e adorano la Croissant di Lemaire - nomi che vogliono dire poco o nulla al grande pubblico. Addirittura, anni fa si diceva che certe clienti storiche di Chanel in Asia nemmeno sapessero chi fosse Karl Lagerfeld al momento della sua scomparsa: tra chi compra la moda e chi la consuma come media e come cultura l’abisso di consapevolezza è tanto profondo quanto poco percepibile.
Si è creata così una seconda bolla, quelle delle fashion week, che vengono spesso presentate come enormi eventi mediatici con milioni di visualizzazioni e tonnellate di pubblico ma il cui rumore tende spesso a non arrivare molto al di fuori di un ristretto circolo di interessati. Anzi, al di fuori di quel circolo, la fashion week è percepita non solo come l'evento elitistico che in effetti è ma anche quasi come un disturbo: a Milano, mesi fa, era diventato virale il video di una signora che inveiva contro il traffico e le strade bloccate dalle sfilate e dal loro pubblico.
@bonsaitv_ Abbiamo fatto un giro al mercato per capire cosa pensano davvero le persone della Milano Fashion Week Guarda il video completo sul nostro canale YT! #bonsaitv #milanofashionweek #moda #intrattenimento #attualità #perte #mfw Vaporsoft - Official Sound Studio
Legata poi com’è al mondo dei ricchi e dei privilegiati, attenta a non alienarsi le simpatie di una clientela fondamentalmente frivola, la moda ha anche una certa difficoltà a farsi accettare da una platea mediatica popolare che ne è di fatto esclusa e che spesso ha anche forti posizioni ideologiche. Difficilmente il direttore creativo di un grande brand, a tutti gli effetti un mega-manager di un’azienda globale, potrà esporsi mediaticamente, manifestare interessi od orientamenti culturali e politici davvero allineati con quelli del grande pubblico.
A questo si aggiunge che tutte le novità e il lavoro dei grandi brand, che immettono sul mercato enormi quantità di prodotti attraverso un ventaglio di categorie altrettanto enorme, sono irraggiungibili per il 90% di un pubblico che dunque non ha vero motivo di partecipare a una cultura che non lo coinvolge. In realtà i contenuti più divertenti che si vedono su TikTok in quei giorni sono quelli delle persone che devono semplicemente andare in ufficio mentre il traffico è bloccato da fiumi di van neri e influencer che si fanno foto in mezzo alla strada.
Che serve sapere chi è il nuovo direttore creativo di un certo brand, quando non lo si potrà mai comprare? In breve, smettendo di essere democratica (con aumenti dei prezzi, chiusura delle seconde linee, pratiche esclusive) la moda sta avendo anche una crisi di popolarità: semplicemente la sua esistenza non riguarda davvero il grande pubblico – e questo è un guaio. Non si può dire lo stesso del cinema, vera “fabbrica dei sogni” l’ingresso alla quale costa quanto un biglietto cinematografico. E la moda intende approfittarne.
Il Festival di Venezia, tra cultura, politica e desiderio
the venice film festival starts today I’m ready to collect more of those press panel pics like pokemon cards pic.twitter.com/lxrlYUa7va
— (@saintdoII) August 27, 2025
Contrapponendosi al mondo delle fashion week, c’è quello del cinema e dei red carpet. L’industria cinematografica e le sue personalità pubbliche sono molto più dichiaratamente liberali di quelle della moda, non temono di pronunciarsi sull’occupazione di Gaza e sull’aggressione russa all’Ucraina e sono, in breve, molto più in grado di ingaggiare il grande pubblico in discussioni e argomenti che esso sente molto vicino.
La maggiore diffusione del medium cinematografico, il fatto che attori e attrici siano come altrettanti brand l’accesso ai quali non è vietato da una barriera dei prezzi altissima e il circo mediatico relativamente meno sovraccarico, saturo ed escludente di quello della moda (un red carpet è sicuramente più intrattenente di una sfilata per il grande pubblico) fa sì che il cinema mantenga una prerogativa indiscutibile sul mondo del lusso, che rispetto a esso e meno immediatamente rilevante e più “decorativo”, almeno su un piano di prime impressioni. Il che spiega, ad esempio, il fatto che Tilda Swinton sia il volto di tre diversi brand attualmente, ovvero Chanel, Tom Ford e Gentle Monster; o che Jacob Elordi uscendo semplicemente dall’aeroporto con una borsa in spalla abbia fatto di più per Bottega Veneta che numerose campagne messe insieme.
Questi grandi eventi di scala globale, in cui tutti i grandi volti dell’industria del cinema si riuniscono in un singolo luogo per portare al pubblico tutte le novità dell’anno in arrivo e in fondo anche di se stessi, fanno ciò che le fashion week hanno provato a fare negli ultimi cinque anni: sedurre il pubblico. Ma questa seduzione è il risultato di un dialogo, se non onesto, almeno situato al livello di un pubblico (ma potremmo anche dire “mercato”) che l’industria del cinema sa di dover conquistare.
È senza dubbio una questione di accesso e rilevanza culturale, dato che un bel film è un bene che si conserva per tutta la vita; è anche una questione di sogno e aspirazionalità e, per certi versi, anche di un desiderio frutto del rapporto parasociale che abbiamo con molte di queste star. Pur se più ricchi di noi, gli attori del cinema sono come noi – un concetto che il ben più altèro mondo della moda non può lontanamente intrattenere dato che, al suo interno, accessibilità è sinonimo di diluizione, di appiattimento. Il che è ironico per una cultura del lusso che da anni ha smesso di tenere alta l’asticella del ready-to-wear quotidiano preferendo di gran lunga svendersi a colpi di tute e t-shirt logate, di ecopelle e poliammide, di chincaglierie di ottone placcate in foglia d’oro ma presentando al mondo un’immagine di alta sofisticazione che, più spesso che non, maschera un’assoluta rapacità commerciale e un modello di business che, come dimostra il recente tracollo di SSENSE, è in realtà fragile come un castello di carte.














































