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Da “Marc by Sofia” avremmo voluto di più Il documentario presentato a Venezia82 non va in profondità nell’amicizia tra lo stilista e l’autrice

Marc by Sofia usa come titolo i nomi propri dei suoi protagonisti, lo stilista Marc Jacobs e la regista e sceneggiatrice Sofia Coppola. Utilizzare i nomi delle figure pubbliche, creando da subito una certa confidenza, dava l’illusione allo spettatore di poter avere accesso ad una dimensione più intima dell’artista. Un Jacobs la cui scalata è cominciata a metà degli anni Novanta e ha proseguito spedita nonostante e soprattutto grazie anche ad alcuni intoppi capitati sul suo percorso. Gli stessi che gli hanno permesso di conoscere nientemeno che una delle sue migliori amiche all’interno dell’industria dello spettacolo, con cui non sono mancate nel corso del tempo anche saltuarie collaborazioni. A quanto pare, però, dal documentario c’è da aspettarsi meno di quanto si era preventivato, sfociando in lande conosciute oltre che convenzionali se si guarda alla confezione del progetto. 

  

@nssgclub Me and bestie arriving at the function Sofia Coppola and Marc Jacobs in Venice for the “Marc Jacobs” premiere. #sofiacoppola #marcjacobs #venice #venicefilmfestival #biennaledivenezia my lips like sugarrrrrrr - keize

È pur vero che Marc by Sofia offre un ottimo servizio agli appassionati e alla comunità della moda che possono scoprire direttamente dalle parole dello stilista come si svolge il suo processo creativo, fatto di influenze e stimoli continui, contraddistinti talvolta da decisioni prese spesso all’ultimo minuto. Ma ciò che avremmo voluto scoprire del personale e, soprattutto, del rapporto con la fida Coppola rimane in superficie, come se non si fosse voluto realmente riportare un ritratto intimo di un personaggio e di un’amicizia che ha surfato nel corso dei decenni. E che suona come un’occasione sprecata visto che non capita tutti giorni di poter intervistare e lavorare con il tuo migliore amico, lo stesso che per la notte della vittoria agli Oscar ti ha addirittura donato uno dei suoi vestiti e cioè il famoso modello a sottoveste di satin viola di Louis Vuitton disegnato appositamente da Jacobs e indossato dalla regista durante la premiazione di Lost in Translation

Anche il tocco raffinato che contraddistingue il portfolio di Sofia Coppola sembra cedere ad una disposizione stilistica e di racconto più improntata a suggestioni e immagini d’epoca, che vengono assemblate insieme come un patchwork di stili e riferimenti tra musica, cinema e fashion, ma che non fanno trasparire il gusto che la rende riconoscibile. In realtà il dato più interessante è proprio questo abbandono da parte della regista di un’impronta tanto identificabile, la quale lascia il passo ad un lavoro di racconto e editing più libero e sconsiderato. Passato e presente si fondono tra filmini e frame, polaroid e l’occhio dell’obiettivo che scruta tra tessuti e paillettes. Non c’è il rigore elegante a cui sottostanno le storie dell’autrice, c’è forse però il desiderio di ritornare a quella sfrontatezza e a quel disordine di quando erano ragazzi e che nel tempo ha fatto strada alla loro firma. 

Mentre con l’obiettivo ci addentriamo nel quotidiano di Marc Jacobs, rubando dalle stoffe scelte per la prossima settimana della moda e fatto di spille come quelle dell’amata e intramontabile Elizabeth Taylor, Marc by Sofia è un insieme di fatti storici, di lodi a Bob Fosse e di poco più. Immagini che potremmo trovare sul nostro feed di Instagram e che può essere perciò anche confortevole veder scorrere sullo schermo, ma che poco aggiungono a ciò che già si poteva conoscere dello stilista, anche in relazione all’amica Sofia.