
"After the Hunt" di Luca Guadagnino potrebbe far arrabbiare il pubblico In fondo è ciò che desidera il regista, che per l’occasione dirige Julia Roberts, Ayo Edebiri e Andrew Garfield
Mentre After the Hunt sembra quasi allontanarsi dal resto della filmografia di Luca Guadagnino, c’è una scena, una scelta in particolare, che mette il regista davanti lo schermo, anche se in realtà si trova dalla parte opposta. In un accorato dialogo tra i personaggi di Julia Roberts e Ayo Edebiri, la prima una venerata professoressa di filosofia a cui la seconda, sua studentessa, rivela di aver subito una molesta da un suo amico/docente (Andrew Garfield), la camera da presa inquadra i volti delle attrici lasciandoli fuori fuoco. Non del tutto, non completamente. Di sicuro lo è il volto di Edebiri, che cerca di convincere colei che considera una guida e un’amica che ciò che è avvenuto è vero. Meno quello di Roberts, sempre comunque sfocato mentre entrambi vengono incorniciati in maniera tale che le due parlino direttamente con la macchina da presa e, quindi, con lo spettatore. In questa mancanza di nitidezza, nella preferenza da parte di Guadagnino di sbavare l’immagine invece che restituirne la limpidezza, c’è sia la mano dell’autore di ritorno alla Mostra di Venezia, sebbene fuori concorso rispetto al Queer del 2024, sia l’ambiguità della storia scritta da Nora Garrett, al debutto nella sceneggiatura.
Non deve essere chiaro, infatti, se il personaggio di Maggie (Edebiri) stia dicendo la verità. È importante, certamente, ma non ai fini del racconto di After the Hunt, che del film vuole fare un terreno di confronto con cui interrogare il pubblico, in una versione nuova e ammodernata de Il dubbio di John Patrick Shanley. Ambientato nel contesto universitario, tra le aule prestigiose di Yale che accolgono studenti spesso privilegiati e abbienti, il film ipotizza una molestia subita senza mai mostrarla. Rende il pubblico spettatore di ciò che accade ormai ogni giorno e che ha avuto il via nel 2015 col movimento MeToo. La caccia, se vogliamo prendere spunto dal titolo, è quella che potrebbe essere stata indetta nei confronti del giovane professore interpretato da Andrew Garfield al quale, per essere fatto fuori, è bastato essere stato accusato di aver assalito un’alunna senza il suo consenso.
Che l’opera non voglia essere di parte, ma altresì desideri indurre il pubblico ad una riflessione approfondita, è certo. Che non scelga una strada dogmatica lo è altrettanto. Lo ha dichiarato lo stesso Guadagnino: il film serve a sfidare il pubblico, a farlo anche arrabbiare. Che è poi ciò che la società di oggi sta affrontando ogni giorno tra coloro che vogliono conquistare un pezzo di futuro e chi, invece, è ancorato a preconcetti e privilegi del passato. È vero, l’uomo bianco etero cis potrebbe sentirsi ormai una specie che va protetta, ma è troppo facile ribaltare la medaglia andando nella direzione inversa rispetto a ciò che i paradigmi socio-culturali vogliono suggerirci di seguire nella contemporaneità e non è ciò che vuole fare né After the Hunt, né Guadagnino.
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— favs pop culture (@favspopculture) August 29, 2025
Non c’è l’intenzione di imporre un orizzonte, non si considera di optare per la chiusura di ciò che c’era in passato (l’università è un luogo di lavoro scelto non a caso ai fini della storia), ma nemmeno di impedire un’inclusività che è tanto facile professare e che, a volte, si ha solo l’illusione di star applicando. After the Hunt lascia che a prendere posizione sia lo spettatore - seppure anche il film offra sul finale una più esplicativa chiave di lettura - ma sarebbe da parte della sceneggiatura un errore, anzi, una cecità non evidenziare certi pattern che la società patriarcale continua a ripetere tutt’ora e di cui a volte le artefici sono le donne stesse. È qualcosa che la pellicola illustra pur non pendendo per alcuna delle due parti, lasciando che anche in questo sia il pubblico a decidere poi cosa pensarne.
need julia roberts’ luca guadagnino cardigan pic.twitter.com/SxpxxDCtWs
— isabella (@rneerapps) August 27, 2025
E, in questo magma di analisi e dottrine, per trovare la mano di Luca Guadagnino con After the Hunt serve scrutare nei pertugi dei dialoghi e degli scambi tra personaggi, rendendo immagini le parole e i ragionamenti dei protagonisti grazie a movimenti come quelli delle mani che vengono mosse in sintonia con ogni frase e isolate dal resto del corpo degli attori. Il regista si concentra sui dettagli con cui taglia l’immagine e isola particolari insignificanti, ma estasianti. Si concentra sugli occhi dei suoi attori in cui vuole e possiamo scorgere tutta l’incertezza che il racconto trasuda. Julia Roberts è splendida mentre si crogiola nei suoi abiti bianchi e i mocassini eleganti, ma è scioccante come la giovane Ayo Edebiri non solo riesca a tenerle testa ma, talvolta, a superarla. Momenti utili per quando qualcuno potrebbe avere da ribattere sul fatto che After the Hunt non sia un film ideologico, pur con la sua ricerca sulla rinascita dell’etica morale e quindi distante da un Tár con cui si potrebbe trovare una somiglianza.
Perché è con quelli sprazzi che capiamo che si tratta puramente di cinema, non di retorica. Cinema rievocato dalla colonna sono dei fedeli Trent Reznor e Atticus Ross con melodie da film classici, quasi horror, penetranti come le fitte allo stomaco di cui soffre la protagonista di Julia Roberts. Musiche affilate come i pensieri e gli sguardi dei suoi attori. Fragili come le teorie che sappiamo bene dire, ma non sempre mettere in pratica.












































