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Cosa fa di una borsa una it-bag? E perché alcune, infallibilmente, ritornano

Cosa fa di una borsa una it-bag?  E perché alcune, infallibilmente, ritornano

La moda è ciclica – e fin qui, ci siamo. Ma quando domenica, al debutto di Michael Rider come direttore creativo di Celine (dopo quasi un anno di attesa dalla nomina e dall’uscita di Hedi Slimane), in passerella è apparsa una Phantom Bag, è stato come avere la visione di un’oasi in mezzo al deserto. Alcuni oggetti hanno il potere di innescare immediatamente la memoria visiva: in quel momento è stato come essere catapultati nel 2014, quando i jeans erano ancora skinny e si abbinavano a chiodi di pelle e tacchi vertiginosi. La Phantom è stata la borsa dell’alba dei social media, quella dei filtri Instagram sgranati e dei selfie con la duck face. Ha definito un’era ben precisa ed è stata oggetto di desiderio per ogni fashion insider. 

@samiamdean Fashion icons of the past; the Celine phantom luggage tote. Man i thought these were the pinnacle of fashion and now i havent seen one in years #fashion #fashiontrends #pursecollection #celine #designerbags #fashiontok original sound - Samiamdean

Le creazioni di pelletteria di Phoebe Philo fanno spesso questo effetto. Prima di approdare da Celine, la designer inglese aveva trascorso circa cinque anni come direttrice creativa di Chloé, dove aveva creato quella che spesso viene definita una delle “vere it-bag” della moda, la Paddington. Bella, scomoda e grezza, la Paddington rappresenta nella sua essenza l’era dell’indie sleaze, di tutto ciò che era chic senza provarci troppo. Era la borsa delle celebrità paparazzate mentre facevano la spesa o mangiavano fuori, disordinate ma sempre cool. L’impronta culturale della borsa è troppo significativa per lasciarla morire negli archivi del brand. Non a caso, lo scorso anno Chemena Kamali ha deciso di riproporne il design, aggiornandolo al gusto del 2024 con manici più lunghi e una forma più rettangolare (forse finalmente comoda da portare in spalla). Eppure, se il curriculum di Philo include almeno due it-bag che hanno definito due decenni distinti, da quando la designer ha lanciato il proprio brand nel 2023 nessuno dei suoi nuovi modelli è riuscito a ottenere la stessa rilevanza culturale del passato. Sorge quindi spontanea la domanda: qual è il fattore “it” delle it-bag?

È una questione di estetica?

C’è chi direbbe che sia il design - magari estroso, intricato, sui generis - il fattore vincente per creare una borsa d'annata, eppure la it-bag per eccellenza, la Birkin di Hermès, è un semplicissimo trapezio di pelle con una patta e chiusura con lucchetto (che ormai nessuno utilizza davvero). Più che una borsa nel concetto moda tradizionale, la Birkin si avvicina di più a una valigia a mano, un’esigenza che rispecchiava quella di Jane Birkin quando propose la sua idea a Louis Dumas, all’epoca CEO di Hermès – la borsa originale è stata recentemente venduta ad un’asta di Sotheby’s per 7 milioni di euro. Sebbene il colosso dell’ultra-lusso possegga sia la Birkin che la Kelly, non tutti i modelli della maison francese raggiungono lo status di icona: nessuno parla delle altre centinaia di borse che Hermès ha proposto negli anni, come la Bolide o la Geta. 

Poi ci sono stati designer che forse hanno volato troppo vicino al sole, come nel caso di Tom Ford. Il periodo del designer americano da Yves Saint Laurent viene spesso eclissato dall’imponenza della sua direzione creativa da Gucci, considerata da molti l’apice assoluto della moda in termini di impatto culturale. Tuttavia, da YSL, Tom Ford ha creato una delle borse più famose del brand, che ancora oggi viene rivenduta a prezzi esorbitanti sulle piattaforme di second-hand: la Mombasa. Una borsa che è tutto tranne che semplice, con un manico che imita il corno di elefante, realizzato a volte in plastica, a volte in metallo con intarsi minuziosi e dettagliati. Sexy, un po’ dark e impertinente, la Mombasa rispecchia perfettamente il mantra creativo di Tom Ford. Paradossalmente, da Gucci, Ford non ha avuto la stessa fortuna: la sua borsa più nota, la pochette Horsebit, pur essendo stata riproposta nel tempo, non può essere considerata una vera it-bag, né per gli standard del designer né per quelli della maison italiana.

O è l'it-girl a fare la it-bag?

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Lady Dior by John Galliano
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Lady Dior by John Galliano
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Lady Dior by John Galliano
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Lady Dior by Raf Simons
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Lady Dior by Raf Simons
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Lady Dior by Raf Simons
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Lady Dior by Maria Grazia Chiuri
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Lady Dior by Maria Grazia Chiuri
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Lady Dior by Maria Grazia Chiuri
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Lady Dior by Jonathan Anderson
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Lady Dior by Jonathan Anderson
Cosa fa di una borsa una it-bag?  E perché alcune, infallibilmente, ritornano | Image 574373
Lady Dior by Jonathan Anderson

Sempre sul filone della Birkin, spesso e volentieri si sostiene che una it-bag sia tale perché spesso ispirata da una it-girl. È il caso della Jackie di Gucci, (ri)creata nel 1961 – inizialmente si chiamava Constance, caratterizzata da una forma decisamente più squadrata – dopo che Jackie O. aveva esplicitamente dichiarato la sua passione per questa borsa. Tra i modelli che ci sono sempre stati ma considerati a tratti un po’ obsoleti c’è sicuramente la Lady Dior, che rende omaggio alla defunta Principessa del Galles. Non esiste alcun motivo per cui la Lady Dior non debba essere considerata una vera it-bag: non solo ha conservato il suo status iconico nei decenni, ma nessun direttore creativo della maison ha mai avuto il coraggio di archiviare il suo design, portandola a continue reinterpretazioni.

Durante l’era Galliano, la borsa è diventata più allegra e vivace, sperimentando anche materiali e finiture insolite. Quando Raf Simons è stato brevemente direttore creativo della maison dal 2012 al 2015, la Lady Dior ha assunto sembianze artistiche, come nella celebre versione Graffiti. Con Madame Maria Grazia Chiuri, la Lady Dior è tornata al classico rigore estetico tipico della maison, pur concedendosi alcune audaci interpretazioni - nell'ultima collezione della designer romana, la borsa ha preso delle sembianze un po’ punk, tra borchie e pendenti. Ora ci resta da scoprire quali forme assumerà la Lady Dior sotto la nuova direzione creativa di Jonathan Anderson, designer nord-irlandese che ha già anticipato sul suo profilo Instagram una versione decorata con quadrifogli e una piccola coccinella. Nel suo debutto alla Paris Fashion Week per Dior Homme, Anderson ha reinterpretato l’iconica trama della borsa, dandole nuove forme, più morbide, in netto contrasto con sua la classica rigidità quadrata. Sempre restando sul tema del classicismo, ora resta da chiedersi cosa ci riserverà prossimamente la pelletteria di Chanel: chissà se anche Matthieu Blazy sceglierà di rimodernare le ultra-classiche it-bag del brand, dalla Classic 11.12 alla Boy Bag.

Quando moda e cultura si muovono all'unisono

Forse il vero valore di una it-bag non risiede tanto nella complessità del design, nella rarità dei materiali o nella celebrità che la indossa per prima, quanto nella sua capacità di essere perfettamente in sintonia con il tempo in cui nasce. Una it-bag è il prodotto del suo momento storico, riesce a cristallizzare aspirazioni, estetiche e valori di una generazione, racchiusi in un oggetto che è tanto funzionale quanto narrativo. Non è un caso se molte delle borse diventate iconiche lo sono non per le loro caratteristiche tecniche, ma per la loro capacità di sintetizzare un preciso clima culturale. La Birkin evoca una vita da jet-set borghese, la Paddington racconta l’epoca delle paparazzate e della disinvoltura da tabloid, mentre la Lady Dior incarna l'immaginario regale e imperturbabile tipico degli anni ’90.

Ma quindi, cosa viene prima? Il brand della stagione o la sua it-bag? In molti casi è proprio la borsa a consacrare il marchio, trasformandosi in un manifesto portatile della sua estetica e della sua influenza, com'è successo per esempio con Balenciaga e la City Bag. Quando riesce a diventare un simbolo culturale, a entrare nel linguaggio collettivo non come semplice accessorio ma come archivio visivo di un’epoca, ha davvero guadagnato lo status di it-bag. Proprio per questo oggi, nel 2025, facciamo fatica a parlare di vere it-bag. Il lusso sembra aver smesso di guardare il mondo che lo circonda, tra prezzi che non combaciano con il budget della stragrande maggioranza del mercato e direttori creativi sempre più autoreferenziali. Abbiamo perso il volto e l’idea stessa della borsa generazionale o, forse, stiamo semplicemente aspettando la prossima re-edition.