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L'anno in cui la moda ha rischiato il fallimento

Il cortocircuito tra quelli che gli economisti dicono e quello che i consumatori fanno

L'anno in cui la moda ha rischiato il fallimento  Il cortocircuito tra quelli che gli economisti dicono e quello che i consumatori fanno

A gennaio dello scorso anno le aspettative sul 2022 erano promettenti: si preannunciava l’anno della ripresa, tanto economica quanto morale, per la società e per i mercati, dopo un biennio di stanchezza pandemica. Ma sono bastati pochi mesi per scoprire che il 2022 non sarebbe stato affatto sinonimo di rinascita, ma in compenso sarebbe potuto diventare l’anno della disfatta. L'inflazione, già elevata, ha raggiunto livelli che non si vedevano dai primi anni Ottanta, l’inaspettata invasione Russa dell'Ucraina ha precluso una fetta di mercato per la maggior parte dei marchi occidentali, da aggiungersi alla politica dello Zero Covid in Cina, la nazione che più tra tutte aveva trainato la crescita economica degli ultimi anni nel settore moda. Si aggiungono l'aumento dei tassi di interesse, il crollo del mercato azionari, il susseguirsi di licenziamenti nel settore tecnologico, il rischio di recessione per Regno Unito e gran parte dell'Europa. Eppure, nonostante i presupposti di uno scenario che ha portato alcuni a rispolverare Nostradamus, sembra esserci un cortocircuito tra quelli che gli economisti dicono e quello che i consumatori fanno.

Secondo uno studio dell'Università del Michigan riportato da BoF, l'indice della fiducia dei consumatori statunitensi si è attestato a 59,7% a dicembre, in calo rispetto al 70,6% di un anno fa, ma in crescita rispetto a novembre e al di sopra delle previsioni medie degli economisti. Similmente un sondaggio della Confederazione dell'Industria britannica ha riportato un aumento di 11 punti della domanda dei consumatori a dicembre, rispetto al calo di 19 punti di novembre. Secondo gli economisti, il rialzo può essere attribuito alla riduzione dell'inflazione, dal momento che le vendite al dettaglio raccontano una storia simile: gli acquisti sono scesi dello 0,6% negli Stati Uniti e dello 0,4% nel Regno Unito nel mese di novembre rispetto al mese precedente. In tempi di grandi incertezze, l'andamento azionario delle grandi aziende può rivelarsi un indicatore importante per riuscire a leggere i repentini cambiamenti del mercato in un'ottica più ampia. 

Come sottolinea Cathaleen Chen infatti, Nike, che ha presentato i risultati trimestrali all'inizio di questa settimana, è un esempio istruttivo di come cavalcare gli alti e bassi dell'economia. Le azioni del gigante dello sportswear sono crollate a settembre dopo aver riportato le conseguenze di un mix di pandemia, merce in ritardo e vendite deboli in Cina. Ciononostante martedì scorso, l'azienda ha dichiarato di aver fatto progressi riportando vendite e utili superiori alle aspettative, con un'impennata delle azioni. Le buone notizie in casa Nike hanno avuto un effetto a cascata sull'intero settore, con i titoli della moda generalmente in salita. Anche Nordstrom, American Eagle, Vince e Urban Outfitters Inc. hanno sottolineato i loro sforzi per migliorare il funzionamento delle rispettive supply chain in recenti conferenze stampa, ponendo le basi, secondo gli analisti, di un mercato della moda molto più solido in vista del 2023.