FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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Come la recessione mette in discussione i sistemi creativi E come la moda dovrebbe imparare dal mondo dell'arte

Nell’arte, la scarsità di capitali ha da sempre generato alternative, tra residenze d’artista, laboratori collettivi e merch. La moda potrebbe imparare da questo modello. Se il lusso corporate continua a crescere, la recessione può aprire spazi agli indipendenti: brand che vivono di prossimità, reti locali e investimenti minimi ma mirati. Realtà come Sarabande a Londra, che offre residenze e supporto economico ai giovani creativi, o Café Forgot a New York, che ha reinventato il retail come spazio fluido e sostenibile per designer indipendenti, mostrano che un’altra via è possibile. 

Il mondo dell’arte, come quello della moda, sta passando un momento pessimo, infatti  secondo l’Artnet Intelligence Report (settembre 2025) le vendite all’asta nei primi sei mesi dell’anno hanno raggiunto solo 4,72 miliardi di dollari, registrando un calo dell’8,8% rispetto allo stesso periodo del 2024 e una contrazione di oltre il 40% rispetto ai livelli del 2022, segno di una crisi ormai strutturale nel mercato. Ma questo, come ci insegna la storia, non è sempre un problema insormontabile, ci vuole tempo e nuove strategie. Sembra un paradosso, ma ogni crisi porta all'innovazione. Se nella moda la crisi delle manifatture e dei retailer online è ormai evidente, anche l’arte vive una fase di difficoltà, ma entrambi i mondi possono ancora reinventarsi.

Una mostra sull'arte delle recessioni a Londra 

Così la mostra Don’t look Back che si sta tenendo alla UNIT Gallery di Londra affronta esattamente questo tema dandoci spiragli di positività, partendo dai principi che legano le grandi recessioni e la successiva nascita di fondamentali movimenti culturali. Ad esempio, in Regno Unito il Mercoledì Nero del 1992 coincide con l’apice del movimento YBA (Young British Artits) tra cui esponenti prinicipali vediamo Tracy Emin e Damin Hirst. La co-curatrice Sigrid Kirk, in una recente intervista al Financial Times in occasione della mostra traccia un parallelo con il presente: «I periodi di recessione penalizzano il mercato, ma aprono nuovi spazi per gli artisti e oggi gli artisti stanno tornando a collaborare tra loro», spiega. Insieme all’altra curatrice, Beth Greenacre, sottolinea questo messaggio già all’ingresso della mostra, dove un vivace chiosco presenta merch (ceramiche, abiti e poster) realizzato dagli artisti stessi.

La Sarabande Foundation a Londra 

La moda può reagire trasformando il merch in strumento di apertura e la comunità in un sistema di scambio reciproco e vitale. Dall'altro attraverso residenze d’artista, vere comunità nomadi che oggi vedono protagonisti anche i creatori di moda. Rimanendo in Regno Unito infatti la Sarabande Foundation, fondata nel 2006 grazie a Lee Alexander McQueen, nasce come estensione naturale della sua sensibilità inarrivabile, quella che ha saputo tradurre il dolore in forma. Pensata per sostenere la nuova generazione di creativi radicali la fondazione offre oggi un modello di supporto raro nel panorama culturale londinese, un programma di residenze fortemente sovvenzionate, con spazi che vanno da 10 a 35 mq affittati al costo simbolico di £1 per mq al mese.  Per l’anno 2024/25, Sarabande ha selezionato 15 progettisti per ciascuno dei suoi due siti, a Haggerston e Tottenham High Road, per un totale di circa 30 residenze attive contemporaneamente. In un’occasione recente la fondazione ha riunito inoltre circa 280 ex-allievi in un pop-up da Selfridges. Anche in Italia ci stiamo iniziando a muovere con residenze per designer di moda, grazie a iniziative come ITS Arcademy a Trieste tra formazione e supporto per talenti internazionali con corsi gratuiti. 

Cafè Forgot a New York

Se le residenze da un lato sono un importante passo, dall’altro i negozi devono aiutare questo rapporto eco-economico attraverso la costruzione di solide comunità. È il caso di Cafè Forgot a New York, che prende proprio tutti questi elementi. Fondato nel 2017 da Vita Haas e Lucy Weisner, entrambe con formazione in storia dell’arte, Café Forgot nasce come progetto di tesi e si definisce fin dall’inizio come un community-based shop, in cui il gesto del vendere coincide con quello del condividere. La loro pratica si sviluppa tra uno spazio fisico stabile su Ludlow Street e una rete di attivazioni ephemeral.

@cafe_forgot @Blondita pop-up has only just begun day 1 was the loveliest clothes and the cutest summer gals. Amazing weekend ahead #sailorsummer original sound - zy

Il negozio ospita reading club, film screening, performance e momenti di socialità condivisa, in cui la vendita si intreccia a un programma culturale diffuso. Queste attivazioni restituiscono alla moda una dimensione collettiva, dove il gesto dell’acquisto coincide con quello della partecipazione, e il valore nasce dalla relazione piuttosto che dalla produzione, mantenendo un’estetica DIY e quasi-punk che rifiuta ordini minimi e standard produttivi. Ogni oggetto - un abito, una ceramica, un gioiello - diventa parte di una micro-comunità affettiva, dove il valore è relazionale e non quantitativo. In questo senso, Café Forgot agisce come una forma di attivismo eco-sociale, un laboratorio in cui il sistema moda si riformula a partire da pratiche collaborative. Come dichiarano le fondatrici, «noi forniamo uno spazio dove vendere i propri lavori senza la pressione di produrre un’intera collezione», un’affermazione che oggi suona come manifesto.

I gruppi-soggetto nella moda

In un contesto di crisi, Café Forgot e Sarabande rappresentano due esempi di ciò che il filosofo francese Felix Guattari avrebbe definito «gruppi-soggetto»: comunità capaci di alimentarsi e di generare valore culturale al di fuori dei circuiti economici tradizionali. Café Forgot e Sarabande Foundation dimostrano che le comunità creative possono ancora generare valore culturale e relazionale al di fuori delle logiche dominanti. È da qui che può passare il presente: sostenere realtà indipendenti, scegliere la prossimità invece della distanza, la cura invece dell’accumulo. In tempi di recessione, il vero lusso è investire nella creatività mentre accade e non quando è già stata trasformata in capitale.