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Perchè le community sono così importanti per i brand

Nate nel mondo streetwear, anche la moda di lusso le vuole ricreare

Perchè le community sono così importanti per i brand Nate nel mondo streetwear, anche la moda di lusso le vuole ricreare

Possedere una propria community è qualcosa di fondamentale per qualunque brand di moda – anche se spesso il senso della parola risulta ambiguo. Se nei casi migliori la community di un brand si forma per lo più da sé, anche se con l’aiuto e l’incoraggiamento del brand stesso, come succede nel caso di Diesel ad esempio; ce ne sono molti altri, specialmente nel campo del lusso, in cui la community e la clientela non corrispondono sempre e comunque, portandoci a parlare più che altro di “seguito”, e che sono più artificialmente costruite attraverso precise strategie di marketing. Sia come sia, di una community c’è bisogno dato che costituisce, non tanto il pubblico di un brand, quanto le persone che si trovano sotto la sua influenza. Se una certa collezione o un certo brand lanciano un trend che altri seguono, basti pensare a Miu Miu o Balenciaga negli ultimi anni, è la community che agisce da cassa di risonanza per esso – ciò che nella teoria del marketing si definisce “primi aderenti” o “early adopters”. Le community svolgono un ruolo cruciale nella definizione di una brand identity: le signore progressiste anni ’20 furono la community di Chanel, così come CEO e magnati di mezzo mondo rappresentano la community di Brunello Cucinelli o Loro Piana, i cantanti rock sono la community di qualunque progetto di Hedi Slimane e le donne in carriera con un lato intellettuale sono la community di The Row e Phoebe Philo. C’è una chiara connessione, comunque, tra community e valori del brand – quando questi ultimi risultano poco trasparenti, la community stenta a formarsi. Non sorprende dunque che il primo luogo di definizione delle community sia stata la scena streetwear: gli skater newyorchesi di Supreme, i rapper di Harlem di Dapper Dan, i surfer californiani di Stussy, i fanatici dell’hip-hop dei primi 2000 di BAPE, i cultisti di Yeezy e via dicendo. Oggi, invece, gli esempi  più egregi di streetwear community da cui l’intera industria potrebbe imparare sono Corteiz e Places+Faces.

Le moderne community streetwear

@cultureforce Let’s talk about Corteiz! #corteiz #streetwear #ukfashion #fashionforyou Blade Runner 2049 - Synthwave Goose

Gli streetwear brand che oggi vantano community più solide e attive, hanno definito la propria struttura come brand sulle base di una community pre-esistente. Così è iniziata la storia di Places+Faces. Nell'estate del 2013, Ciesay era immerso nella scena Hip Hop di New York, e al contempo Soulz, a Londra, catturava la scena musicale locale. Insieme, hanno creato una vasta gallery di scatti delle comunità di New York e Londra condividendola online tramite un account Tumblr, dando vita a quello che sarebbe diventato Places+Faces. Da quel momento in poi, la community del brand è cresciuta esponenzialmente, espandendosi globalmente e attirando l'attenzione di un pubblico che si identificava con la scena ritratta da Ciesay e Soulz. Attraverso attivazioni, feste ed eventi culturali che hanno saputo rafforzare il concetto stesso di community, Places+Faces è riuscita a conquistare metropoli come Tokyo, Seoul, Milano, Parigi, Los Angeles, Toronto e Hong Kong, espandendo e consolidando la sua fanbase e diventando di conseguenza un marchio riconosciuto a livello globale. Arrivando a collaborare con XBOX, Havana Club e Gentle Monster, Places+Faces ha saputo dimostrare, prima di tutto, come le community possano tentare un approdo nella pop culture. In parte, anche il "caso" di @sportmafiaboys, pagina Instagram la cui community, guidata dalla passione per l'estetica gorpcore e la venerazione totale per l'universo Nike, è famosa per rappresentare un vero e proprio lifestyle che non è costruito sulla base di un certo brand ma di una silhouette, di uno stile reinterpretabile – darne una propria versione e venire repostati significa “salire” nel ranking. Lo stesso si può dire di @uniformdisplay e, in termini leggermente diversi ma non comunque del tutto estranei, di @jjjound, dove la community è riunita intorno al gusto personale di Justin Saunders. 

@harrisonashberry Corteiz the best UK streetwear brand? #fyp #uk #ukstreetwear #corteiz #rtw #drip #fashiontiktok One Dance - ati2x06

Questo tipo di approccio, riscontrabile anche in un brand come Corteiz, che dimostra l'importanza di costruire una community forte e coesa intorno a valori condivisi e a un'identità unica che si muove attraverso attivazioni “di strada” che coinvolgono un vasto numero di clienti e fan richiamati in un certo posto a una certa ora per ricevere o acquistare per primi l’ultima release. In questo senso, l’eccitazione di un incontro collettivo crea il senso di appartenenza e di comunità a un movimento più grande del singolo individuo. Gli abiti di Corteiz  trasformano in uniforme, intesa come simbolo di appartenenza e affiliazione a una subcultura che sfida le norme stabilite dal fashion system e celebra l'individualità e l'autenticità. Sono stati i social media ad aver svolto un ruolo essenziale nel generare questo senso di appartenenza. Forum come NikeTalk, Simply Supreme e BAPETalk, così come i profili Instagram di Clint (il fondatore di Corteiz), Lostboyschannel, Escalopeviandehache, hanno condiviso su Instagram e TikTok le diverse sfaccettature dei marchi e della vita delle subculture. Così facendo hanno creato un'onda d'interesse che ha travolto anche chi, in determinate realtà, non avrebbe minimamente pensato di immedesimarsi. Ma chi sono i clienti di questi brand? Tolto chi fa parte delle community in maniera attiva (skater, writer e molti altri ancora), a interessarsi dei marchi che fanno leva su questo concetto sono delle persone apparentemente distanti, e per interessi, e per attitude. Succede, dunque, che dall'interessamento di una platea sempre più ampia nei confronti di brand di questo genere, può nascere uno spiccato fanboyismo, pronto a creare spaccature identitarie al suo interno, che minacciano soprattutto la percezione che la fashion culture in generale ha nei loro confronti.