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Il segreto per diventare influencer? Avere qualcosa da dire

Come si è evoluta la figura dell'influencer negli anni

Il segreto per diventare influencer? Avere qualcosa da dire Come si è evoluta la figura dell'influencer negli anni

Tra derisione, invidia e un’ostinata fascia di persone che non vuole ancora ammettere che si tratti di un vero lavoro, quello dell’influencer è un mestiere che esiste da poco più di 10 anni e nonostante ciò è già diventato un tedioso cliché. Eppure il termine, al di là dell’immaginario che evoca, si applica a tutti i tipi di creator digitali indipendentemente dalla piattaforma che prediligono: dai TikToker ai vlogger di YouTube, dalle personalità di Twitter ai detentori di una newsletter, dagli editor ai meme maker. Un settore di giorno in giorno più saturo e che ingloba un numero vertiginoso di sotto-categorie in costante crescita, tanto che non è mai del tutto chiaro chi tra la nuova guardia sarà in grado di sfruttare una momentanea ondata di popolarità - la grazia dagli algoritmi - per costruire una carriera duratura. Com’è cambiato dunque negli anni l’influencer marketing? Cosa significa davvero ‘influenzare’ in un’era in cui le tendenze possono durare anche meno di un giorno e la popolarità è alla portata di tutti? 

Per quanto riguarda le vecchie glorie come Chiara Ferragni e Olivia Palermo - coloro che dai blog Wordpress ai feed di Instagram hanno plasmato il concetto di influencer come lo conosciamo oggi - con il passare del tempo si sono trasformate in altro, imprenditrici o celebrità, il prodotto di un'era recente eppure già ampiamente sorpassata fatta di show-off e perfezione. Complice TikTok, le tipiche ragazze bionde dall’armadio straripante delle ultime uscite dei brand più in voga (alla Camille Charrière per intenderci), riscuotono meno successo di un tempo, proprio perché la sezione esplora di ciascun account Instagram è satura di ragazze che sfoggiano gli stessi outfit, la stessa borsa, la medesima acconciatura. Gli astri nascenti più seguiti ci danno una chiara idea di ciò che gli utenti cercano durante lo scrolling: una personalità spiccata e un'estetica forte, che sappia distinguersi in un marasma di look tutti uguali. Come nel caso di Xenia Adonts, influencer che cade perfettamente nella descrizione e che grazie al rapporto diretto e personale creato con il following è riuscita a guadagnarsi 2 milioni di follower su Instagram e 1.5 milioni su TikTok. Figure come Emma Chamberlain prima del suo congedo, che con un approccio spontaneo e poco patinato riescono a fidelizzare attorno a sé community attive come poche, evocando i tempi andati del blogging, quando l'individualità e un po' di stranezza erano le benvenute.

Il concetto di influenza è sempre più volubile: vantare miliardi di follower non vuol dire per forza essere in grado di ‘spingere’ gli utenti a comprare determinati item e TikTok, con al sua capacità di trasferire il potere degli influencer all’algoritmo, ne è la perfetta dimostrazione. Paradossalmente è molto più probabile che un compratore acquisti un vestito di House Of Sunny dopo aver visto qualche clip andata virale per puro caso sulla piattaforma cinese, magari ad opera di un creator che conta pochissimi follower, piuttosto che un utente acquisti un capo visto su qualche #adv di Instagram. 

Allo stesso tempo sui social non è più necessario ‘mostrarsi’ per diventare popolari: lo dimostrano account come Styledotcom e Ideservecuture, le pagine d’archivio e moodboard come nel caso dei curator alla Samutaro e Sabukaru. Ora che la cultura e l’istruzione passano (a volte pericolosamente) anche dai social, i follower vogliono portare le loro conoscenze e opinioni nella discussione tanto quanto vogliono vedere cosa ha da dire in merito un determinato creator. Gli influencer in questo, rispetto alle pagine istituzionali di magazine e riviste, riescono a fornire contenuti educativi e allo stesso tempo personali, creando dibattiti e rafforzando una community di fedelissimi. In generale c’è un crescente interesse per quei contenuti che vanno al di là della semplice storia delle passerelle, che si concentrino piuttosto sui dietro le quinte, sui segreti del mestiere e sulle storie taciute, come dimostra il successo social di Federica Salto, Mariella Milani o di Aja Barber, giornalisti che hanno saputo basare il proprio successo sul racconto del proprio mestiere in tutte le sue sfumature. Forse siamo ufficialmente entrati nell’era della meritocrazia dei social, un tempo in cui esseri diversi, avere qualcosa da dire, sono i criteri che guidano like e visualizzazioni molto più di un bell'aspetto.