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Il rapporto tra cinema e moda secondo Luca Guadagnino

Da Raf Simons a JW Anderson

Il rapporto tra cinema e moda secondo Luca Guadagnino  Da Raf Simons a JW Anderson
Io Sono l'Amore (Luca Guadagnino, 2009)
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Io Sono l'Amore (Luca Guadagnino, 2009)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
Io Sono l'Amore (Luca Guadagnino, 2009)
Io Sono l'Amore (Luca Guadagnino, 2009)
Io Sono l'Amore (Luca Guadagnino, 2009)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)

Ieri Jonathan Anderson, celebratissimo direttore creativo di JW Anderson e Loewe, ha annunciato che firmerà i costumi di Challengers, il nuovo film di Luca Guadagnino con protagonista Zendaya. La notizia ha fatto una certa sensazione dato che Anderson è uno dei designer più criticamente e commercialmente apprezzati degli ultimi anni, responsabile di aver iniettato una nuova dose di surrealismo all’interno di Loewe, ma anche pioniere di un tipo di comunicazione di moda basato su libri, show-in-a-box, meta-campagne fotografiche e lookbook presentati come calendari oltre che scattati da Juergen Teller.

Ma questa collaborazione tra regista e designer di moda non è affatto una novità per Guadagnino che già nel 2005 prestava il suo occhio registico a Silvia Venturini Fendi per il cortometraggio The First Sun con cui venne presentato la collezione SS06 di Fendi – collaborazione rinnovatasi nel 2019 con la creazione di una stampa da parte di Guadagnino utilizzata per la SS20 del brand. Sempre Guadagnino ha firmato una serie di videocampagne d’artista per Armani, Cartier e Salvatore Ferragamo negli anni anche se il suo contributo più significativo in questo senso è stato il mediometraggio The Staggering Girl firmato nel 2019 in collaborazione con Valentino e con un cast di star che includeva Julianne Moore, Kyle MacLachlan e Mia Goth.

Io Sono l'Amore (Luca Guadagnino, 2009)
Io Sono l'Amore (Luca Guadagnino, 2009)
Io Sono l'Amore (Luca Guadagnino, 2009)
Io Sono l'Amore (Luca Guadagnino, 2009)
Io Sono l'Amore (Luca Guadagnino, 2009)

Ma questa è solo la superficie della connessione profonda e a volte complessa che lega Guadagnino e il suo cinema alla moda. Di sicuro la sua prospettiva estetizzante, la sua romantica esplorazione dell’amore negli ambienti della colta upper class italiana compiuta con la Trilogia del Desiderio (che include Io Sono l’Amore, A Bigger Splash e l’iconico Chiamami col Tuo Nome) lo ha portato necessariamente a confrontarsi con i linguaggi estetici e sartoriali dell’alta borghesia. Questo rapporto inizia a farsi più denso e significativo proprio con Io Sono l’Amore, film del 2009, ambientato in una Milano aristocratica ed elegantissima, con la protagonista, Tilda Swinton, che indossa una serie di straordinarie ri-edizioni della collezione SS08 di Jil Sander commissionate dalla costumista Antonella Cannarozzi a Raf Simons, che ai tempi era il direttore creativo del brand. Insieme ai gioielli di Damiani (un tocco delizioso, dato che proprio Damiani, anche se tecnicamente piemontese, è un brand milanesissimo dato che possiede la sua boutique praticamente al centro di Via Montenapolone) e a pezzi dell’archivio di Fendi, Guadagnino e la costumista Cannarozzi espressero la classica estetica della “sciura” di Montenapolone (la famiglia immaginaria del film viveva a Villa Necchi!) ma in una visione così minimalista e brillante nei colori da astrarne la figura fuori dal tempo.

A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)
A Bigger Splash (Luca Guadagnino, 2015)

Raf Simons tornò a collaborare con Guadagnino nel 2015 per A Bigger Splash, sempre con protagonista Tilda Swinton ma questa volta ambientato nello spettacolare scenario delle isole siciliane. A quei tempi Simons era diventato il direttore creativo di Dior – che firmò dunque i costumi del film. L’operazione messa in moto dalla customista Giulia Piersanti (ex-knitwear designer per Fendi e Balenciaga, tra le altre cose) fu molto vicina alla sensibilità di Simons: nel film Swinton interpreta una rock star in vacanza a Pantelleria. C’è dunque una doppia rappresentazione: nella vita pubblica e sul palco il personaggio è chiaramente ispirato a David Bowie, amico personale dell’attrice ma anche icona di Simons, mentre nella sua vita privata i suoi costumi sono ispirati ai codici borghesi degli anni ’50. Proprio questi outfit sono in sé stessi una citazione a Viaggio in Italia di Rossellini che ha per protagonista Ingmar Bergman. «Ogni volta che qualcuno pensa che la moda sia qualcosa di superficiale io, rispettosamente, dissento», ha detto il regista ad Another Magazine. Qui più che nel film precedente i costumi possiedono un vibe Simons-iano: occhiali futuristici, camicie oversize, abiti di cotone drappeggiati e annodati ma anche gonne a tulipano e caftani multi-pattern. Sempre in questo film, il personaggio di Swinton, che è temporaneamente muto, può parlare solo attraverso i suoi gesti e i suoi abiti – ed è per questo che, a differenza di Io Sono l’Amore, i costumi del film risuonano in una maniera del tutto diversa.

Sempre Piersanti collaborò con Guadagnino ai suoi film successivi e alla miniserie We Are Who We Are. In Chiamami col tuo nome il legame con la moda è molto più sottile: impegnandosi a ricostruire fedelmente il vestiario anni ’80 in Italia, Piersanti si ispirò ai vecchi album di foto dell’epoca e alle foto di Charles H. Traub e facendo, ad esempio, indossare al personaggio di Thimothèe Chalamet una enorme quantità di polo Lacoste, popolarissime in Italia all’epoca; ma per il personaggio di Armie Hammer, che era americano, proveniva dal blueprint delle guide allo stile di Charles Hix le cui foto erano scattate da Bruce Weber. Diverse furono le cose per We Are Who We Are dove la moda ha un ruolo molto importante perché vuole ritrarre fedelmente il gusto estetico delle nuove generazioni. La mini-serie esplora la cultura giovanile contemporanea e specialmente le issues della sessualità e del gender, ed è stata per il menswear quello che, sul piano della moda, Euphoria è stato per il womanswear. Per raccontare questo tipo di varietà, Piersanti si affidò nuovamente a Raf Simons che offrì alcuni pezzi del suo archivio, ma introdusse nel vocabolario dello stile del protagonista Jack Dylan Grazer capi di brand giapponesi come Comme des Garçons, Yohji Yamamoto, Human Made e Kapital ma anche pezzi di Celine, Rick Owens, Vetements e Saint Laurent oltre che a streetwear brand come Noah, Aries, Stussy, Cactus Plant Flea Market. 

Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19
Undercover FW19

Il rapporto con la moda si inverte con Suspiria. I costumi del film, ambientato nella Berlino della Guerra Fredda, sono stati creati da Piersanti ispirandosi ai servizi di Sibylle, magazine di moda sovietico che la costumista stessa definì come «il Vogue socialista», ma anche alle opere di Christo per i costumi della scena di danza, ai drappeggi di Madame Grès e includevano, per le scene finali, persino abiti fatti con capelli umani. Ma questa volta fu il film a ispirare la moda e nello specifico Jun Takahashi che per la collezione FW19 di Undercover, presentata attraverso un lookbook, serigrafò alcune immagini del film su molti degli item della collezione che culminò con un cappotto che riproduceva l’intera figura di Tilda Swinton nel suo enorme abito rosso. La cosa fu insieme interessante e insolita dato che Takahashi, abituato a riempire le sue collezioni di reference cinematografiche, non utilizzò un film del passato (normalmente le sue citazioni sono dedicate ai film di Kubrick, Akira Kurosawa e di recente persino Nosferatu) ma del presente, uscito soltanto l’anno prima. Per i fan di Undercover, l’apparizione di Suspiria nella collezione potrebbe equivalere a un giudizio di Takahashi sul film – come a dire che, al pari degli altri da lui citato, Suspiria fosse già un classico. Sicuramente l’estetica generale del film, pur essendo del tutto dissociata dal lavoro di Takahashi, si avvicinò molto al suo gusto estetico: il distressing, l’ingenuità dell’abbigliamento vintage, la violenta carica eversiva della stregoneria simboleggiata dai lampi di rosso visti tanto sullo schermo che nel lookbook. 

Ma se in tutti i film precedenti l’osmosi tra moda e cinema si produsse in termini centrali ma semi-invisibili (il lusso understated della borghesia milanese, i look di una rockstar in vacanza, il guardaroba degli adolescenti) il nuovo Challengers, i cui costumi saranno firmati da Jonathan Anderson potrebbe essere il film che fa il proverbiale salto di qualità. Anderson è un designer estremamente versatile e brillante ma anche dotato di una personalità molto forte e riconoscibile ed è difficile pensare che il suo spiritoso surrealismo, l’intricata costruzione dei capi e la sua sensibilità pop non trasudino sullo schermo. Specialmente, poi, se la sua musa sarà Zendaya.