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Netflix Anatomy: Everything Sucks!

Le ispirazioni dietro la nuova serie di Netflix ambientata negli anni ‘90

Netflix Anatomy: Everything Sucks! Le ispirazioni dietro la nuova serie di Netflix ambientata negli anni ‘90

È il 1996. Niente cellulari o Instagram. C’è ancora Blockbuster; la musica si ascolta col walkman; gli Oasis litigano con i Blur; le icone femminili sono donne complicate come Courtney Love, Gwen Stefani, Tori Amos o Fiona Apple; le camicie a quadri e i top cropped sono un must; Leonardo di Caprio è il tipo di Basketball Diaries e gli anelli lecca-lecca sono lo spuntino quotidiano.

In questo scenario Luke O'Neil (Jahi Di’Allo Winston), i suoi amici dell'A/V Club, Kate (Peyton Kennedy), Emaline (Sydney Sweeney) e il gruppo del teatro cercano di sopravvivere all’adolescenza e, nel frattempo, di capire chi sono.

Tra amicizie, innamoramenti, figuracce, difficoltà quotidiane, l’unica costante della loro vita è una sola: tutto fa schifo.

Nessuna frase meglio di questa descrive l’essere adolescenti.

Non a caso è la stessa che Ben York Jones e Michael Mohan hanno scelto come titolo della loro serie tv su un gruppo di studenti nerd della Boring High School.

Lo show di Netflix, composto da dieci episodi da poco più di venti minuti l'uno, riprende il mood di teen-drama come My So-Called LifeFreaks & Geeks, restando un prodotto godibile, leggero, piacevolmente citazionista, ma lontano dalla qualità di serie come The End of The F***ing World o come Stranger Things.

 

Feel like: Henrietta Harris

Volti spezzati, frammentati come pezzi di uno specchio rotto. 

Volti che sembrano dissolversi, dissiparsi come fossero fumo o che sono nascosti dietro a pennellate di colore.

I protagonisti dei dipinti su carta, soprattutto acquerelli, realizzati dalla neozelandese Henrietta Harris sono giovani in divenire, in cerca di un’identità tra le tante sfumature di loro stessi.

Come i ragazzini di Everything Sucks!.

 

Dress like: Ader Error

Per vestire i ragazzini di Everything Sucks! la costumista Alexandra Welker ha fatto un viaggio nell’estetica anni ’90.

Ha sfogliato le pagine di riviste di moda, cataloghi di negozi, libri, annuari delle scuole superiori del decennio e visto molti film come Empire Records o Reality Bites.

La protagonista di una serie, Angela Chase di My So Called Life, è ad esempio l’ispirazione alla base del look di Kate, anche se l’abito sottoveste color argento sfoggiato al party finale dalla ragazza grida a gran voce “Calvin Klein”.

In genere, però, i vestiti indossati da Luke e dagli altri studenti della Boring High School sono quelli che componevano il guardaroba dell’adolescente medio del 1996: jeans, t-shirts, camicie (spesso a quadri), scarpe da ginnastica e aria sdrucita.

Quello stesso mix di pezzi che, reso più glamour da Marc Jacobs per Perry Ellis, ha dato via al grunge nella moda e ha formato l’iconografia estetica di un’intera generazione.

Tutta l’atmosfera e lo stile di quel periodo è incarnato da Emmaline. La regina del gruppo teatrale, alla ricerca della propria identità, sperimenta con i look, prendendo come ispirazioni le icone femminili dei ’90: Courtney Love, Gwen Stefani (nella versione No Doubt) o la dark Fairuza Balk nel cult movie The Craft.

Tra gli accessori sfoggiati dall’eclettica teenager e dal suo ragazzo Oliver, aka il tipo col cappotto da ufficiale dei Marines della seconda guerra mondiale pieno di spillette di band post-punk degli anni '80, c’è un omaggio alla coppia Billy Bob Thornton e Angelina Jolie: la collana con la fiala di sangue.

E se la crew di Everything Sucks! dovesse indossare i capi di un brand contemporaneo? Probabilmente la scelta ricadrebbe su Ader Error.

 

Think like: Adrienne Salinger "In My Room: Teenagers in Their Bedrooms"

Uno dei libri che la costumista Alexandra Welker ha studiato più attentamente per ricostruire l’estetica anni ’90 è In My Room: Teenagers in Their Bedrooms di Adrienne Salinger.

Pubblicato per la prima volta nel 1995, è il frutto di 2 anni di lavoro nei quali la fotografa ha collezionato interviste e immagini di oltre 40 adolescenti, ritratti nelle loro camerette.

“Ho iniziato questo lavoro per frustrazione, perché non sopportavo il modo in cui gli adolescenti della West Coast venivano raffigurati in tv… C’era questo show televisivo in quel periodo, Beverly Hills 90210, ed era davvero atroce” -  ha raccontato l’autrice in un’intervista a Huck Magazine e ha continuato spiegando - “Il lavoro è iniziato anche come desiderio di dare una sorta di voce alle contraddizioni che si verificano quando si è sull’orlo del cambiamento. Proprio in quel momento della vita in cui si vive ancora con i genitori, e non importa da quale gruppo socio-economico vieni, la tua cameretta è ancora tre metri per quattro, con una lampadina da 60 watt sopra di te, e tutto quello che possiedi è lì”.

Sempre parlando a quella rivista Welker ha rivelato un curioso dettaglio:

“Ho iniziato a notare, forse dieci anni fa, che nei film e nelle pubblicità in TV, vedevo un sacco di camere di adolescenti che ricordavano le mie foto. E un giorno un regista televisivo mi disse: 'Sai, il tuo libro è la Bibbia per i direttori di set a Los Angeles!'. 

Quando si dice ironia della sorte…

 

Sound like: Cornflake Girl by Tori Amos & Wonderwall by Oasis

Uno dei punti forti della serie Netflix è, senza dubbio, la colonna sonora e guardare i 10 episodi della prima stagione è come ascoltare un piacevole mixtape di metà anni ’90.

Tori Amos è la cantante preferita di Kate; mentre i ragazzi festeggiano la proiezione del loro film partono le note di The Cardigans con Lovefool; un bacio tanto atteso ha in sottofondo Ordinary World dei Duran Duran; un’amicizia sboccia sulle parole di Don’t Look Back In Anger degli Oasis e sempre i fratelli Gallagher con Wonderwall sono la dichiarazione d’amore scelta da Luke.

La playlist è variegata e comprende anche la famosissima Two Princess degli Spin Doctor,  I Counting Crows con Mr. Jones, Pink Triangle dei Weezer, Breakfast at Tiffany's dei Deep Blue Something, In the Meantime degli Spacehog, Popular dei Nada Surf e molte altri pezzi.

Un piccolo gioco: riuscite ad indovinare tutte le canzoni parodiate all’interno del video-dichiarazione d’amore di Luke a Kate?

(La risposta: Oasis Wonderwall, Alanis Morissette Ironic, Radiohead Fake Plastic Trees, Des’ree You Gotta Be, Nirvana Smells like Teen Spirit, Blind Melon No Rain).

 

Taste like: Ring Pops

Love like: lo stile scanzonato e innocente

La serie creata da Ben York Jones e Michael Mohan forse non sarà lo show dell’anno, un prodotto di alta qualità come Stranger Things, a cui molti lo paragonano, ma è godibile.

A renderlo tale sono l’atmosfera anni ’90 e, soprattutto, lo stile scanzonato e innocente.

I protagonisti di questa serie non sono adulti fatti e finiti intrappolati in corpi di quindicenni, che, invece, spesso nei telefilm (le serie tv le chiamavamo così nel decennio del grunge e del brit pop) erano in realtà adulti fatti e finiti intrappolati in corpi di ultraventenni che fingevano di essere quindicenni. 

Kate, Luke e il resto della crew sono credibili, fragili, goffi e irrisolti come chiunque alla loro età.

È questo il vero punto forte di Everything Sucks!.