FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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La storia della moda italiana attraverso Vinted Come un'app racconta la geografia dello streetstyle del Paese

Il decluttering non è soltanto la possibilità di rimettere in circolazione un oggetto, rivenderlo e reinserirlo in un flusso ma, analizzando flussi e provenienze di questi capi ed oggetti, si potrebbe addirittura ricostruire la geografie delle boutique italiane oramai scomparse, negozi che divulgavano direttamente moda d’avanguardia nella provincia. Vinted in Italia può rivelarsi molto di più di una piattaforma di compravendita: è una cartografia della moda dispersa sul territorio, tracciata attraverso i venditori. Navigando nei mari - poco tempestosi - dello scrolling, emergono pezzi unici e preziosi, come nella ricerca di un tesoro. E, proprio come per un tesoro, i racconti di questi pezzi provengono spesso da profili di baby boomer e Gen X.

Così si delinea una rappresentazione del Belpaese attraverso i luoghi in cui questi capi furono acquistati. Le boutique diventano la descrizione migliore di quello che è stato, forse, l’ultimo periodo spensierato del commercio: gli anni ’80. Ciò che contraddistingueva questi spazi dagli altri luoghi del commercio di abbigliamento era già contenuto nel nome stesso: semplicemente la parola francese per bottega. In negozio avevi un rapporto diretto e profondo con chi lavorava, servizi dedicati e persone che pensavano a un made-to-measure fisico e personale, non basato su dati, su VIP card e accessi prioritari come di norma accade oggi. La divisione dei ruoli era serissima: addetti alla vendita che si occupavano solo di abiti da sera, altri esclusivamente di pantaloneria, altri ancora di accessori. Un rigore e una cura che abbiamo perso nel sistema contemporaneo.

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Romeo Gigli, Mugler, Kenzo, Comme des Garçons, Jean Paul Gaultier: questi erano alcuni dei nomi che infiammavano le boutique della provincia italiana. Se si fa un lavoro a ritroso, si potrebbero quasi ricostruire le storie facendo il match tra chi rivende oggi online e la città di provenienza, semplicemente analizzando le store list nei lookbook di questi brand tra gli anni 80’ e 90’. Questo metodo sottolinea anche come il potere economico della gente fosse diffuso grazie a piccoli distretti industriali e forti conglomerati familiari che si sostenevano a vicenda, favorendo benessere in aree lontane dalle grandissime aree urbane. Le città principali restavano vetrine internazionali ed erano proprio le province a rendere la moda un fenomeno quotidiano e diffuso.

Chiacchierando amabilmente con gli utenti della piattaforma, è sempre interessante chiedere la provenienza di un capo, il luogo d’acquisto e l’anno. Gli oggetti in vendita diventano testimonianza di un sistema che non si fermava alle città simbolo della moda italiana -Torino, Roma, Firenze e Milano (messe qui in ordine di incoronazione) - ma riaccendono mondi nascosti di collezionisti e collezioniste che accumulano e non archiviano, che hanno avuto a che fare con la storia della moda senza bisogno di una pagina Instagram chiamata Archivio. E, soprattutto, li hanno indossati, facendo strappare un sorriso ai passanti. Oggi il meccanismo della vendita di abbigliamento usato è, realisticamente, la scelta più ecologica: prolunga la vita degli oggetti e fa rivivere storie ed emozioni. Il racconto del venditore, soprattutto quando si tratta di capi di prime linee, entra a pieno titolo in questa sfera. Un capo di seconda mano è un archivio in movimento. Porta addosso l’odore dei corpi che l’hanno abitato, le pieghe segnate da gesti ripetuti, il ricordo di una città o di un’estate consumata. Sono tracce invisibili che nessun lavaggio cancella del tutto, una geografia sentimentale che viaggia da un guardaroba all’altro, da una boutique del passato a un annuncio su Vinted. Di quell’opera si leggono storie vive che hanno bisogno di essere tramandate.

@offbrandlibrary Comme des Garçons Six Magazine - Number 2 (AW88) Issue 2 of the SIX magazine series from Comme Des Garçons. The magazine aimed to explore the sixth sense and was a unique visual extension of the brand. Less clothes are featured with more abstract photos created for this issue by guest editors with photographs by Timothy Greenfield-Sanders, Peter Lindbergh, Minsei Tominaga, and Liam Woon. #commedesgarcons #archivefashion Sade Like A Tattoo (Skep's Jungle Edit) - Skep

Sfogliando un numero del magazine-manifesto Six di Comme des Garçons, uscito tra il 1988 e il 1991, si trovano in fondo le liste dei negozi italiani che distribuivano il brand. Alcuni esistono ancora - i pilastri Penelope a Brescia e Sugar ad Arezzo - altri invece sono rimasti solo nella memoria : Unique a Civitanova Marche, Driade Boutique a Carpi, Topone ad Alassio.  Immaginando questi marketplace come archivi diffusi, e i loro proprietari, che erano anche buyer, come divulgatori e curatori,  possiamo davvero ragionare su comunità nomadi del web che hanno speso del tempo in qui luoghi e che son capaci di restituirci informazioni preziose su storie ancora non tracciate: quelle delle boutique italiane che per decenni hanno vestito le nostre famiglie, prima di SSENSE.