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Il prossimo Oscar andrà ad un cane? Good Boy è il film con Indy che ha scritto all’Academy per essere considerato ai Premi Oscar

Ci sono stati cani famosi nella storia del cinema, anche negli ultimi anni. Dei cani attori, e no, non è una facile battuta, parliamo proprio di animali in carne e peli. Tutti ricordiamo Messi, il border collie di Anatomia una caduta di Justine Triet, vincitore della Palm Dog nel 2023 (il premio equivalente alla Palma d’oro di Cannes assegnata agli amici a quattro zampe). E lo ricordiamo anche sul red carpet degli Oscar 2024 con tanto di papillon al collo. A due anni di distanza dall’uscita del thriller francese a tornare protagonista è un altro cane, il quale stavolta non vuole solo avere la propria poltrona durante la notte più importante degli Academy, ma desidera conquistare una statuetta.

Indy, il quale interpreta se stesso all’interno dell’horror diretto dal regista (e suo padrone) Ben Leonberg, è il Nova Scotia Duck Tolling Retriever al centro del film Good Boy presentato in anteprima lo scorso marzo al SXSW e che ha cominciato a far parlare particolarmente di sé dopo essere diventato il titolo più cercato sulla rete al rilascio del suo trailer. 

C’era infatti una domanda che ha fatto impazzire Google: ma il cane di Good Boy muore? Bando agli spoiler, pur di non andare col mal di cuore a vedere il film di Leonberg, la gente ha preferito che gli venisse rivelato il finale e soltanto dopo avrebbe deciso se prendere davvero in considerazione l’idea di andare al cinema a visionare l’opera di cui Indy è l’assoluto protagonista. Una vera e propria star talmente consapevole del proprio talento - il regista/padrone lo ha addestrato per tre anni prima di vederlo “recitare” sul grande schermo - che ha inviato una lettera alla commissione degli Oscar affinché prendesse in considerazione di aggiungere un’altra categoria alla propria lista e di inserire anche la statuetta per la miglior performance di un animale.

Uno spirito di iniziativa che potrebbe venir preso con la dovuta serietà, e non sorprenderebbe vedere un’accelerazione nelle pratiche burocratiche dell’Academy, anche se potrebbe essere poco rispettoso nei confronti di categorie come quella dei casting director, che dopo anni verranno premiati per la prima volta nel 2026, e quella degli stunt-man, finalmente riconosciuta ma che vedrà una sezione dedicata solamente dal 2028. 

Che debba aspettare o meno, Indy ha lanciato un sasso che potrebbe non essere totalmente ignorato dagli Oscar, anche se è pur vero che tanta premura è ora focalizzata soprattutto in vista dell’uscita e della distribuzione di Good Boy. Di sicuro l’opera di Ben Leonberg fa già qualcosa di inedito e che lo svincola quasi dai tanti titoli con protagonisti animali (cani e non solo) che hanno punteggiato la filmografia mondiale, con un’immedesimazione tale nel personaggio a quattro zampe che, finora, era stato il cinema d’autore sperimentale a restituire ad un simile grado.

Come l’EO di Jerzy Skolimowski in cui si attraversa la narrazione del film osservandola dal punto di vista di un asino, a sua volta riadattamento al contemporaneo del film Au hasard Balthazar di Robert Bresson. Con Good Boy avviene la stessa cosa, passando dall’asino al cane, addentrandosi nei territori del genere e osando con gli stilemi del cinema orrorifico, applicato tutto dalla prospettiva dell’animale. Come avveniva con EO, ma con un linguaggio più accessibile ad un pubblico più largo.

@letterboxd Four Favorites with Good Boy star Indy and director Ben Leonberg #GoodBoy is in US theaters this Friday via @independentfilmco and @shudder #Letterboxd #movies #FourFavorites #director #filmmaker #filmtok #dogsoftiktok #dog original sound - Letterboxd

La particolarità di Good Boy non è soltanto mettere al centro Indy in quanto escamotage per rendere più originale la storia, ma cercare di articolare sul serio attorno alle emozioni, alle suggestioni e alle scelte di un cane il destino sia del suo padrone che dell’animale stesso, non mosso solo da agenti esterni. Insieme a Todd (Shane Jensen) fin da quando era un cucciolo, Indy vede l’uomo dover affrontare una malattia che sembra non volerlo lasciare stare e che potrebbe condurlo alla fine dei suoi giorni. Impotente ma apprensivo, Indy cerca di fare di tutto per salvare il miglior amico umano, anche affrontare dei demoni che sembrano abitare la vecchia casa del nonno di Todd. Gli spiriti malefici di Good Boy sono espediente narrativo per generare paura e ansia nello spettatore, ma è incredibile come diventino metafora per un cane che si ritrova di fronte ai concetti di vita e di morte, il quale lotta con tutte le proprie forze per impedire di perdere il proprio padrone, dovendo però constatare anche che nella vita c’è altro: perdita, dolore, ritorno della speranza.

Un’opera che non banalizza i sentimenti di Indy, bensì li amplifica rendendo partecipe anche lo spettatore, che segue la macchina da presa posizionata sempre a livello di cane, seguendolo nel suo percorso tanto fisico quanto interiore (e persino nei suoi sogni). Poi, le sue ingenuità, le ha anche Good Boy e forse l’idea del protagonista-cane in sé è troppo facile per conquistare il pubblico, a prescindere dall’effettivo risultato finale. Ma c’è anche da ammettere che l’opera riesce con agilità a divincolarsi dai suoi snodi più tortuosi, non rivoluzionando il genere, ma divertendosi a giocarci insieme proprio come farebbero due amici.