
Il ban del porno è un problema per tutti Per tutti quei contenuti bollati come "sensibili" nel 2018 avevamo Tumblr, oggi ci resta X
Dallo scorso venerdì, il Regno Unito ha ufficialmente aperto un nuovo fronte nel controllo dell’accesso ai contenuti online: tutti i principali siti pornografici sono stati obbligati per legge a introdurre sistemi di verifica dell’età che richiedono l’invio di documenti ufficiali, come la carta d’identità, o in certi casi perfino buste paga e estratti conto bancari, come riporta la BBC. Un processo che, per certi versi, ricorda la burocrazia dello SPID ma accedere a contenuti per adulti. Non sorprende che la misura abbia sollevato una valanga di critiche, non tanto per il principio di proteggere i minori, quanto per le modalità con cui viene attuata. Perché in fin dei conti, chi è davvero disposto a caricare i propri dati personali su piattaforme terze per guardarsi un video hard? E soprattutto: quanti si fidano a lasciare informazioni così sensibili in mano ad aziende private, potenzialmente esposte a violazioni di sicurezza o pronte a monetizzare ogni briciola di identità digitale? Di fatto, la misura inaugurata dal governo britannico non appare tanto come una tutela, quanto come il primo passo concreto verso una forma di censura sistematica dell’online. Il porno, che da sempre è stato uno dei motori del traffico internet, sta venendo gradualmente espulso dal web pubblico. Non è una novità assoluta, lo stesso era accaduto a Tumblr qualche anno fa, quando il ban dei contenuti NSFW aveva svuotato la piattaforma da gran parte della sua community. È l’inizio di una nouvelle vague di censura?
ao3 down, twitter porn gone….. how am i supposed to goon in this economy pic.twitter.com/Cx5XOY8Kmz
— bambi (@wusialalover69) July 28, 2025
Contemporaneamente, il tentativo di oscuramento dei contenuti “hot” nel Regno Unito si è subito dimostrato fallimentare. Come ha evidenziato The Verge, molte piattaforme come Reddit, Bluesky e Discord stanno applicando controlli simili per conformarsi alle nuove norme sulla sicurezza online del Regno Unito, volute dal regolatore delle comunicazioni Ofcom. Il grande limite di questi controlli è che in questo momento sono facilmente eludibili attraverso strumenti come le VPN, che trasportano l’IP dell’user direttamente in un altro paese. Infatti, la sola ricerca del termine “VPN” su Google nel Regno Unito è aumentata del 488% nell’ultima settimana, confermando che la notizia della scappatoia sta circolando rapidamente. I risultati discutibili hanno però ingranato un meccanismo di domino in diversi paesi europei, che dopo il nuovo framework legislativo britannico hanno iniziato a proporre nuovi controlli sull’accesso al porno. Secondo Politico, la piattaforma Elon Musk rischia una multa di 500.000 euro per non aver adottato adeguate misure di verifica dell’età richieste dal nuovo codice di sicurezza online irlandese, mentre in Francia si valuta di classificare alcuni social media come X, Bluesky e Reddit come piattaforme pornografiche, imponendo così requisiti ancora più rigidi.
@maicobabes ’s not working, Twitters not working, My apps are hiding content from me… YIKES #gay #uk #adult #adultcontent Cute Circus (Sped Up) - Tsundere Twintails
In tutto questo, c’è un altro segnale che qualcosa di più grande si sta muovendo: sui social, alcuni utenti europei hanno iniziato a segnalare la scomparsa improvvisa di contenuti esplicitamente sessuali su X, piattaforma che negli ultimi anni si era trasformata in un vero e proprio archivio di pornografia “alternativa”, più accessibile e “etica” rispetto ai tradizionali siti per adulti. La questione, però, non è tanto il porno in sé quanto il fatto che una volta aperta la porta della censura, stabilire il limite diventa arbitrario. Come fa notare l’user @darthnoire, se oggi vengono oscurati i contenuti sessuali, domani potrebbero finire nel mirino anche post sull’educazione sessuale, sulla salute riproduttiva, sulle mestruazioni, sull’identità di genere o sui diritti LGBTQ+. Tutti argomenti che, per il solo fatto di toccare il corpo o il desiderio, possono essere etichettati come “contenuti per adulti” e quindi rimossi o resi inaccessibili. Ed è qui che si inizia a intravedere il vero cortocircuito. Il controllo, mascherato da tutela, rischia di diventare una forma di sorveglianza diffusa, dove anche l’informazione diventa terreno di battaglia. Perché non si tratta più solo di siti porno o contenuti NSFW, ma anche di informazione politica, notizie di guerra, violenze della polizia o repressioni sociali che, sotto l’etichetta generica di “contenuti sensibili”, possono essere oscurati o filtrati. In nome della protezione dei minori, si rischia di costruire una rete dove la trasparenza diventa un’eccezione e il silenzio una norma. Nel frattempo, mentre i governi europei si affannano a imporre regole sempre più rigide e le piattaforme iniziano a “ripulire” preventivamente i propri contenuti, cresce il sospetto che queste misure non stiano affatto risolvendo il problema, ma semplicemente spingendo le persone verso strumenti alternativi e più opachi come VPN, app non ufficiali, bot, server decentralizzati, marketplace di contenuti criptati. È il classico paradosso della repressione: invece di contenere, frammenta.













































