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In futuro come cambieranno, se cambieranno, gli smartphone? L'ipotesi di Elon Musk al Joe Rogan Experience ha fatto molto discutere, ma c'è un ma

Non tutti sanno che negli Stati Uniti il podcast più popolare in assoluto è il Joe Rogan Experience, che conta oltre 14 milioni di follower su Spotify e più di 18 milioni su YouTube. Il programma è diventato ormai un passaggio obbligatorio per i principali imprenditori e politici statunitensi, tra gli altri, e da tempo è riconosciuto come il principale riferimento per il cosiddetto “intellectual dark web”, cioè una bolla eterogenea di persone accomunate da un’opposizione al presunto dominio del politicamente corretto e della cultura “woke”. Quest’ultimo termine, in particolare, il movimento conservatore statunitense l’ha fatto suo nel tentativo di riferirsi – in maniera dispregiativa – a quella che considera una pericolosa tendenza della sinistra, ovvero l’atteggiamento eccessivamente rigido e intransigente rispetto alle questioni di genere e ai diritti civili. Non stupisce, quindi, che dal Joe Rogan Experience sia passato lo stesso Trump, poco prima di essere eletto presidente degli Stati Uniti, in una puntata del programma durata diverse ore, che aveva poi ricevuto oltre trenta milioni di visualizzazioni in appena due giorni. Il podcast del conduttore Joe Rogan, infatti, ha un pubblico composto prevalentemente da utenti maschi, bianchi e conservatori, e il programma ha un’enorme influenza sulle fascia meno istruita e più giovane della popolazione statunitense.

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Nonostante i dubbi sulla qualità e credibilità giornalistica del podcast, il Joe Rogan Experience di recente è tornato a far parlare di sé grazie a una puntata sul futuro degli smartphone (un dibattito che ciclicamente emerge all'interno dell’intellectual dark web), in cui è stato ospitato Elon Musk. Secondo quanto dichiarato dal CEO di Tesla, nei prossimi anni gli smartphone saranno sostituiti da soluzioni tecnologiche costantemente connesse a server esterni: Musk sostiene che la maggior parte dell’elaborazione dei dati non avverrà più in locale, ma sarà gestita da vasti data center di proprietà delle grandi aziende tecnologiche. L’imprenditore, in sostanza, ha descritto un dispositivo che funziona in maniera analoga a come si sviluppa il cosiddetto “cloud gaming”, dove i videogiochi vengono elaborati da server esterni e i singoli utenti ci si collegano tramite un apposito dispositivo.

Cosa non torna nello smartphone del futuro descritto da Musk

L’ambizione di realizzare smartphone del genere per il momento si scontra ancora con gli attuali limiti tecnologici e culturali: rimpiazzare un dispositivo così radicato come lo smartphone, sostenuto da un'industria enormemente influenze, è di per sé molto complesso – anche se va tenuto conto che l’adozione di una nuova tecnologia non comporta necessariamente la scomparsa di quelle precedenti. Ma al Joe Rogan Experience il CEO di Tesla ha anche ipotizzato che l’attuale ecosistema formato da migliaia di app possa essere rimpiazzato da poche grandi applicazioni capaci di offrire – in un unico ambiente – buona parte delle funzioni e dei servizi di cui l’utente avrà bisogno. A farci caso, non è la prima volta che Musk affronta la questione: in passato, poco prima di acquistare Twitter, facendolo poi diventare X, aveva detto che il social network sarebbe dovuto diventare una “everything app”, ovvero un’applicazione con cui gli utenti possono fare molte azioni diverse – dal condividere foto e video, a effettuare pagamenti online e nei negozi fisici, fino a ordinare cibo a domicilio o chiamare un taxi, tra le tante cose. Il tema è da anni piuttosto dibattuto nel settore tecnologico occidentale, soprattutto negli ambienti della Silicon Valley: il riferimento principale è a piattaforme di enorme successo in Asia, come WeChat – che per l’appunto fornisce contemporaneamente una vasta gamma di servizi, tra cui avviare le procedure per il divorzio o richiedere un mutuo.

Anche se non è da escludere che nei prossimi anni l'accorpamento dei servizi guadagnerà sempre più mercato, la distanza tra le applicazioni più utilizzate in Occidente e le everything app asiatiche non sarà facile da colmare, e non è detto che quel modello possa funzionare ovunque, anche per via delle differenze sociali e culturali tra i vari continenti. Insomma, così come per gli smartphone costantemente connessi a server esterni, anche per le super-app la loro diffusione potrebbe essere più complicata del previsto. Non è un caso, infatti, che questo modello abbia preso piede proprio in Asia, dove l'arrivo di Internet è stato tardivo ma dirompente, cambiando in breve tempo e in maniera radicale numerosi settori in via di sviluppo, con notevoli ricadute sulla società.