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I sottotitoli sono sempre più utilizzati dai giovani

Non solo perché è apprezzata la fruizione in lingua originale, ma anche perché sta cambiando il modo in cui si guardano i video online

I sottotitoli sono sempre più utilizzati dai giovani Non solo perché è apprezzata la fruizione in lingua originale, ma anche perché sta cambiando il modo in cui si guardano i video online

Un sondaggio di Preply, società americana nel campo dell’insegnamento delle lingue straniere, ha registrato che il 70 per cento degli intervistati tra i 18 e i 25 anni, e il 53 per cento di quelli tra i 25 e i 41 anni, guardano la maggior parte dei contenuti video online attivando i sottotitoli. Il rilevamento mostra che molte persone li usano nella stessa lingua in cui è recitato il filmato. Soprattutto tra i più giovani, ora che guardare video di ogni tipo online fa parte della quotidianità, in molti non possono più immaginare di seguire diversamente un film o una serie. Per questo, aziende come YouTube e TikTok hanno investito sullo sviluppo di nuovi strumenti per rendere la sottotitolazione dell’audio più semplice e veloce; lo stesso vale per i nuovi smartphone di Apple e Google. Prima della diffusione di Netflix, Prime Video o Disney+, chi voleva guardare un film o una serie tv in lingua originale, senza aspettare i tempi lunghi del doppiaggio e della messa in onda, aveva poche opzioni. Anche i video su YouTube, Vine o Facebook era molto raro che avessero la trascrizione dell’audio, nonostante le frequenti richieste da parte degli utenti sordi. Con l’ascesa delle piattaforme di streaming il rapporto degli utenti con i sottotitoli è cambiato molto velocemente. Questa è una tendenza in atto non solo negli Stati Uniti, e che ha a che fare con le nuove abitudini di fruizione dei contenuti video su Internet da parte dei più giovani.

Uno spettatore ventenne ha detto al Telegraph che i ragazzi e le ragazze della sua generazione attivano i sottotitoli anche quando non ne avrebbero bisogno, perché così «possono alzare gli occhi dallo schermo e leggere in anticipo quello che verrà detto, per capire la scena rapidamente e tornare a guardare di nuovo il telefono». Anche se come pratica può sembrare strana, ha aggiunto che «lo fanno tutti». Ma questa non è la sola ragione: è comune per esempio che le persone decidano di guardare clip con l’audio spento sui mezzi di trasporto o in pubblico, non avendo con sé le cuffie. «Viviamo nell’età dell’oro dei video senza audio», si legge sul New York Times in un articolo del 2017 dal titolo “Il cinema muto è tornato – sui social media”. Quando nacque il cinema, circa un secolo fa, l’assenza del sonoro fu una scelta obbligata, dettata da limiti tecnologici a cui,  nel giro di qualche decennio, si riuscì a rimediare. Oggi invece l’assenza di audio deriva dal fatto che i filmati sono spesso visti di fretta, magari in mezzo in un posto affollato o mentre si sta facendo altro. «È impressionante che con tutti i progressi tecnologici che ci permettono di girare e condividere video all’istante siamo tornati a uno degli istinti originali del cinema», ha scritto la giornalista Amanda Hess, dove per varie ragioni – di ordine economico e temporale – si preferiva “mostrare” una determinata scena (spesso ironica) più che raccontare una storia. Tutte caratteristiche, queste, che a farci caso si ritrovano oggi nei reel o nei tik tok che popolano i feed dei due principali social network.

La rinnovata mania per i sottotitoli si intreccia con le preferenze di molti appartenenti alla Generazione Z anche in altri modi. La diffusione delle piattaforme digitali (e più in generale l’uso degli smartphone), avrebbe reso difficile per numerose persone – specialmente tra i più giovani – concentrarsi su una sola cosa. La stessa questione è emersa in un’intervista fatta dal Wall Street Journal a una studentessa di ventitre anni: «In classe, quando riproducono video che non hanno i sottotitoli, devo prestare molta attenzione» – e questo per tanti utenti può essere uno sforzo tale da preferire non guardare una clip se non ha i sottotitoli attivi. Ma c’è anche la voglia di seguire le più popolari serie degli ultimi anni in lingua originale, anche in mercati – come quello anglosassone – dove le produzioni straniere hanno storicamente una piccola nicchia di appassionati. Lo testimoniano i casi di Narcos e La casa di carta, fruiti in spagnolo, o di Squid Game in coreano. Nella maggior parte dei Paesi occidentali, poi, i prodotti di intrattenimento più visti sono ancora in lingua inglese, ma anche chi lo parla e lo capisce bene in molti casi trova utili i sottotitoli: gli attori di alcuni dei titoli contemporanei più amati, Game of Thrones e Peaky Blinders fra tutti, evidenziano in maniera volutamente molto forte il proprio accento, tanto da risultare di difficile comprensione persino per i madrelingua. A questo si aggiunge il fatto che sempre più attori, come segnala anche il Guardian, per interpretare le proprie battute in maniera realistica tendono quasi mormorarle, moderando la propria voce in un modo che rende difficile seguire quel che dicono.

In Italia si ricorre più che in altri Paesi al doppiaggio: è un retaggio storico e culturale non così apprezzato dal pubblico giovane, e si tratta di un’operazione che richiede tempo e risorse economiche per essere portata a termine. Mettere a disposizione i sottotitoli ha invece vari risvolti positivi: tra le altre cose, risponde innanzitutto alle esigenze di fruizione delle persone sorde (che per decenni sono state tagliate fuori), e secondo diversi studi favoriscono il processo di alfabetizzazione dei più piccoli. Al tempo stesso, però, la mole di contenuti che oggi richiedono di essere tradotti e sottotitolati sta già portando il settore vicino alla saturazione. In un contesto in cui si tende a rendere accessibili i titoli subito e in tutto il mondo, quindi già disponibili in quante più lingue possibile, le società che si occupano di traduzione dei sottotitoli (quasi sempre esterne alle piattaforme) nel giro di poco tempo si sono ritrovare a dover lavorare più velocemente – cosa che può comportare anche un peggioramento della qualità delle trascrizioni. Viste le sempre maggiori attenzioni del pubblico a questo aspetto, le traduzioni audiovisive, come ha scritto Vulture, sono diventate «un campo minato di sfide logistiche e sensibilità culturali», e per il futuro c’è chi ipotizza che il settore dello streaming possa decidere di internalizzare del tutto la traduzione dei contenuti.