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Lasciate che Kanye sia Kanye

jeen-yuhs e il "sogno americano" di Kanye West

Lasciate che Kanye sia Kanye  jeen-yuhs e il sogno americano di Kanye West

“Ogni grande storia inizia con una visione.” È così che inizia la prima parte di jeen-yuhs: A Kanye Trilogy, la docuserie Netflix che ripercorre le prime fasi della carriera di Kanye West partendo proprio da una parola, visione. La prima è quella di Coodie, che nel 2002 decise di abbandonare la sua carriera da comico per inseguire un’intuizione, realizzare un documentario su un giovane producer di Chicago seguendolo nella sua carriera, quella che Coodie vedeva come un percorso già scritto, destinato al successo. La seconda visione è quella del giovane producer, Kanye West, consapevole fin da subito di quello che sarebbe stato il suo destino, talmente sicuro di se stesso da cambiare città, passando da Chi-town a New York per provare a convincere la Roc-A-Fella Records.

Tra le tante cose che emergono dal primo episodio di jeen-yuhs, il cui titolo è proprio “Vision”, è che Kanye West è sempre stato Kanye West. Non esiste un vecchio Kanye o un nuovo Kanye, ma semplicemente Kanye West, lo stesso che ben prima di firmare il suo primo contratto da artista diceva “I don’t give a fuck about the industry”. Aveva 25 anni e già provava il suo discorso per un Grammy che sarebbe arrivato tre anni dopo ma che in quel momento, in quel dialogo in macchina con Coodie e un giornalista probabilmente ignaro di quello che stava ascoltando, nella testa di West era già realtà. La verità è che oggi come in quel momento non siamo mai stati capaci di capire Kanye West, troppo pigri per guardare davvero un genio al lavoro, probabilmente poco abituati ad assistere alla genesi di quello che sarebbe diventato e che è ancora oggi un genio, un’artista capace di credere in se stesso al punto di entrare negli uffici della Roc-A-Fella Records e far ascoltare All Falls Down a chiunque fosse libero in quel momento. Nonostante tutto, nonostante nessuno dell’etichetta gli prestò attenzione, West non si diede per vinto e il 18 agosto del 2002 mise la sua firma sul primo contratto della sua carriera.

Poco dopo aver ricevuto la notizia da Dame Dash, West gira stordito per Times Square con una maglia di Blade Runner, in quel momento stava cambiando tutto: la pop culture, la musica e in piccola parte anche la moda. È incredibile poter assistere alla genesi di una parte di storia, un posto in prima fila per il Big Bang per capire come tutto ha avuto inizio e per sfatare i miti tanto dei creazionisti quanto di chi West l’ha sempre visto e vissuto in maniera superficiale. Perché se jeen-yuhs è un sogno per i fan di Kanye, è sicuramente un incubo per i suoi detrattori, per chi l’ha schernito e sminuito, ma anche per chi non l’ha mai voluto capire. “I can believe it, the way you are. You play tracks like Michael Jordans shoots free throws” dice Donda West a suo figlio in una delle ultime scene dell’episodio, poco prima che i due si mettano a parlare sulle scale della casa d’infanzia di Kanye a Chicago, la stessa vista negli ultimi eventi di Donda e che testimonia ancora una volta come Ye, vent’anni dopo, sia ancora lo stesso adolescente con l’apparecchio arrivato da Chicago per vivere il suo “american dream”. L’unica differenza? Mangiava da Burger King.