
La moda inglese si salverà andando via da Londra? Il rilancio della Manchester Fashion Week se lo domanda. E pare molto promettente
La città di Manchester è famosa per il calcio, la musica, ma anche l'industria tessile. Dopo dieci anni dalla sua ultima edizione, questo settembre la città ha rilanciato la Manchester Fashion Week, un evento che si sta tenendo in concomitanza con la New York Fashion Week, nonché poco prima che inizi la stessa kermesse a Londra. Il progetto sembra far parte del piano di rinnovazione della fashion industry inglese, che la nuova CEO del British Fashion Council Laura Weir sta promuovendo fin dal suo ingresso in campo di quest'anno.
In un periodo in cui sempre più designer e brand inglesi si stanno spostando a Parigi e Berlino, il calendario della London Fashion Week si sta svuotando e la stampa sta mostrando chiari segni di disinteresse nei confronti della città. Il problema, riconosciuto pubblicamente da Weir nella sua prima conferenza stampa da Presidente del BFC, sta venendo risanato proprio attraverso la decentralizzazione di Londra nel panorama della moda inglese. Eventi in giro per il paese come la Manchester Fashion Week e il Fashion Assembly Pilot, che porterà designer inglesi affermati nelle loro vecchie scuole, dimostrano che la dirigenza della fashion industry ha capito che non si può più concentrare un'industria che genera così tanta ricchezza in una sola città. Così come l'importanza dei nuovi talenti per il settore: questo settembre, grazie al nuovo piano di Weir, la partecipazione al calendario ufficiale della London Fashion Week è gratis.
La scorsa primavera avevamo chiacchierato con alcuni designer indipendenti e dirigenti italiani sulla possibilità di fare moda lontano dalla capitale italiana del settore: Milano. Con un mercato difficilmente accessibile per i brand minori e il costo della vita alle stelle, la città sembra essere la meno adatta del paese per un creativo che ha appena lanciato un'azienda. In più, facendo l'esempio di Federico Cina, Luca Magliano o Massimo Osti, si può notare come, per marchi che fanno della propria artigianalità una forza, rimanere vicino alle proprie radici può essere un valore aggiunto sia dal punto produttivo che di comunicazione. «Per un breve periodo ho riflettuto sul fatto di spostare il brand a Milano - ha raccontato Cina - ma ho ritenuto opportuno tenere salde le radici in Romagna. Qui ho un contatto diretto con le aziende che appartengono alla rete produttiva locale».
Lo stesso tema a Londra è stato toccato in passato da 1Granary, un media indipendente che, in un articolo sulla centralità di Londra, aveva scritto che nonostante agli studenti di design venga insegnato che per farcela nella moda c'è bisogno di vivere a Parigi, Londra, Milano o New York, «you don't need proximity to build something beautiful». Sono ben più importanti della vicinanza ai retailer o alle sfilate valori come una produzione locale, un design sostenibile e una community coesa, afferma la testata inglese.
Con un'attenzione per la sostenibilità e una produzione completamente autofinanziata, la nuova edizione della Manchester Fashion Week - la cui ultima era supportata dal brand di fast fashion Missguided - è, per trovare un aggettivo che calzi a pennello, estremamente punk. I designer che stanno presentando le loro collezioni in passerella sono tutti giovanissimi e rappresentano alcune delle voci più alternative della moda inglese, l'associazione ha scelto di non avere sponsor pur di non lavorare con aziende dai valori diversi dai loro, e - caso strano - tra i grandi brand che hanno deciso di affiancarsi all'iniziativa c'è proprio Vivienne Westwood, che ha organizzato un evento all'interno del suo store di Manchester. Adesso, al termine di questa prima ri-edizione, bisognerà vedere se questa Fashion Week alternativa riuscirà ad affermarsi davvero come stendardo di una moda più giovane, inclusiva, ricca e autentica, facendo piena concorrenza a Londra.














































