FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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Riuscirà Armani a restare indipendente? Sui piani di successione non si sa ancora niente, ma i dubbi sono tanti

Fino allo scorso giugno, Giorgio Armani non era mai mancato a una sua sfilata. Forse un qualcosa che per molti sembrava scontato, ma che dimostrava come, anche a 91 anni, per Re Giorgio essere parte attiva di tutte le attività intorno al suo brand e alle sue aziende era una delle sue priorità personali e lavorative. La sua scomparsa, lo scorso 4 settembre, ha lasciato un vuoto incolmabile non solo nel calendario milanese ma in tutto il sistema moda, dove per oltre cinquant’anni ha incarnato un modello di eleganza e disciplina che aveva fatto della coerenza un marchio di fabbrica e un'idea di Made in Italy che ha fatto diventare la filiera italiana sinonimo di qualità e lusso. Proprio quest’anno il brand celebrava il mezzo secolo di attività, un anniversario che avrebbe dovuto aprire un capitolo di celebrazione e che invece segna l’inizio di una nuova fase, fatta di incognite.

In una delle sue ultime interviste, rilasciata al Financial Times, Armani aveva dichiarato di essere pronto a una transizione «più naturale possibile», con un graduale passaggio di responsabilità alle persone a lui più vicine. Principalmente, il designer aveva parlato di Leo Dell’Orco, storico braccio destro e partner di vita, dei familiari e del team interno. Dell’Orco, 72 anni, guida da decenni l’ufficio stile maschile della maison ed è consigliere delegato del gruppo, oltre a essere uno dei tre nomi chiave nella Fondazione Armani. 

Indipendenza o quotazione?

Ma al di là delle figure interne, restano i dubbi sul futuro dell’azienda. Come ha spiegato David Pambianco a Business of Fashion, la gestione quotidiana non subirà scossoni immediati, ma nel medio periodo la questione diventerà inevitabile: «La famiglia dovrà decidere se vorrà mantenere l’azienda indipendente o considerare un ingresso in un gruppo più grande». Il confronto è impari: Armani è un gigante italiano, ma resta piccolo se paragonato ai colossi francesi come LVMH e Kering, che negli ultimi vent’anni hanno inglobato gran parte delle maison del lusso italiano.

La domanda è dunque la stessa che incombe da anni: potrà davvero Giorgio Armani S.p.A. restare indipendente? O finirà, come Valentino o Versace, per quotarsi o fondersi con un conglomerato internazionale? Nonostante le incertezze, il modus operandi di Armani sembra essere ancora percepito all’interno della società, come sottolinea il comunicato stampa ufficiale della scomparsa del fondatore: «l’indipendenza di pensiero e di azione è sempre stata la sua cifra», forse alludendo in maniera sottile a una volontà del fondatore e di tutti i suoi lavoratori di restare indipendenti, anche post-mortem.

Il patrimonio di Giorgio Armani e gli eredi

Come fa notare Open Online, lo statuto della società, aggiornato nel 2023, mostra la complessità del passaggio: sei categorie di azioni, quote di voto ponderate e un consiglio di amministrazione a otto membri dove convivono figure familiari (Silvana e Roberta, figlie del fratello Sergio, e il nipote Andrea Camerana) e manager di lungo corso come Dell’Orco e Federico Marchetti, fondatore di Yoox. È prevista una governance che, almeno sulla carta, dovrebbe garantire stabilità e continuità ai valori aziendali, ma anche lasciare aperta la porta a soluzioni più drastiche come una quotazione in borsa, un’ipotesi che lo statuto rimanda comunque di almeno cinque anni, quindi nel 2030.

L’azienda, che ha chiuso il 2024 con 2,3 miliardi di ricavi e 600 milioni di liquidità, dispone di un portafoglio che va ben oltre la moda: immobili, alberghi, ristoranti (tra cui la Capannina di Forte dei Marmi, acquisita da pochissimi mesi), investimenti in EssilorLuxottica e Italian Sea Group. Un patrimonio diversificato di 12 miliardi che testimonia la capacità di Armani di leggere i tempi, ma che non cancella le incognite legate alla scala competitiva del lusso globale.

Il futuro di Armani

@nssmagazine Today, in an official statement, the Armani Group announced the passing of its founder and historic creative director, Giorgio Armani. Re Giorgio passed away peacefully, surrounded by his loved ones. As always, even during periods of illness, he worked until his final days, dedicating himself to the company, the collections we will see next month, and the numerous projects that have rewritten the history of Italian fashion and Made in Italy worldwide. #giorgioarmani #armani #fashiontiktok #tiktokfashion #intervista suono originale - nss magazine

Lo stesso Armani, poco prima del novantesimo compleanno, aveva aperto per la prima volta alla possibilità di allearsi con un player internazionale o considerare la Borsa. «L’indipendenza potrebbe restare un valore trainante, ma non voglio escludere nulla. La chiave del mio successo è stata saper cambiare con i tempi», dichiarava nell’aprile 2024. Una posizione sorprendente per chi per decenni aveva difeso con forza l’autonomia del brand, ma che dimostra quanto il contesto odierno renda difficile pensare a un futuro totalmente isolato.

Se Dolce & Gabbana e Armani restano oggi gli ultimi grandi indipendenti italiani, il destino del brand milanese sarà legato non solo al lascito di Armani ma anche alla volontà della famiglia e del gruppo dirigente, chiamati a decidere se continuare a resistere o cedere a un nuovo ordine globale. Per ora non resta che attendere l’apertura del testamento, prevista nei prossimi giorni in coincidenza con i funerali, che come richiesto dallo stilista si terranno in forma privata. La camera ardente sarà allestita a Milano, presso l’Armani/Teatro in via Bergognone 59, e sarà aperta al pubblico sabato 6 e domenica 7 settembre 2025, dalle 9 alle 18. Oggi, venerdì 5 settembre, Milano e Piacenza (città natale del designer) hanno proclamato il lutto cittadino per commemorare Re Giorgio.