FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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I piani per le pensioni dei direttori creativi È l’inizio di una nuova era?

Nella stessa settimana, due dei brand storici del sistema moda milanese hanno annunciato l’ingresso nella loro terza fase: la pensione. Nell’intervista con Harper’s Bazaar Italia, Patrizio Bertelli ha comunicato ufficialmente che nei prossimi anni sarà il figlio Lorenzo a prendere le redini amministrative del Gruppo Prada, con un’uscita sempre più graduale da parte di Andrea Guerra nel ruolo di CEO. Sebbene non si sia parlato del possibile successore di Miuccia Prada, sia da Prada che da Miu Miu, Bertelli ha ribadito più volte che la codirezione creativa di Raf Simons è stata negli anni un grande punto di forza del gruppo, sia sul piano moda che sul piano finanziario. 

Dall’altra parte di Milano invece, Giorgio Armani ha confermato che, alla veneranda età di 91 anni, il designer è pronto a lasciare lentamente le scene, sia da direttore creativo che da CEO del brand omonimo. «I miei piani per la successione consistono in un graduale passaggio delle responsabilità che ho sempre gestito a coloro che mi sono più vicini, come Leo Dell’Orco, i membri della mia famiglia e l’intero team di lavoro», ha dichiarato al Financial Times, aggiungendo: «Vorrei che la successione fosse organica e non un momento di rottura». 

L’eredità delle figure chiave del sistema moda

Ad oggi, i casi di ritiro dalle scene del fashion system per ragioni anagrafiche sono stati sorprendentemente pochi. Yves Saint Laurent, ad esempio, decise di smettere di lavorare soltanto nel 2002, pochi anni prima della sua morte. La scelta non fu improvvisa, dato che già nel 1993 il couturier franco-algerino aveva ceduto il controllo del marchio a Sanofi, che nel 1998 lo rivendette a Kering, consegnando di fatto l’eredità imprenditoriale a mani esterne. L’eredità simbolica e culturale, invece, rimase saldamente nelle mani del compagno e socio Pierre Bergé, che non solo custodì l’archivio e la memoria creativa di Saint Laurent, ma si occupò attivamente di trasformarne il mito in un patrimonio museale e istituzionale.

Simile, anche se meno drammatica, è stata la parabola di Valentino Garavani. Ancora vivo e vegeto, lo stilista ha lasciato la direzione creativa del suo brand nel 2007, andando così in pensione. Ma in realtà, già dal 1998, Valentino non era più il proprietario della sua maison: la Holding di Partecipazioni Industriali di Gianni Agnelli aveva acquisito la maggioranza, aprendo la strada a una serie di passaggi che avrebbero poi portato l’azienda sotto il controllo di Mayhoola e, più recentemente, di Kering. La continuità creativa, invece, era già stata assicurata internamente con Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, all’epoca suoi bracci destri negli accessori e nella couture, quindi il passaggio fu il più “naturale” possibile.

In altri casi, però, i passaggi ereditari sono stati tutt’altro che lineari. È il caso di Hermès, ancora oggi controllata in larga parte dalla famiglia fondatrice. Nicolas Puech, ultimo discendente diretto, detiene il 5,7% dell’azienda, una quota che da sola vale circa 10 miliardi di euro a cui si aggiunge un ingente patrimonio immobiliare, tra cui una residenza a La Fouly, in Svizzera. Come era emerso già nel 2023, Puech avrebbe scelto come erede non un familiare o una fondazione, ma il suo collaboratore domestico marocchino, un uomo di 51 anni, che lo affianca da tempo nella vita quotidiana. La vicenda ha aperto un acceso dibattito legale e morale, anche se non sono emerse contestazioni sulla lucidità dell’ottantenne, giudicato perfettamente in grado di intendere e di volere.

Se quello di Puech è un passaggio ereditario controverso, non meno eccentrico fu quello di Karl Lagerfeld. Alla sua morte, nel 2019, emerse che parte della sua fortuna, stimata in oltre 200 milioni di dollari, sarebbe stata destinata a Choupette, la sua celebre gatta birmana. La scelta non stupì chi conosceva la vita privata del designer tedesco, che aveva trasformato il micio in una celebrità del fashion system, con apparizioni nelle sfilate di Chanel, collaborazioni editoriali e persino una linea di merchandising. 

La nuova Milano Moda

Il sistema moda italiano, che ha piantato i suoi primi semi a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, sembra trovarsi oggi in un punto di transizione cruciale. Non si tratta più soltanto dei consueti avvicendamenti creativi, ma di un pivotale cambio generazionale, con nuovi protagonisti pronti a guidare brand che hanno scritto la storia della moda milanese. Nel caso del Gruppo Prada, la direzione rimarrà in seno alla famiglia, con il “nepo-baby” destinato a raccogliere l’eredità manageriale dei genitori, continuando così una tradizione che ha sempre visto i Prada al centro del proprio destino. Giorgio Armani, invece, apre la strada a una successione più complessa, affidata a un nucleo di collaboratori storici e familiari, nonostante i diversi rumor che hanno collegato Hedi Slimane (ormai scomparso dalle scene da più di un anno) alla Maison italiana.

Sono tutti passaggi che segnano l’inizio di una nuova stagione per Milano Moda. È la fine del tempo dei padri fondatori e l’inizio di un’era in cui la continuità non è più garantita da un solo nome, ma da un ecosistema fatto di famiglie, manager, collaboratori e, sempre più spesso, di nuove logiche globali di governance. Una transizione che ridefinirà non solo i brand, ma anche il ruolo stesso di Milano come capitale della moda internazionale. Che il vecchiume e la polvere della Milano Fashion Week degli ultimi anni siano presto un lontano ricordo?

Per restare sempre aggiornati sui cambi dei direttori creativi, consultate la guida All Creative Directors di nss magazine, aggiornata in tempo reale in base a tutte le news del sistema moda.