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Presto i brand italiani potrebbero essere obbligati a gestire i loro sprechi tessili In arrivo un decreto che colpirà a monte chi decide sul ciclo di vita dei prodotti

Al recente Tavolo Nazionale della Moda tenutosi lo scorso 22 luglio 2025 presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, è emersa una notizia che potrebbe segnare un punto di svolta per l’intera filiera tessile italiana. Il ministro Adolfo Urso ha annunciato infatti che il primo decreto italiano sulla Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) nel settore tessile è ormai in fase di ultimazione, frutto del lavoro congiunto con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Il decreto stabilisce che produttori, importatori e venditori online di prodotti tessili, inclusi brand e gruppi industriali, dovranno finanziare e organizzare la gestione dei rifiuti tessili post-consumo, attraverso sistemi collettivi o individuali. Come dice lo stesso nome, dunque chi immette i prodotti tessili sul mercato con il proprio marchio, anche se non possiede le fabbriche, sarà obbligato a gestire i propri rifiuti tessili e in generale il fine-vita dei prodotti. Una decreto che avrà implicazioni economiche e sociali importanti per i principali brand e gruppi della moda e che giunge in un momento cruciale. Altroconsumo ha recentemente denunciato l’enorme impatto nascosto della moda nello spreco tessile: ogni anno in Europa vengono distrutte circa seicento mila tonnellate di capi invenduti o restituiti. Una realtà che fotografa con estrema chiarezza la logica del "prendi-produci-spreca" su cui si è strutturata gran parte della fast fashion e che, a partire da luglio 2026, sarà vietata in tutta l’Unione Europea in virtù del regolamento Ecodesign. 

@vestiairecollective Think it’s out of sight, out of mind? Think again. The effects of our overconsumption are not just happening in someone else’s backyard. The 92 million tons of textile waste we dump annually are impacting our environment, and those skeletons in our closet are coming back to haunt us… But it’s not too late to act. We can think first, buy second, and choose to make more conscious choices when we shop. Ready to join the movement? Share this video to help spread the word. #ThinkFirstBuySecond original sound - Vestiaire Collective

La bozza di decreto, frutto anche del contributo tecnico del Tavolo Moda, mira a rendere strutturale il principio secondo cui il produttore è responsabile anche della fase finale del ciclo di vita dei prodotti immessi sul mercato. Tra le misure previste ci sono l’introduzione di un contributo ambientale a carico di produttori e distributori e cioè un costo aggiuntivo, versato da chi immette prodotti tessili sul mercato, per finanziare le attività di raccolta, riutilizzo, riciclo e informazione; e l’obbligo di ritiro del prodotto usato in modalità uno a uno nei negozi fisici di grandi dimensioni, obbligo che varrà anche per l’e-commerce e per i marketplace online. Questo significa che ogni volta che un consumatore acquisterà un nuovo capo, dovrà poter restituire un indumento usato un po’ come succede nel settore degli elettrodomestici. Altroconsumo ha sottolineato l’urgenza di garantire la massima trasparenza per i consumatori, a partire dalla comunicazione del contributo ambientale fino a strumenti educativi per diffondere una cultura anti-spreco. Perché funzioni davvero, servirà una grande alleanza tra istituzioni, aziende e cittadini, fondata su regole chiare, trasparenza e consapevolezza diffusa. Un passaggio importante che sarà accompagnato, come ha sottolineato il Viceministro Vannia Gava, da un sistema normativo condiviso con tutti gli attori della filiera. Federico Cavallo, Responsabile Relazioni Esterne di Altroconsumo, ha commentato: «Guardiamo con favore all'accelerazione, ma ora servono garanzie concrete: trasparenza totale sui costi e vera educazione dei consumatori». Cavallo ha poi sottolineato che «solo 2 cittadini su 10 sanno cosa mettere nei cassonetti tessili – senza informazione questa riforma fallirà». 

Durante il Tavolo, il Ministro Urso ha inoltre illustrato le linee guida del Piano Italia Moda, che mira a rafforzare il sistema delle piccole e medie imprese e degli artigiani, con l’obiettivo di aumentarne la competitività e le tutele. Tra queste, ci sono i contratti di sviluppo, il fondo centrale di garanzia per le PMI, il credito d’imposta per l’ideazione artistica e le agevolazioni per la transizione digitale ed ecologica. Infine, sono stati presentati strumenti pensati per certificare legalità e sostenibilità delle aziende, attraverso un sistema di controlli preventivi sulla filiera che coinvolgerà sia fornitori che subfornitori. Non è ancora chiaro però se il decreto riuscirà a eliminare il fenomeno dei sub-appalti della produzione ad aziende dalla dubbia condotta emersi nei recenti casi legali che hanno fatto mettere in amministrazione giudiziaria almeno cinque brand dall’inizio dell’anno. Ci sarà invece un intervento sul piano del lavoro, con un altro decreto-legge che estende la cassa integrazione straordinaria fino alla fine del 2025 anche per le imprese artigiane con un massimo di 15 dipendenti. Il provvedimento, che è in fase di conversione al Senato, introduce anche la possibilità per i lavoratori di richiedere direttamente il pagamento della prestazione da parte dell’INPS. Durante il tavolo il ministro Urso ha anche parlato dei dazi imposti dagli Stati Uniti, sottolineando che «una mancata intesa avrebbe gravi ripercussioni anche sul settore della moda, simbolo di un Made in Italy a cui i consumatori statunitensi non vogliono assolutamente rinunciare». Il negoziato, ha spiegato Urso, deve proseguire a oltranza per evitare derive protezionistiche che potrebbero danneggiare una delle industrie chiave del sistema economico italiano.