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Il Liceo del Made in Italy è già un flop?

La nuova iniziativa del governo non sta piacendo proprio a nessuno

Il Liceo del Made in Italy è già un flop? La nuova iniziativa del governo non sta piacendo proprio a nessuno

In un intervento ad apertura di Pitti Immagine, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha parlato dell’importanza del Made in Italy ricordando che a fine mese apriranno le iscrizioni per il “Liceo del Made in Italy fortemente voluto dal governo. Eppure, la recente proposta di introdurre questo percorso di studi ha sollevato una serie di critiche e perplessità da parte di educatori, dirigenti scolastici e genitori. Già su un piano superficiale, molti hanno notato la contraddizione di un corso di studi che promuove la cultura italiana con un termine inglese. Altri, hanno notato la più reale contraddizione di creare un tale tipo di liceo in un paese dove l’imprenditoria e la manifattura vanno sempre più delocalizzandosi, la pressione fiscale è alle stelle e il mercato del lavoro una discarica in fiamme. Presentato come un'iniziativa per promuovere e valorizzare il patrimonio culturale e produttivo italiano, sembra che il progetto stia incontrando numerosi ostacoli e un'estrema mancanza di adesioni già a pochi giorni dalla scadenza della finestra di tempo in cui le scuole possono richiedere l’attivazione dell’iniziativa, fissata al 15 gennaio. Uno dei principali punti di critica riguarda la sostanziale somiglianza del nuovo liceo con il preesistente Liceo delle Scienze Umane. E già a pochi giorni dall'annuncio, molte scuole in diverse regioni italiane hanno già annunciato la loro decisione di non aderire al nuovo liceo. Le ragioni sono molteplici: da una presunta mancanza di chiarezza nelle indicazioni ministeriali all'assenza di libri di testo e di risorse finanziarie adeguate. Il rischio di un vero e proprio flop sembra quindi essere concreto, con molte scuole che optano per non attivare il nuovo indirizzo.

L'aggiunta di alcune ore di storia dell'arte e la rimozione di alcune ore di lingua straniera sembrano aver trasformato il vecchio liceo in una nuova versione dedicata al "Made in Italy". Questa modifica semantica, secondo molti, risulta essere più un escamotage politico che un reale miglioramento nell'offerta formativa. Nonostante la retorica di valorizzare il "Made in Italy", il curriculum del nuovo liceo sembra mancare di elementi chiave. In particolare, l'assenza di materie legate all'enogastronomia, uno dei settori di eccellenza italiani, ha sollevato notevoli critiche. Le materie proposte sembrano concentrarsi principalmente su discipline tradizionali come lingua e letteratura italiana, storia, diritto ed economia politica, senza considerare adeguatamente i settori produttivi legati all'identità italiana. I presidi delle scuole hanno espresso preoccupazioni riguardo ai tempi stretti e alla mancanza di chiarezza nella procedura di attivazione del nuovo liceo. La nota ministeriale che ha aggiunto il nuovo indirizzo è arrivata tardivamente, dando alle scuole poco tempo per adeguarsi e prendere decisioni informate. La mancanza di indicazioni nazionali dettagliate ha contribuito ad aumentare l'incertezza e la resistenza delle scuole nel partecipare a questa iniziativa. 

Mentre le iscrizioni per il "Liceo del Made in Italy" apriranno il 23 gennaio, molti dubbi persistono riguardo alla sua effettiva implementazione. Le incertezze legate agli organici, alla mancanza di risorse e alla fretta nell'introduzione di questo nuovo percorso sembrano minare la credibilità e l'efficacia di un'iniziativa che, sulla carta, avrebbe dovuto essere un importante contributo alla formazione degli studenti italiani. L'introduzione del "Liceo del Made in Italy" potrebbe rivelarsi un esempio di come un cambiamento di nome non sempre corrisponda a un miglioramento sostanziale. Se è pur vero che valorizzare il made in italy dev’essere un punto portante di qualsiasi agenda politica nostrana, queste proposte sembrano goffe ed inadeguate, con una scuola pubblica che non riesce a formare individui pronti  né al mondo del lavoro né a quello universitario. E d’altronde parrebbe dai primi indizi che la proposta non abbia riscosso molto successo tra i nuovi iscritti alle scuole di istruzione secondaria superiore. Invece di concentrarsi su iniziative di facciata, potrebbe essere più saggio investire in una riforma più profonda e ben strutturata del sistema scolastico italiano.