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Los Angeles è la nuova capitale della moda americana?

Un nuovo polo del lusso, del design ma anche dell’immaginario dell'industria

Los Angeles è la nuova capitale della moda americana? Un nuovo polo del lusso, del design ma anche dell’immaginario dell'industria

I Golden Globe dello scorso weekend hanno aperto la red carpet season che culminerà il prossimo 11 marzo con la cerimonia degli Oscar e hanno visto non solo una robusta ripresa dello star power dopo il lungo sciopero di sceneggiatori, attori e animatori VFX di quest’estate, ma anche un ritorno a pieno volume della moda dei red carpet. Ora che l’importanza degli influencer “puri” è andata scemando così con il loro fattore di novità, i grandi brand di moda stanno tornando a scommettere su celebrità più tradizionali: attori, cantanti e atleti. Incidentalmente, la città in cui queste celebrità si concentrano al massimo grado è Los Angeles che nel corso di tutto lo scorso anno è diventata uno dei nuovi poli di riferimento americano per l’industria della moda globale, scalzando il primato di New York la cui secondarietà rispetto alle capitali della moda europee è ormai un fatto tristemente conclamato. Quest’anno, brand come Celine, Chanel, Versace e Balenciaga hanno organizzato le proprie sfilate in location-chiave della città: Louis Vuitton ha portato la mostra su appuntamento Crafting Dreams, Gucci ha aperto il suo primo Salon e presentato la sua collezione di abiti da sera al LACMA Gala, Bottega Veneta ha usato il centro urbano come sfondo della campagna Ready-Made con Kendall Jenner e A$AP Rocky. Zegna ha lanciato la sua collaborazione con The Elder Statesman con un evento a settembre; brand come Amiri, Fear of God, ERL, Phipps e The Elder Statesman ruotano tutti intorno alla Città degli Angeli e vanno stabilendo il loro status sempre più, stagione dopo stagione. Lo scorso anno, poi, anche la Los Angeles Fashion Week è tornata con una nuova organizzazione e una schiera di nuovi nomi che include Sergio Hudson e Luis De Javier, le cui creazioni sono apparse con una certa frequenza sui recenti red carpet, ma anche Imitation of Christ e Theophilio – facendo sorgere la domanda: Los Angeles è la nuova capitale della moda americana?

Anche se di recente, le due mode “continentali” europea e nordamericana hanno preso strade diverse e i brand locali più ricercati da un’area geografica non sono diffusi nell’altra, già l’anno scorso, Los Angeles era diventata un punto molto caldo sulla mappa della moda grazie all’ascesa dei suoi designer, agli show itineranti di Dior, Gucci e Louis Vuitton e al gran numero di attivazioni di molti brand. Sembra tornato quel momento fatidico in cui Hedi Slimane aveva spostato l’ufficio stile di Saint Laurent in città e Tom Ford aveva organizzato uno show che rivaleggiava con gli Oscar. Ciò che è successo di recente, però, è che i brand hanno trovato nella città, oltre che una forte concentrazione di ricchezza e consumatori del lusso, anche un intero ecosistema di celebrity, stylist, eventi e creativi che vive in simbiosi con la moda, con gli abiti da red carpet, con shooting e campagne. Gli uni si nutrono della visibilità degli altri in un cerchio quasi perfetto.

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E  se l’equazione celebrità=vendite è la divina proporzione della moda di oggi, la capitale mondiale della celebrità è diventata un palco molto più aspirazionale ed efficace di New York per mettere in scena lo spettacolo della ricchezza – basti pensare a serie come The Kardashians, Selling Sunset o anche The Idol che è di base uno sconclusionato inno alla Los Angeles dei ricchi, decadenti e famosi. Ma non c’è solo l’intrattenimento: basti pensare all’appeal pop di manifestazioni come il Frieze Art Fair e di festival come il Coachella ma anche al successo social di showroom come Silver League e Middleman Store che hanno fondato la moderna cultura della moda d’archivio (esisteva anche prima, ma in maniera più di nicchia e sicuramente senza la partecipazione entusiastica dei più giovani e della scena rap) o Midcentury LA che ha riportato l’attenzione dei social media sul mobilio vintage. La sensazione, per chi la guarda da fuori, è quella di una scena giovane, di una cultura vitale che non è impantanata in un establishment tanto antico e radicato da essere divenuto ineluttabile, asfittico.

È notevole che questo shift sia avvenuto, col senno di poi, dopo la pandemia quando si è configurato nell’immaginario pop il desiderio di un lifestyle informale e rilassato, di spazi ampi e confortevoli lontani dal cemento delle città ma anche di climi clementi e di opportunità a portata di mano. Non di meno, proprio questo shift ha dimostrato qualcos’altro: nel 2015, parlando con Vice di questo stesso argomento, il designer John Elliott aveva detto che il primato di New York era inscalfibile a causa delle «istituzioni e infrastrutture editoriali» della Grande Mela. Oggi le cose sono cambiate. E in effetti, tradizionalmente, New York ha gli editor e le pubblicazioni mentre Los Angeles ha le star e gli studios. Qui forse sta la verità: New York è stata più importante finché la stampa ha goduto di un ruolo importante, ora che la celebrità e la visibilità sono tutto, e la stampa svolge un ruolo accessorio e anche didascalico nei confronti della moda, Los Angeles è la nuova capitale. Tanto più che il senso di aristocrazia che denota l’immaginario newyorchese è passato di moda in favore della democratica, soleggiata atmosfera estiva della California.