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Per la sua ultima acquisizione, Kering ha pagato 3,5 miliardi di euro

Un assegno cospicuo per conquistare uno dei profumi più venduti del mondo

Per la sua ultima acquisizione, Kering ha pagato 3,5 miliardi di euro Un assegno cospicuo per conquistare uno dei profumi più venduti del mondo

Kering si espande nel settore beauty, forse uno dei territori più fertili per potenziare business esistenti e costruirne di nuovi nel mondo del lusso. Per farlo, il mese scorso il gruppo di Pinault aveva acquisito Creed ma senza rivelare quanto aveva pagato per non dare indizi a stampa e pubblico di quanto fossero alti i margini di profitto dello storico produttore di acque di colonia. Kering, stando al Financial Times, avrebbe infatti pagato 3,5 miliardi di euro per acquisire il brand che, sempre secondo il giornale, «ha registrato un fatturato di oltre 250 milioni di euro nell'anno fino alla fine di marzo. Due persone hanno dichiarato che gli utili di Creed prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e dell'ammortamento sono stati di circa 150 milioni di euro, con margini superiori al 50%. Ciò equivale a un multiplo del margine operativo lordo per l'acquisizione di circa 23 volte superiore, che secondo gli analisti riflette la forza del marchio Creed e la scarsità di obiettivi disponibili nel settore della bellezza di fascia alta».

Perché Kering ha acquisito Creed?

Il prezzo dell’acquisizione sembra molto esoso, è vero, ma ci sono due riflessioni da fare: la prima è che Creed è un brand molto forte e molto popolare nel proprio ambito che potrebbe plausibilmente iniziare a espandersi nel beauty e nella profumeria femminile basandosi su una solida brand perception oltre che su una rete di negozi e distributori logisticamente efficiente; la seconda è che, se Pinault è disposto a pagare un prezzo tanto elevato per un brand di profumeria significa che è il settore delle fragranze e della cosmesi a generare denaro – o comunque, a generarne più che la moda. Nello specifico, l’anno che si è concluso ha dimostrato che appoggiare la propria crescita interamente sull’andamento ondivago della reputazione dei brand di moda non è la migliore delle strategie – LVMH può permetterselo perché, in effetti, ha un portfolio di brand così differenziato attraverso così tanti settori da risultare decisamente più inaffondabile. Questo senza menzionare che il settore della moda e della pelletteria è ormai quasi saturo, con tutte le più importanti realtà già in possesso di questo o quel gruppo che, tranne in rari casi e a prezzi astronomici, non è mai disposto a liberarsene.