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TikTok ci insegna a vestirci con il “Three Words Method”

Dammi tre parole, e ti dirò chi sei

TikTok ci insegna a vestirci con il “Three Words Method” Dammi tre parole, e ti dirò chi sei

È possibile riassumere tutta la nostra personalità in tre parole? Secondo un nuovo trend di TikTok, non c’è nulla di più appagante e redditizio. In pratica, per ridurre al minimo il tempo speso durante lo shopping e ovviare ad ogni perplessità durante la fase di scelta, a detta dei creator di TikTok dovremmo approcciarci alla moda come se fossimo all’interno di un videogioco. Prendiamo come esempio “The Sims”: in fase di creazione, dopo aver modellato le caratteristiche fisiche, si passa alla scelta dei tratti principali della personalità (al massimo tre). In base alle nostre selezioni, l’algoritmo ci suggerirà poi una serie di outfit pre-impostati che si adattano all’attitudine del nostro personaggio: un’irrimediabile romantica? Ecco una minigonna rosa abbinata ad una camicetta a fiori. Ti piace provocare? Prova ad indossare questo chiodo in pelle nera, bralette e tacchi a spillo. E se invece sei un peso massimo della pigrizia? Per te, meglio una polo oversize e un paio di bermuda, e non scomodarti ad indossare le scarpe! 

@allisonbornstein6 #greenscreen 3 tips if you are having a hard time identifying your words! #fashiontiktok #3wordmethod #3words #threewords #threewordmethod original sound - Allison Bornstein

Se questo concetto si applicasse alla vita reale, in cui le proposte dei brand sono infinitamente maggiori rispetto al videogioco degli anni 2000 (sì, anche se sblocchi tutti gli item con i trucchi), ad ognuno di noi verrebbe prontamente assegnata un’uniforme quotidiana che rispecchia, in tutto e per tutto, ogni risvolto della nostra personalità. Ed è questo l'obiettivo di Allison Bornstein, che da guru della moda e consulente di celebs (da Katie Holems a Camille Rowe) si è riscoperta di recente anche creator su TikTok, dove sfodera consigli e dritte di stile sulla base di questo sistema. Partendo dalle celebrities, Bornstein cerca di definire lo stile di chiunque le si rivolga attraverso tre aggettivi emblematici, isolando gli outfit preferiti e contrassegnandoli come “evergreen”, in un insieme che contiene tutti i capi a cui al cliente non vuole fare a meno. D’altronde, “etichettare” è una delle cose più semplici e istantanee che riusciamo a fare: se pensiamo a Lady Gaga, in linea di massima i primi aggettivi che ci sovvengono sono “spettacolare”, “creativa” e “trasformista”. Se invece visualizziamo Jane Birkin, è quasi impossibile non identificarla come “chic”, “semplice” e “francese” (anche se originariamente è britannica). E così via, in una catena che riassume in tre epiteti lampanti tutto il senso estetico di ogni celebrità che ci passa per la mente. Ma bastano davvero tre aggettivi per modellare tutto il nostro guardaroba? 

Nell’era dei trend volatili e delle mode dell’ultimo minuto, il “Three Words Method” potrebbe essere la tecnica ideale per non perderci nei meandri del “-core” del momento, e mantenere ben salda quella personalità stilistica che negli anni, con dovizia, ci siamo costruiti. Oltre a ciò, potrebbe anche invogliarci a reinterpretare le tendenze contemporanee in una chiave inedita e personalizzabile. Se i tre aggettivi estetici che ci siamo assegnati sono “sportivo”, “colorato” e “divertente”, il nostro approccio alla tendenza normcore potrebbe arricchirsi di dettagli individuali, magari optando per delle stampe cartoon sulle t-shirt basic, o preferendo i pantaloni della tuta ai jeans. Il rischio di risultare banali, poi, è ridotto ai minimi termini se si pensa al fatto che ciò che per una persona è “sofisticato” o “pigro”, per un’altra può assumere pieghe del tutto diverse. Un maglione preppy può essere “classico” oppure “bambinesco”, una giacca in pelle può essere un capo punk ma anche legarsi al mondo biker, e via dicendo. 

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L’opzione di esibire ogni giorno uno stile esclusivo e fatto su misura per noi, in effetti, non suona così malvagia. Ma con sole tre parole a nostra disposizione, si rischia di rimanere imprigionati in un concetto che tarpa le ali ad ogni nuovo impulso stilistico che ci offre il mondo della moda. I social, le celebrities e le sfilate ci bombardano ogni ora di nuove tendenze, affascinanti ma anche contraddittorie, che sorpassano di gran lunga l’idea di aggrapparsi ad un unico aggettivo. Per questo, al mondo ci saranno sempre donne come Emily Ratajkowski, eternamente legate al concetto di sexiness per ogni outfit che decideranno di sfoggiare, ma anche celebrità come Brad Pitt, che nel corso della stessa annata può mutare da cowboy spregiudicato a paladino della moda genderless, da papà pronto per una sessione di pesca a selvaggio bohémien, da rockstar trasandata e spettinata ad elegantissimo attore hollywoodiano. Ed è proprio grazie a personalità poliedriche come la sua, se da qualche decennio ci stiamo lentamente liberando degli stereotipi di moda, cercando di abbracciare l’idea che ognuno può vestirsi come preferisce anche solo in base al suo umore giornaliero, senza doversi sentire legato ad un preconcetto che gli altri - oppure sé stesso - sono abituati ad attribuirgli. Il “Three Words Method” a primo impatto potrebbe dunque sembrare il metodo perfetto per far ordine nel nostro guardaroba, ma col passare del tempo potrebbe rivelarsi “semplicistico”, “superficiale” e “riduttivo”. E noi non vogliamo questo, giusto?