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Cosa vuol dire «raw-dogging life»? La Gen Z riscopre il silenzio come forma di libertà

Tradotto alla lettera, raw-dogging significa «farlo senza protezioni». Nello slang anglofono, nasce come espressione provocatoria riferita ai rapporti sessuali non protetti. Ma come spesso accade con i linguaggi della rete, il significato si è progressivamente spostato, fino a entrare nel vocabolario culturale e quotidiano della Gen Z. Prima con brain rot, cioè consumare contenuti talmente inutili o ripetitivi da «marcire il cervello», ora con raw-dogging, il cui senso è diventato: affrontare un’esperienza senza filtri, senza mediazioni, senza aiuti esterni. TikTok è stata la culla di questo cambio di prospettiva, trasformando un termine borderline in una nuova pratica pseudo-filosofica che si trova a metà tra ribellione e autocura. Il trend si è poi ampliato, abbracciando contesti sempre diversi: dal camminare senza cuffie al sedersi per strada senza scrollare il telefono, fino al raw-dogging un viaggio in aereo. Un’evoluzione che mostra bene come i trend online si reinventano di continuo, adattandosi al bisogno diffuso di senso, rallentamento e consapevolezza. In fondo, il raw-dogging non è altro che una forma di mindfulness involontaria: una risposta disillusa all’ansia da prestazione emotiva del benessere digitale.

Il volo come campo di resistenza

Il luogo simbolo di questa nuova forma di disconnessione? L’aereo. Su TikTok e Instagram cresce il numero di persone che raccontano di aver raw-dogged un volo intercontinentale: niente film, niente musica, niente cibo, spesso nemmeno acqua. Solo il sedile, la mappa del volo e la propria mente. Alcuni lo trattano come una sfida estrema: «ho resistito 15 ore senza guardare nulla», altri come una forma di meditazione forzata ad alta quota. Anche Erling Haaland, il fuoriclasse del Manchester City, ha dato visibilità al fenomeno postando una storia Instagram in cui scriveva: «Just raw-dogged a seven-hour flight», raccontando il suo ritorno dalla tournée americana completamente privo di distrazioni. L’icona del calcio che si astiene dal guardare serie o ascoltare musica in volo? Un meme perfetto, ma anche un segnale. Perché più che una gara di resistenza, il raw-dogging a 10mila metri è una dichiarazione esistenziale: fermarsi, osservare, esistere, senza interferenze.

Benefici inaspettati di una noia consapevole

@praisesjournal Call it meditation if you want, I don't really care, do what you want with your time #fyp original sound - vamp1rez

Chi si approccia al raw-dogging con costanza parla di benefici quasi sorprendenti. Perché sì, dietro il disagio iniziale del silenzio si nasconde un potenziale che avevamo dimenticato. Senza distrazioni, la mente inizia a fare ordine da sola. È come se si riavviasse, riprendendo il controllo su pensieri che prima erano solo rumore di fondo. Alcuni dicono di sentirsi più lucidi, altri raccontano di avere idee nuove, improvvise, come se la creatività trovasse finalmente spazio per emergere. E poi c’è il tempo: quello che di solito sembra non bastare mai, qui si estende. Un’ora di raw-dogging può sembrare infinita, ma proprio per questo diventa utile. Ti costringe a confrontarti con te stesso, con quello che senti davvero, con ciò che hai ignorato scrollando. È una forma di disintossicazione mentale, una pausa che spezza il ciclo continuo di consumo. È il contrario dell’intrattenimento, ed è forse proprio questo a renderlo così potente.

Il paradosso del silenzio condiviso

Come ogni tendenza virale, anche il raw-dogging non è immune da contraddizioni. Il più evidente? Quello della condivisione. Sempre più spesso chi pratica queste «pause consapevoli» finisce per filmarle, postarle, raccontarle online. L’atto nasce per disconnettersi ma ritorna, inevitabilmente, nel ciclo dell’esposizione social. È il classico corto circuito digitale: documentare il proprio isolamento per farne contenuto. Ironico, ma anche inevitabile. C’è poi un altro limite, meno visibile: il raw-dogging è un privilegio. Serve tempo, serve spazio, serve una condizione mentale che ti permetta di startene per mezz’ora senza fare nulla senza essere sopraffatto dall’ansia. Chi vive in ambienti condivisi, chi lavora tutto il giorno, chi ha un rapporto complicato con il silenzio spesso non riesce nemmeno a iniziare. Eppure, proprio qui sta forse la chiave: il raw-dogging non è per tutti, ma ci parla di un bisogno comune. Quello di fermarsi. Di respirare. Di riscoprire che esiste un mondo anche quando non lo guardiamo da uno schermo.