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La rivincita di cappe e cappotti

La rivincita di cappe e cappotti

Cappe, cappotti, paltò, mantelli, tabarri, soprabiti, pastrani, manti, spolverini, impermeabili… coprirsi è il mantra per l’autunno-inverno 2010. Per una volta, la moda non rinnega il freddo: morire di freddo perché vestite solo di mini e giacchettine non fa più tendenza.

Il ritorno del cappotto color cammello è solo la punta dell’iceberg di questo trend… è il festival del cappotto, in tutte le fogge: gli stilisti l’hanno eletto pezzo chiave della stagione. Sarà ancora una volta la conseguenza della cosiddetta “teoria dell’orlo”? È crisi, copriamoci!

In termini poveri, vuol dire per noi comuni mortali che l’unico investimento da fare è comprare un cappotto. Liberi poi di scegliere fra le connotazioni le più svariate. Il cappotto è, ovviamente, simbolo regale: Alexander McQueen lo interpreta come una stupenda tappezzeria medievale, ricoperta di ricami dorati. Dalle corti inglesi si passa a Versailles con i cappotti di Andrew Gn, ispirati al Diciassettesimo; ci sono poi i revival delle avventure di cappa e spada: da Zorro alla Primula Rossa, passando per il Corsaro Nero, Sandokan, Robin Hood (Haider Ackermann) o Cyrano di Bergerac. A proposito di film, non dimentichiamo che niente è più iconico di un cappotto: cosa sarebbe Humphrey Bogart senza il suo trench? Monica Vitti in Deserto Rosso senza il soprabito verde? Malefica nella Bella Addormentata senza il manto nero e viola, e poi lo Joker, Batman, i gangsters dei noir, il Padrino, il capitan Alatriste… o ancora personaggi storici come il Re Sole, Napoleone, Jack lo Squartatore?

Insomma, niente di meglio di un cappotto per esprimere la propria personalità: Ann Demeulemeester sceglie un rosso laccato per l’impermeabile da dura; Prabal Gurung reinventa l’accappatoio da pugilato e lo incrocia con le tende dell’opera; rossi sono anche i cappotti-blazer Givenchy, e i cappotti con le spalle a sbuffo di Lanvin. Galliano per Dior disegna costumi da Sherlock Holmes, Donna Karan cappotti che sembrano venire dal teatro; Gareth Pugh veste una regina dello spazio e le sue visioni fantascientifiche, Missoni opta per un look da punk viandante, Proenza Schouler sceglie gli alamari da scolaretta, Burberry le giacche da aviatore… e poi c’è la coperta, altro trend decisamente hot. La ragazza neo-hippie di Wunderkind si avvolge in frange, come se fossero un tappeto.

Per le più raffinate, l’eleganza concettuale è d’obbligo. Albino e Yves Saint Laurent offrono un remake in chiave sexy dell’abito religioso. Ma il colore più classico non è solo il nero; Ghesquière per Balenciaga, cosi come Gabriele Colangelo scolpiscono i loro cappotti-sculture in grigio-marmo, facendone vere e proprie opere d’arte. Sofisticatissima ed elegante anche la termosaldatura in casa Valentino: le arricciature si stagliano come onde su cappotti neri o beige dalle forme classiche. Eh già, perché la novità è che i cappotti non sono più indumenti pesanti e ingombranti: hanno invece un’apparenza svolazzante, leggera. Meraviglie della tecnologia!

Finiremo come l’Akakij di Gogol nel Cappotto? L’indumento invernale diventerà (o forse ridiventerà) dunque la proiezione principale della propria identità; sarà una specie di corazza sociale?

Il cappotto, comunque, è meglio non perderlo… a meno di voler vagare, fantasma urbano, rubando i cappotti altrui. O forse converrebbe morire per un cappotto Valentino?